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Next Generation Italia, investire sui giovani sarà la vera sfida

Uscito rafforzato dal voto regionale e referendario, il Governo dovrà ora concentrarsi nei prossimi giorni sul piano per il Recovery Fund da presentare a Bruxelles entro ottobre. Sarebbe imperdonabile perdere l’occasione di varare provvedimenti concreti a favore delle giovani generazioni: sono loro il vero parametro da considerare.

Next Generation EU. Non poteva avere un nome più chiaro il Recovery Fund. L’auspicio di investire sulle nuove generazioni proveniente da Bruxelles non potrà essere ignorato in Italia, uno dei paesi membri dove la condizione giovanile è tra le più allarmanti (basta ricordare che il livello di disoccupazione di questa fascia di popolazione sfiora il 30%). L’appello è stato raccolto in parte nelle Linee guida per la definizione del piano nazionale di ripresa e resilienza (PNRR) – #NEXTGENERATIONITALIA presentate dal Tesoro lo scorso 15 settembre, dove si trova qualche accenno alla questione generazionale: “È necessario rafforzare i percorsi d’inserimento dei giovani nel mercato del lavoro. (…) Il PNRR prevede anche un investimento finalizzato al rafforzamento delle politiche attive per il lavoro, finora carenti, e dell’occupazione giovanile”, così come tra gli obiettivi del documento:

  • Migliorare la preparazione degli studenti e la quota di diplomati e laureati.
  • Abbattere l’incidenza dell’abbandono scolastico e dell’inattività dei giovani.
  • Portare la spesa per Ricerca e Sviluppo (R&S) al di sopra della media UE (2,1%, rispetto al nostro attuale 1,3%).

Queste linee guida, dopo essere discusse in Parlamento, dovranno trasformarsi entro metà ottobre in una proposta strutturata e credibile da sottoporre alla Commissione Europea. Questi nobili propositi a favore dei giovani dovranno trasformarsi in una serie di progetti realizzabili, concreti e, soprattutto, di lungo periodo. Oggi, il momento è più che mai propizio, come non smettono di ripetere economisti di primo piano. Cogliere quest’opportunità per “Cambiare radicalmente l’orientamento della cultura e delle politiche in modo da dare alle giovani generazioni una prospettiva generalizzata e duratura”, sostiene Enrico Giovannini, direttore dell’Alleanza per lo sviluppo sostenibile (ASviS).

Allo stesso modo, a fine agosto Mario Draghi aveva dedicato buona parte del suo storico discorso proprio alle future generazioni: “Dopo la catastrofe della pandemia bisogna affrontare la fase difficile e disseminata di insidie della ricostruzione, che dovrà essere improntata alla flessibilità, al pragmatismo. I giovani vanno messi al centro di ogni riflessione”. Fabrizio Barca, coordinatore del Forum delle Disuguaglianze, precisa: “Non è una questione di giovanilismo. C’è in Italia una crisi generazionale gravissima, che si manifesta in alta dispersione scolastica, scarsissima partecipazione universitaria, salari di entrata bassissimi, quando non azzerati (il famoso lavoro gratis), elevatissima presenza del precariato”.

Appelli pronunciati a favore di politiche giovanili più coraggiose, così come il Piano Giovani 2021, un ricco documento scritto da 48 associazioni giovanili, studentesche, culturali e territoriali, che conoscono meglio di qualunque altra istituzione le realtà, le preoccupazioni e i problemi dei loro coetanei. Tra le tante proposte, progetti e richieste, spicca la questione della rappresentanza: “A partire da Next Generation EU, le nuove generazioni vengano coinvolte in modo strutturale e sistematico nel dibattito e nelle scelte politiche, con un approccio collaborativo e non consultivo”. Tema su cui sta lavorando anche il Consiglio nazionale dei giovani, come sottolinea la sua Presidente Maria Cristina Pisani: “Per garantire in modo stabile e continuativo forme e modalità di partecipazione e di rappresentanza dei più giovani, stiamo lavorando, per il prossimo autunno, a una nuova edizione degli Stati Generali delle Politiche Giovanili”.

Un problema, quello della presenza (o meglio, dell’assenza) dei giovani nelle sedi decisionali, che abbiamo già trattato su Firstonline e che si ripercuote direttamente sulla scarsità delle relative politiche pubbliche, contribuendo a rendere le disuguaglianze e i problemi strutturali che affettano la maggior parte degli under 35, ancora più stridenti. Questa mancanza di voce in capitolo si ripercuoterà anche sulla gestione dei fondi provenienti dall’Europa? Sembra proprio di si, stando ai dati del Corriere della Sera di giovedì 24 settembre, che segnala come i progetti presentati dai Ministeri richiederebbero il triplo dei soldi destinati all’Italia (precisamente 667 miliardi, rispetto ai 209 che saranno disponibili sottoforma di prestiti e trasferimenti), il che renderà ancora più difficile la scelta di come destinare questi fondi e di come indirizzarli verso progetti virtuosi per i giovani.

Tuttavia, la congiuntura politica in cui si trova il Paese, sommata al forte messaggio di fondo del Next Generation EU, potrebbe costituire un punto di vera svolta in questo senso. Un Governo uscito sostanzialmente rafforzato dalla recente tornata elettorale, un partito di maggioranza che, almeno sulla carta, vede l’investimento sui giovani come una priorità (vedi il Manifesto generazionale sul sito del PD) e, soprattutto, del “credito politico” da spendere a favore di una fascia di popolazione solitamente trascurata in campagna elettorale così come nelle annuali manovre di bilancio. Ogni legge finanziaria degli ultimi anni vedeva le forze politiche scontrarsi su come destinare i soldi pubblici nel rispetto dei parametri di Maastricht: bonus di ogni tipo, assistenzialismo e poi pensioni, pensioni e ancora pensioni.

Risorse relativamente limitate, da indirizzare per lo più verso il bacino elettorale più attivo, ovvero gli anziani, ben più presenti alle urne rispetto ai loro figli e nipoti. Questi ultimi non si prestano a essere carne da cannone elettorale, ne tantomeno una lobby, diventando così vittime e complici allo stesso tempo del loro isolazionismo e della loro ininfluenza politica. Quota 100 è stata l’ultima dimostrazione di questa dinamica, a segnare un Paese rassegnato al declino e all’invecchiamento della propria società, restio a ogni provvedimento coraggioso e lungimirante. Era il 2019, solamente un anno fa. Un’epoca più lontana di quanto sia realmente, un motivo in più per cambiare rotta e smettere di essere tra i Paesi con la più alta disoccupazione giovanile in Europa.

1 thoughts on “Next Generation Italia, investire sui giovani sarà la vera sfida

  1. Grazie Flavio per seguire questi sviluppi!

    A riforme dobbiamo peró accompagnare una important transizione culturale!

    Qui in Germania noi giovani laureandi/ti veniamo affidati a societá che ci guidano, ci PAGA, e ci si rivolge con profondo rispetto (qui non esiste quello che chiamate lavoro extra). Qui non manca mai la trasparenza rispetto al nostro ruolo e futuro in azienda.

    I “piú vecchi”, qui e in 3/4 d’Europa, guidano e valorizzano le giovani forze. Dal Bel Paese sento solo parlare di calpestamento e incoerenza da parte dei superiori.

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