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Partite Iva: il concordato preventivo mette fine alle pagelle fiscali, ma che effetto avrà sull’evasione?

Il concordato preventivo biennale si applicherà anche ai contribuenti giudicati “inaffidabili” dagli indicatori sintetici, che rappresentano il 55,8% degli autonomi e dichiarano in media meno di un terzo dei redditi degli “affidabili”

Partite Iva: il concordato preventivo mette fine alle pagelle fiscali, ma che effetto avrà sull’evasione?

L’Italia sta attraversando una fase di cambiamenti nel panorama fiscale, e uno degli aspetti più rilevanti è l’introduzione del concordato preventivo biennale, una nuova modalità di gestione dei rapporti tra partite Iva e Fisco. Questo strumento, nato dalla delega di riforma fiscale (Legge n 111/2023), si propone di offrire un’alternativa ai meccanismi tradizionali e di semplificare il dialogo tra le parti coinvolte.

In sintesi, il concordato preventivo biennale propone al contribuente un’ipotesi di reddito per i successivi due anni. Se il contribuente la ritiene accettabile, può accettare la proposta, e le imposte dovute saranno calcolate e versate in base a tale imponibile concordato, indipendentemente dalla reale realizzazione dei ricavi previsti. Attualmente, la bozza finale destinata al Consiglio dei ministri entro il mese sta subendo modifiche in modo da rendere più appetibile lo strumento, con trattative in corso tra il viceministro all’Economia, Maurizio Leo, e il presidente della Commissione finanze del Senato, Massimo Garavaglia. Si mira ad ampliare la platea dei destinatari, senza escludere gli “inaffidabili”, e a rendere più flessibili i meccanismi operativi, bilanciando gli interessi del contribuente con quelli del Fisco. Tuttavia, nell’elaborare le proposte, l’amministrazione finanziaria godrà del margine di non essere legata all’impegno di non superare del 10% il reddito dichiarato dal contribuente nell’ultimo anno utile.

Dubbi e perplessità sul concordato preventivo biennale per gli autonomi

Tuttavia, fin dalla sua presentazione, il concordato preventivo biennale ha sollevato notevoli perplessità tra gli operatori economici e gli addetti ai lavori.

Il mondo delle partite Iva è attualmente diviso in due gruppi, distinti dalle pagelle fiscali o “indici sintetici di affidabilità” (Isa). Coloro che ottengono un punteggio dall’8 in su sono considerati “affidabili”, mentre chi è al di sotto è visto come a rischio evasione e dunque più esposto ad accertamenti. Come indicato dai dati del dipartimento Finanze basati sulle dichiarazioni del 2022 (relative ai redditi del 2021), la maggioranza delle partite Iva coinvolte negli studi di settore si trova sotto la sufficienza, ossia dichiara introiti inferiori rispetto a quanto effettivamente guadagnato: su 2,42 milioni di autonomi censiti, ben 1,34 milioni (il 55,4%) si collocano al di sotto del livello di affidabilità rappresentato dall’”8”.

Le partite Iva “inaffidabili” dichiarano un terzo rispetto a quelle “affidabili”

L’edizione più recente delle pagelle fiscali pubblicata dal Sole 24 Ore mette in luce che all’interno di questo gruppo, il reddito medio dichiarato si ferma a poco più di 20 mila euro all’anno, corrispondente al 68,5% in meno rispetto ai quasi 70 mila euro dichiarati dai contribuenti considerati “affidabili”. In pratica, coloro che sono considerati affidabili dichiarano in media più del triplo rispetto agli altri. Questa discrepanza si riflette in tutte le 175 categorie indicate dagli Isa, con esempi eclatanti come nelle società immobiliari dove gli “affidabili” dichiarano in media 65.503 euro all’anno, mentre chi si ferma prima dell’”8” indica 13.816 euro (il 78,9% in meno). Nella ristorazione commerciale, si passa dai 38.387 euro lordi annui medi dei contribuenti “virtuosi” ai soli 3.362 degli insufficienti (-91,2%); nei negozi di abbigliamento, si va da 34.889 a 4.424 euro (-87,3%), e nei bar e pasticcerie il primo gruppo dichiara 29.107 euro mentre il secondo non va oltre i 5.633 (-80,6%). Anche uno stabilimento balneare che è giudicato “fedele al Fisco” indica in media 46.401 euro all’anno, mentre gli altri si accontentano di 13.853 euro.

Che effetto potrebbe avere il concordato preventivo sull’evasione?

Questi dati rivelano chiaramente una disparità, chiamata “tax gap“, che ha comportato una perdita media di 31,2 miliardi di Irpef all’anno per il bilancio pubblico negli ultimi tre anni. L’introduzione del concordato preventivo biennale mira a mitigare tale disparità coinvolgendo un numero più ampio di contribuenti. Tuttavia, l’impatto del concordato preventivo sull’evasione dipenderà dal livello di reddito concordato tra lil Fisco e il contribuente.

Da un lato i contribuenti meno virtuosi, con un basso punteggio Isa, potrebbero accedere al concordato semplicemente dichiarando un reddito leggermente superiore, ma comunque lontano da quello reale e beneficiare dei minori accertamenti. E allo stesso tempo, coloro che sono “affidabili” potrebbero essere incentivati a dichiarare un po’ di meno per ottenere gli stessi benefici. In poche parole, si legittimerebbe l’evasione di chi già oggi evade e si incentiverebbe l’evasione di chi oggi, attratto dal regime premiale degli Isa, evade di meno andando a minare gli sforzi per promuovere un comportamento fiscale responsabile.

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