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Ora il Governo trovi il coraggio di sfidare i partiti sulla spesa

Non sorprende che non ci siano soldi per cancellare l’Imu ed evitare l’aumento dell’Iva ma ora Letta e Saccomanni devono andare all’attacco e sfidare i partiti sui tagli di spesa, sulla lotta alla burocrazia e sui tagli ai sussidi e alle agevolazioni inutili alle imprese, sul canone Rai e sulle privatizzazioni: è l’unico modo per ridurre le tasse

Ora il Governo trovi il coraggio di sfidare i partiti sulla spesa

Questa mattina tutti i giornali hanno scoperto l’acqua calda e cioè che non ci sono i soldi per cancellare l’Imu e per evitare l’aumento dell’Iva. Quindi tutte le promesse dei politici in campagna elettorale si sono dimostrate delle pure illusioni : Berlusconi aveva assicurato di togliere l’Imu sulla prima casa ed addirittura di restituire quella pagata lo scorso anno, il Pd aveva detto che sarebbe stato saggio evitare l’aumento dell’Iva (in  piena sintonia con il Pdl) e trovato altri denari per il lavoro giovanile o per sistemare i tanti precari della Pa. Ora Saccomanni ha gelato tutti: non ci sono i soldi – ha detto – e soprattutto non so dove andare a trovarli.

Dopo due mesi di chiacchiere il governo Letta si è scontrato con la realtà. Non solo, ma ha dovuto subire un severo richiamo da parte della Bce a non sfondare il tetto del deficit pubblico, richiamo che si è reso necessario perché tutti gli osservatori internazionali stanno guardando con sempre maggiore perplessità al dibattito politico italiano tutto impostato sulla possibilità di sfondare ogni argine alla spesa pubblica, mentre le riforme vengono accantonate o, come nel caso di quelle istituzionali, avviate con una tale contorta procedura da risultare poco credibili.

Eppure Saccomanni e Letta hanno probabilmente sbagliato a non porre subito le forze politiche di fronte alle loro responsabilità, proponendo un programma di tagli alla spesa pubblica e di vendite del patrimonio dello Stato e degli enti locali che è sicuramente inviso ai politici perché è su questi beni che gli esponenti dei partiti locali e centrali, esercitano il loro potere. Altro che rinvio dei tagli ai tribunali locali o di difesa delle Province! Ne ci si può limitare a ridurre gli stipendi dei parlamentari. Per reperire risorse sufficienti a ridurre la pressione fiscale sulle imprese e sul lavoro, occorre imbracciare la scure, tagliare la burocrazia inutile, eliminare una serie di passaggi politici che sono addirittura dannosi perché di fatto bloccano qualsiasi attività imprenditoriale.

Certo le dichiarazioni scomposte di Brunetta insieme a quelle anti europee di Fassina, stanno alla lunga danneggiando la credibilità dell’Italia sui mercati e presso le autorità di Bruxelles. E la credibilità e la conseguente fiducia sono beni immateriali che però hanno importanti risvolti concreti sul costo e la disponibilità del credito per lo Stato e per le imprese. Se a queste dichiarazioni si aggiunge quello che è ormai ritenuto il “sonno” del Governo, come ha detto il Financial Times, ecco che il danno si aggrava e rischiamo di ripetere quello che è avvenuto nel 2011, quando l’attacco di Berlusconi all’austerità (parziale) di Tremonti contribuì a far montare l’ondata di sfiducia che poi in novembre travolse l’intero governo.

Per Saccomanni e Letta è il momento di mostrare coraggio: devono sfidare i partiti rimettendo in discussione le loro basi di potere privatizzando tutto quello che si può vendere e proponendo tagli incisivi in tutti i settori della spesa pubblica a cominciare da quelli più clientelari. Non c’è la possibilità di tirare a campare. La Grecia ha chiuso la Tv pubblica. Noi togliamo il canone alla Rai e così ogni italiano potrà risparmiare oltre 100 Euro( e vediamo se Berlusconi è d’accordo). Sfrondiamo le troppe agevolazioni fiscali concesse a lobby senza alcun merito, eliminiamo i contributi pubblici alle imprese, proibiamo alle Regioni di versare contributi inutili alle troppe fiere di paese. In questo modo non solo potremo trovare le risorse le ridurre la pressione fiscale, ma probabilmente potremo recuperare quella credibilità che ci serve per tenere aperti di canali internazionali di finanziamento.

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