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Pnrr: Meloni e Fitto stanno sbagliando tutto. Errore dopo errore, la confusione regna sovrana

Ancora non risulta chiaro cosa si vuole negoziare con la Ue, con quali tempi e obiettivi. Si è invece smantellata la governance e i ministri si dividono generando una gran confusione

Pnrr: Meloni e Fitto stanno sbagliando tutto. Errore dopo errore, la confusione regna sovrana

Il ministro Fitto partecipa a tanti convegni. Parla molto e apparentemente sostiene cose di buon senso, ma poi, in concreto, non dice nulla e non si capisce che fine faranno gli investimenti previsti dal Pnrr, finanziati dall’ Europa. La premier Meloni dice che saranno spesi tutti i soldi, ma poi ogni giorno avanza un nuovo contenzioso con Bruxelles (si va dal Mes al nuovo Patto di stabilità, passando per i migranti) e non risulta affatto chiaro cosa in realtà si vuole negoziare con la Comunità europea, con quali tempi e quali obiettivi. Le modifiche al Pnrr ancora sono avvolte nel mistero.

Modifiche Pnrr: gli errori e la confusione

Una confusione che danneggia molto il nostro Paese sia sul piano dell’immagine che della concreta congiuntura economica tanto che ancora di recente l’Ocse ha previsto una buona crescita del Pil a patto che si facciano gli investimenti programmati con il Pnrr. E purtroppo ogni giorno che passa la matassa di ingarbuglia sempre di più. Il Governo balbetta di fronte ai funzionari di Bruxelles inviati a Roma per cercare di capire come stanno le cose. Si manifestano divergenze tra ministeri, mentre gli enti locali difendono con le unghie e con i denti le dotazioni finanziarie loro assegnate.

Il primo catastrofico errore fatto da Meloni e da Fitto è stato quello di aver cominciato a dire che il nostro piano , così com’era, non andava bene, che non sarebbe stato possibile portarlo a termine nei tempi previsti (2026) e che quindi occorrevano delle profonde modifiche. E qui si è aperta la lotta di tutti contro tutti: di quelli che non vogliono perdere i soldi loro promessi e di quelli ai quali fa gola un bel pacco di miliardi in più per fare investimenti senza gravare troppo sul proprio bilancio.

Poi si è pensato a modificare tutto l’impianto di governance originariamente incentrato sul ministero dell’economia e basato su una serie di persone esperte che con impegno e fatica stava portando avanti tutti gli obiettivi del piano interagendo con le amministrazioni preposte allo sviluppo dei progetti, alle gare, ai controlli sulla esecuzione delle opere. E quindi tutta la macchina organizzativa si è fermata per più di sei mesi mentre il ministero di Giorgetti che si è visto portare via il potere di coordinamento, collabora con malumore come si è visto con le modifiche apportate all’ultima relazione presentata da Fitto al Parlamento.

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Il governo non sa decidere sulle modifiche al Pnrr: ecco perché

Il Governo non sa decidere. Nonostante i chiari richiami di Gentiloni e dei tecnici di Bruxelles a non aspettare la data ultima del 30 agosto per presentare le modifiche al Pnrr, Fitto si intestardisce a dire che i progetti del fondo aggiuntivo RePower-EU e la revisione di quelli del Pnrr arriveranno a fine agosto. Perché ci vuole tanto tempo? Dopo quasi otto mesi di Governo Fitto e Meloni si saranno fatti una idea di quali sono gli ostacoli principali alla rapida messa a terra dei progetti e cosa si deve fare!

Invece non sembra. Il Governo si è trastullato nella illusione di cambiare tutto, dare più soldi alle imprese, specie quelle pubbliche che hanno capacità di spesa e non devono sottostare alle troppe pastoie burocratiche, ma anche a quelle private. Solo che per farlo bisognerebbe togliere dei soldi ad altri progetti e questo non è un affare molto semplice. Si prenda il caso delle migliaia di piccoli progetti affidati ai comuni. Alcuni sostengono che spesso queste piccole opere non hanno nulla a che vedere con gli obiettivi di fondo del Pnrr che è quello di dare una forte spinta alla competitività del paese in modo da farlo crescere ad un ritmo superiore a quello degli scorsi due decenni.

È ovvio che qualche cambiamento è necessario. Ma sarebbe stato meglio limitare da subito l’area delle modifiche. Bisognava indicare quali progetti non si sarebbero potuti realizzare entro il 2026 e per quali ragioni. In qualche caso ha influito l’aumento dei prezzi delle materie prime. In altri casi non esistono ditte specializzate o mano d’opera qualificata per fare contemporaneamente quella mole di investimenti. In molti casi ci sono difficoltà nella formulazione dei progetti o intoppi burocratici da superare. Per questo era stata prevista una task force centrale in grado di dare una mano alle tante, troppe strutture appaltanti.

Modifiche Pnrr: ministri divisi

E invece si sono smantellate strutture centrali utili, sostituendole con personale che non sembra molto esperto delle materie di cui si deve occupare e che non ha dimestichezza nei rapporti con Bruxelles. Insomma, invece di lavorare ventre a terra sulle criticità, che in Italia non mancano mai, e approntare poche e veloci modifiche, ci si è gingillati nella illusione di mettere le mani sul malloppo, di decidere come e dove spenderlo per poter accontentare un po’ di corporazioni e un po’ di clientela.

Per farlo Fitto si è buttato sull’ipotesi di spostare sui fondi di coesione ( cioè quelli ordinari parzialmente finanziati dalla UE e che l’Italia quasi mai riesce a spendere ) una parte dei soldi impegnati in progetti Pnrr che quasi sicuramente non si riuscirà a fare entro i prossimi due anni. La ragione è che i fondi di coesione possono essere spesi entro il 2029. Ma anche in questo caso le difficoltà sono enormi. Le Regioni che gestiscono i fondi di coesione sono sul piede di guerra. La soluzione sarebbe stata più semplice se invece di tanti proclami, si fosse fatto qualche limitato spostamento senza suscitare troppe paure o irragionevoli aspettative.

Pnrr: così la terza rata è appesa a un filo

Alla fine i denari della terza rata che avrebbero dovuto arrivarci nei primi mesi dell’anno, sono ancora fermi a Bruxelles. Della quarta rata che dovrebbe basarsi sul raggiungimento degli obiettivi a fine giugno, non si sa nulla. Si parla di richiesta di rinvio. Ma di slittamento in slittamento la nostra economia, come si vede dal crollo della produzione industriale, comincia a soffrire.

Perché tutta questa inutile confusione? C’è sotto un calcolo politico o si tratta di semplice incapacità? Difficile pensare che si possa costruire una politica sprecando occasioni per migliorare la nostra economia e creare più posti di lavoro, meglio retribuiti. 

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