Da un lato l’occupazione di Gaza City, dall’altro il piano per spaccare in due la Cisgiordania. Israele non solo non si ferma, ma amplia la portata del suo attacco allo scopo – dichiarato – di seppellire in via definitiva “l’idea di uno stato palestinese”, o almeno ciò che ne rimane dopo mesi di massacri e dopo una crisi umanitaria che sta destando sempre più preoccupazione in tutto il mondo.
L’occupazione di Gaza City
L’esercito israeliano ha annunciato di aver avviato le “azioni preliminari” per l’offensiva terrestre finalizzata a occupare Gaza City. Circa 60.000 riservisti sono stati richiamati in servizio per l’operazione, con altri 20.000 richiami previsti entro la fine del mese. Secondo le previsioni, centinaia di migliaia di palestinesi riceveranno l’ordine di evacuare e rifugiarsi nel sud della Striscia.
Questa, mattina, il portavoce delle Forze di difesa israeliane (Idf), il generale di brigata Effie Defrin, ha confermato che l’esercito dello Stato ebraico ha dato il via alla prima fase dell’invasione terrestre di Gaza City. “Le nostre forze controllano già la periferia” della città, ha dichiarato in un comunicato ufficiale citato dai media internazionali.
I media israeliani riferiscono che l’operazione, denominata “Carri di Gedeone II”, comincerà con l’evacuazione dei civili. Poi l’esercito israeliano circonderà la città e comincerà a occuparla. Attualmente Israele occupa già circa il 75% della Striscia, ma non era entrata nel restante 25% per paura di nuocere agli ostaggi ancora presenti a Gaza.
Il nuovo piano di occupazione riguarda la città di Gaza e le due regioni costiere attorno a Deir al Balah e ad al Mawasi, vale a dire i territori in cui si concentra la maggior parte della popolazione e in cui sono stati creati numerosi campi profughi. Il timore è dunque quello che l’invasione israeliana generi un’ulteriore e sempre più ampia catastrofe umanitaria.
Il piano per spaccare in due la Cisgiordania
Ma non finisce qui, mercoledì sera Israele ha approvato il progetto E1 che prevede una Cisgiordania spezzata in due, divisa da una porzione di territorio che da un lato unisce Gerusalemme Est all’insediamento di coloni di Ma’ale Adumim, ai bordi del deserto della Giudea, e che dall’altro separa la regione di Ramallah da quella di Betlemme. Un’area di circa 12 chilometri quadrati su cui, nelle intenzioni del governo israeliano, dovranno ora sorgere oltre 3.400 unità abitative per i coloni.
L’obiettivo è quello di impedire di fatto che si crei una vasta area metropolitana tra Ramallah e Betlemme, regione che diventerebbe il cuore pulsante di un futuro Stato della Palestina. L’area invece si popolerebbe di decine di migliaia di coloni che andrebbero a unirsi ai circa 40mila abitanti che già risiedono nell’insediamento di Ma’ale Adumim.
I rappresentati più estremisti del governo senza mezzi termini sottolineano il fine dell’operazione: impedire che nasca uno Stato palestinese, affossando così la proposta principe della comunità internazionale che è quella della “soluzione dei due Stati”, della convivenza futura fra Israele e Palestina.
Il progetto E1 era stato presentato negli anni ‘90 e congelato nel 2012 a causa della forte contrarietà della comunità internazionale, compresi gli Stati Uniti e l’Europa. Il piano veniva infatti considerato come minaccia al processo di pace che si stava tentando di far progredire. Ora a ripresentare l’operazione sono stati i falchi del governo Netanyahu, tra cui il ministro delle Finanze Bezalel Smotrich. “Stiamo finalmente mantenendo ciò che è stato promesso per anni: lo stato palestinese viene cancellato dal tavolo, con i fatti”, ha dichiarato.
Le reazioni
“La decisione delle autorità israeliane di portare avanti il piano di insediamento E1 compromette ulteriormente la soluzione dei due Stati e costituisce una violazione del diritto internazionale. L’Ue esorta Israele a rinunciare a tale decisione, sottolineandone le profonde implicazioni e la necessità di valutare misure volte a salvaguardare la fattibilità della soluzione dei due Stati”, afferma il Servizio di Azione Esterna dell’Ue.
“Siamo contrari – ha detto il portavoce dell’Onu, Stephane Dujarric – a tutte le attività di insediamento nei territori occupati, che consideriamo illegali secondo il diritto internazionale e contrarie alle risoluzioni”. Il segretario generale delle Nazioni Unite, Antonio Guterres, ha chiesto oggi un cessate il fuoco immediato a Gaza. “È fondamentale raggiungere subito un cessate il fuoco per evitare le morti e la distruzione che un’operazione militare contro Gaza City inevitabilmente causerebbe”, ha affermato.
“L’offensiva non può che condurre a un vero disastro” e a “una guerra permanente” nella regione, ha affermato il presidente francese Emmanuel Macron, mentre il Governo tedesco dice di trovare “sempre più difficile capire come queste azioni porteranno alla liberazione di tutti gli ostaggi o a un cessate il fuoco”.
“Insieme ai partner europei esortiamo il Governo israeliano a collaborare con l’Autorità Nazionale Palestinese per rafforzare insieme la stabilità di tutta la regione. La decisione israeliana di procedere con nuovi insediamenti in Cisgiordania è inaccettabile, contraria al diritto internazionale e rischia infatti di compromettere definitivamente la soluzione a due Stati, obiettivo per il quale il Governo italiano sta continuando a lavorare con convinzione eil massimo impegno”, scrive su X il vicepremier e ministro degli Esteri Antonio Tajani.