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Paganetto: “Risorse comuni Ue sull’immigrazione”

L’economista, presidente della Fondazione Tor Vergata, suggerisce alcune linee strategiche per evitare i rischi di deterioramento dell’azione europea – “Sull’immigrazione serve un accordo per il controllo dei confini comuni che comporti anche un’intesa fiscale sulle spese da sostenere” – “Piano Juncker insufficiente sugli investimenti, serve uno sforzo assai maggiore”.

Paganetto: “Risorse comuni Ue sull’immigrazione”

Il position paper del Governo italiano che delinea una strategia di medio periodo per cercare di fare uscire la Comunità europea dalla profonda crisi nella quale si trova, contiene diverse proposte innovative che rappresentano i tasselli di un quadro capace di far avanzare l’integrazione europea secondo linee graduali da perseguire con costanza. Il documento italiano, infatti, indica una via per superare la sterile contrapposizione tra i paesi del Nord che pretendono la completa omogeneità tra le economie dei vari paesi prima di procedere alla mutualizzazione dei rischi, e quelli del Sud che sono accusati di volere il trasferimento dei rischi ai paesi più forti proprio per evitare di adottare quelle politiche interne che consentano il recupero di competitività e la riduzione dei debiti. 

Luigi Paganetto, professore emerito di economia e presidente della Fondazione Tor Vergata ha da tempo creato un gruppo di lavoro interdisciplinare con economisti, giuristi, dirigenti pubblici e privati, per avanzare idee e proposte capaci di “rivitalizzare l’anemica Europa”. In particolare nell’incontro del 12 febbraio scorso sono emerse delle idee, come quella di creare uno spazio fiscale comune per affrontare il tema dell’immigrazione, che pochi giorni dopo è stata fatta propria dal governo ed infatti figura come uno dei punti qualificanti del paper del ministro Padoan.

Firstonline – L’ Europa appare sull’orlo di una disintegrazione. Ogni paese cerca di fare da solo sia nel campo dell’immigrazione dove stanno prevalendo i tentativi di chiudersi entro i confini nazionali, sia nel campo delle finanze pubbliche dove alla rivendicazione di una maggiore autonomia nazionale si risponde con regole sempre più stringenti che nel complesso finiscono per accentuare la depressione economica non solo nei paesi deboli, ma anche in quelli più forti. Esiste una strada che consenta di superare le sterili contrapposizioni ed affrontare insieme le sfide che abbiamo davanti?

Paganetto – L’ immigrazione da problema deve essere vista come una opportunità. Gli accordi finora raggiunti sulle quote e sugli aiuti ai paesi da cui provengono i migranti non funzionano e comunque non affrontano gli aspetti strutturali del problema. Basti pensare che, contrariamente all’opinione comune, l’aumento del reddito che gli aiuti dovessero determinare nei paesi di provenienza produrrà un aumento dei flussi e NON una riduzione. Serve quindi un accordo strategico che faccia diventare il controllo sui “common borders” il vero punto di partenza per una politica di integrazione europea, con un accordo anche fiscale per sostenerne le spese. Dovrebbero essere quindi le autorità di Bruxelles a gestire le risorse comuni per fare una politica complessiva dell’immigrazione. E questo potrebbe dare una nuova spinta anche alla crescita di tutti i paesi europei che oggi è anemica anche a causa di generalizzate politiche restrittive dei bilanci pubblici. 

Firstonline – Questo quindi è un primo nucleo di una politica fiscale comune che peraltro trasforma una emergenza che rischia di sfasciare l’Europa in una opportunità di riprendere il percorso di integrazione, attraverso una soluzione razionale e soddisfacente per tutti i paesi di un problema, quello degli immigrati, che rischia di avere conseguenze dirompenti non solo economiche, ma soprattutto sociali e politiche. Ma questo processo di recupero di un tasso di crescita più sostenuto deve avere anche altre gambe, come ad esempio quella degli investimenti.

Paganetto – Occorrono investimenti e politica industriale. Circa il primo punto è evidente che il piano Juncker non sta funzionando come si sperava. Dalla crisi si può uscire con un piano di dimensioni assai maggiori di quello di Juncker orientato verso una politica verso l’industria 4.0 e consentendo anche investimenti-paese liberati dal vincolo del 3%. A garanzia della bontà di tali investimenti, deve essere fatta da organismi internazionali una rigorosa analisi costi-benefici in modo da evitare sprechi di denaro in opere clientelari, o non prioritarie rispetto all’esigenza di aumentare la competitività di una determinata area. Ma questo non basta. Occorre creare una politica industriale orientata al sostegno dell’innovazione nel medio periodo con rafforzamento anche della qualificazione dei lavoratori. Il finanziamento di questo tipo di politica industriale dovrebbe costituire una seconda modalità per creare uno spazio fiscale comune a livello Europeo. E questo tipo di approccio potrebbe trovare orecchie attente anche in Germania dove la tematica industriale è ritenuta di grande interesse. Del resto anche per quel che riguarda gli immigrati una soluzione europea potrebbe togliere le castagne dal fuoco alla Merkel.

Firstonline – Il progetto italiano per il rafforzamento della UE prevede anche l’istituzione di un ministro dell’economia europeo purché non abbia solo la funzione di controllare i conti pubblici dei vari Stati, ma sia dotato di congrue risorse comuni per impostare una politica economica capace di superare la quasi-stagnazione dell’intero continente che secondo il FMI dovrebbe crescere solamente dell’1% in media nel medio periodo.

Paganetto – Purtroppo credo che l’idea di creare un ministro delle Finanze della UE, di per sé attraente, finisca per riproporre la “vexata questio” relativa allo spazio fiscale comune riguardo alla quale il contrasto appare oggi insanabile. Alcuni paesi vedono questo ministro delle Finanze come un semplice controllore dei conti ed altri vorrebbero invece che fosse capace di sviluppare politiche in grado di favorire più crescita e più integrazione. Per evitare di infilarci in un dibattito senza sbocchi sarebbe quindi opportuno individuare strategie alternative come quelle indicate che trasformano problemi gravissimi in soluzioni comuni. Proprio l’emergenza potrebbe far cadere le contrapposizioni più aspre ed ideologiche offrendo una possibilità di un compromesso conveniente per tutti.

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