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Pd, Zingaretti si dimette: “Si parla solo di poltrone, mi vergogno”

Il segretario del Partito democratico, eletto due anni fa con le primarie, lascia l’incarico: “Visto che il bersaglio sono io, faccio un passo indietro per amore dell’Italia e del partito”. In realtà la sua segreteria, ossessionata dalla rivalità con Matteo Renzi, ha fallito tutte le scelte strategiche e il partito ha smarrito la sua identità. Ora si tratta di capire se quelle di Zingaretti sono davvero dimissioni irrevocabili oppure no

Pd, Zingaretti si dimette: “Si parla solo di poltrone, mi vergogno”

Ancora poche ore e Nicola Zingaretti, salvo altri colpi di scena, non sarà più il segretario del Partito democratico. Investito del ruolo due anni fa, nel marzo del 2019, il leader dem ha oggi annunciato le dimissioni attraverso un messaggio su Facebook: “Mi vergogno che nel Pd, partito di cui sono segretario, da 20 giorni si parli solo di poltrone e primarie, quando in Italia sta esplodendo la terza ondata del Covid, c’è il problema del lavoro, degli investimenti e la necessità di ricostruire una speranza soprattutto per le nuove generazioni”.

“Visto che il bersaglio sono io – ha proseguito Zingaretti sempre sulla sua bacheca Facebook -, per amore dell’Italia e del partito, non mi resta che fare l’ennesimo atto per sbloccare la situazione. Ora tutti dovranno assumersi le proprie responsabilità. Nelle prossime ore scriverò alla Presidente del partito per dimettermi formalmente. L’Assemblea Nazionale farà le scelte più opportune e utili”.

“Sono stato eletto proprio due anni fa – ha inoltre ricordato il presidente della Regione Lazio -. Abbiamo salvato il Pd e ora ce l’ho messa tutta per spingere il gruppo dirigente verso una fase nuova. Ho chiesto franchezza, collaborazione e solidarietà per fare subito un congresso politico sull’Italia, le nostre idee, la nostra visione. Dovremmo discutere di come sostenere il Governo Draghi, una sfida positiva che la buona politica deve cogliere. Non è bastato. Anzi, mi ha colpito invece il rilancio di attacchi anche di chi in questi due anni ha condiviso tutte le scelte fondamentali che abbiamo compiuto. Non ci si ascolta più e si fanno le caricature delle posizioni”.

Zingaretti si è poi congedato rivendicando comunque il lavoro fatto: “Io ho fatto la mia parte, spero che ora il Pd torni a parlare dei problemi del Paese e a impegnarsi per risolverli. A tutte e tutti, militanti, iscritti ed elettori un immenso abbraccio e grazie”.

L’annuncio delle dimissioni di Nicola Zingaretti arriva improvviso, ma non inaspettato: dopo l’alleanza con i 5 Stelle in occasione del governo formato nell’estate del 2019 (voluta più da Matteo Renzi che da lui, a dire il vero) e il buon risultato alle Regionali dello scorso autunno, il leader dem ha poi pagato l’eccessivo sbilanciamento sulle posizioni del Movimento 5 Stelle e soprattutto la difesa ad oltranza del presidente Giuseppe Conte, che invece si è dovuto dimettere. Anche il tentativo di vedere in Conte un possibile federatore del centrosinistra è fallito, visto che l’ex premier si candida oggi a guidare i 5 Stelle, il che secondo i sondaggi sta ridimensionando il peso politico del Pd. Insomma sulle scelte strategiche Zingaretti, ossessionato dalla rivalità con il suo predecessore Matteo Renzi, non ne ha azzeccata uno e ora ne paga le conseguenze.

Nelle prossime ore bisognerà però capire se quelle di Zingaretti sono davvero dimissioni irrevocabili o se sono state fatte per farsele respingere alla prossima Assemblea nazionale del Pd del 13 e 14 marzo.

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