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Parità salariale uomo-donna, svolta Ue: tocca al datore di lavoro dimostrare che non c’è discriminazione

In Europa le donne guadagnano in media il 13% in meno degli uomini ma la nuova Direttiva europea dà finalmente una spinta alla parità salariale

Parità salariale uomo-donna, svolta Ue: tocca al datore di lavoro dimostrare che non c’è discriminazione

La Gazzetta Ufficiale dell’Unione europea ha appena pubblicato una Direttiva (la 2023/970) che può seriamente contrastare le discriminazioni e le penalizzazioni salariali subite dalle donne sul lavoro, che mediamente guadagnano il 13% in meno degli uomini. D’ora in avanti, quando un’azienda sarà citata in giudizio per violazione della parità retributiva, toccherà al datore di lavoro dimostrare che non c’è o non c’è stata discriminazione diretta o indiretta a svantaggio della donna.

SVOLTA UE NELLA PARITA’ SALARIALE UOMO-DONNA

Quella della Ue è’ una svolta di non poco conto perché, come segnala Il Sole 24 Ore,, “oltre al dovere di trasparenza, è previsto un obbligo di intervento delle aziende Ue quando il divario retributivo supera il 5% e apre le porte al risarcimento delle vittime di discriminazione retributiva”. La nuova norma avrà effetti anche sugli appalti, rispetto ai quali le aziende partecipanti dovranno essere in regola con la parità salariale uomo-donna.

LA DIRETTIVA EUROPEA DOVRA’ ESSERE RECEPITA ENTRO 3 ANNI

La Direttiva è rivolta ai datori di lavoro del settore pubblico e privati e a tutti i lavoratori che hanno un contratto un rapporto di lavoro “secondo quanto stabilito da ciascun Stato membro ma alla luce della giurisprudenza della Corte i giustizia dell’Unione europea”.

La trasparenza salariale diventa così il perno della Direttiva, che dovrà essere recepita entro il 7 giugno 2026, e i datori di lavoro dovranno indicare i criteri utilizzati per determinare la retribuzione, i livelli retributivi e la progressione economica.

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