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Nasdaq al record ma guerra della valute tra Usa e Messico

Il Messico ha risposto alle provocazioni di Trump vendendo un miliardi di dollari in valuta americana, mentre la Cina difende lo yuan – Nasdaq ai massimi e sprint dell’oro – Attesa per i dati sul lavoro Usa da cui dipende la tempistica dei rialzi dei tassi Fed – Norges Bank ha il 3,6% di Banco Bpm – Boom di Cti Biopharma: +18%

Nasdaq al record ma guerra della valute tra Usa e Messico

Arriva , a 15 giorni dall’insediamento di Donald Trump alla Casa Bianca, la prima vera prova del fuoco per la politica economica del neo presidente: i dati del mercato del lavoro che saranno annunciati oggi. Numeri in forte crescita potrebbero convincere la Fed ad alzare i tassi prima del previsto, come già anticipato dai verbali della Banca centrale. Ma le statistiche di ieri non hanno offerto molti lumi, con il risultato di favorire la più brusca discesa del dollaro degli ultimi mesi (da 1,048 a 1,060) accompagnata da altri effetti collaterali: l’oro (+1,7%) ha messo a segno il più ampio rialzo giornaliero da settembre; la forte ascesa del rendimento del T- bond (da 2,35 a 2,41%) che si è riflesso anche sui titoli governativi europei e sugli spread dell’Eurozona (Bund/Btp fino a 171 punti).

Ma questi movimenti passano in secondo piano di fronte alla prospettiva di una guerra tra le valute. Il Messico, sotto il tiro delle provocazioni di Trump (dopo le pressioni su Ford e Gm, ieri è toccato a Toyota, vivamente consigliata di non costruire un nuovo impianto nel Paese) è passato ieri all’offensiva. La Banca centrale messicana ha venduto almeno 1 miliardo di dollari in valuta Usa durante le negoziazioni della mattina.

Il direttore delle operazioni nazionali della Banca centrale, Juan Garcia, ha confermato le vendite aggiungendo che sarebbero continuate nel corso della giornata ma non ha specificato l’ammontare. Ha preso così il via un gioco pericoloso, frutto del protezionismo dilagante. Che accadrà se Pechino, altro obiettivo degli attacchi di Trump, seguirà l’esempio della Banca del Messico, tra l’altro guidata da Agustìn Carstens, uno dei banchieri più rispettati che a luglio passerà alla presidenza della Bri di Basilea? Sarà, prevede Martin Wolf, chief economist del Financial Times, l’inizio della fine della leadership occidentale dell’economia globale.

LA CINA DIFENDE LO YUAN CONTRO IL NEMICO TRUMP

Partenza in sordina, stamane, per i mercati. Ma meteo Borsa prevede grande fermento a partire dalle 14, quando usciranno i dati Usa. Frena il dollaro, rallenta la Borsa di Tokyo (-0,4%). Al contrario, sale lo yuan a 6,7833, a fronte dell’intervento della Banca centrale sull’interbancario di Hong Kong che ha scoraggiato la speculazione sulla valuta cinese: Pechino vuole evitare che il cambio superi quota 7 prima del 20 gennaio, data dell’insediamento del nemico Trump alla Casa Bianca.

AMAZON SBARAGLIA IL VECCHIO COMMERCIO: MACY’S -13,9%

Seduta contrastata dei mercati Usa: il Nasdaq è salito dello 0,2%, a 5,487.94, a meno di un punto dal record assoluto. Il Dow Jones (-0,21%) è sceso a 19,899.29 punti, in lieve calo l’S&P 500 (-0,08%).

Le nuove richieste di sussidio di disoccupazione sono scese sui minimi delle ultime otto settimane a 235.000, ma i nuovi posti di lavoro nel settore privato (153 mila) sono risultati meno del previsto.

A Wall Street si è consumato il sorpasso del commercio elettronico: crollano Macy’s (-13,89%) e Kohl (-19,02%) dopo il deludente bilancio delle vendite di Natale; trionfa Amazon (+3,07%).

PETROLIO, L’ARABIA DÀ AL VIA AI TAGLI. ENI PIÙ FORTE IN EGITTO

Saliscendi del petrolio. Il Brent è trattato stamane a 56,89 dollari (-0,8%, +3,1% variazione settimanale) dopo il forte aumento delle scorte Usa.

L’Arabia Saudita ha tagliato a gennaio la produzione di almeno 486 mila barili al giorno a 10,06 milioni di barili, adeguandosi ailimiti previsti dall’accordo tra i produttori.

A Piazza Affari Eni -0,3%. L’incontro di mercoledì al Cairo tra il presidente dell’Egitto e l’ad del cane a sei zampe Claudio Descalzi, per Banca Imi (rating buy, target price a 17,4 euro) rappresenta una conferma degli obiettivi di produzione 2017 del gruppo. Per Equita la società potrebbe annunciare nella prima parte dell’anno la dismissione di una quota dell’Area 4 in Mozambico per 1,7 miliardi di euro. Tenaris -0,17% nonostante Bernstein abbia incrementato il target da 18 a 20 euro (outperform).

EUROPA: BORSE PIATTE, PIOGGIA DI TITOLI DEL DEBITO

Clima d’attesa per l’azionario europeo, che mette in cassaforte una seduta poco movimentata in attesa dei dati sul lavoro Usa. Milano ha chiuso a 19.643 punti, in rialzo dello 0,08%, in positivo come Madrid (+0,18%). Poco sotto la parità Francoforte (-0,1%), Parigi (-0,13%) e Londra (-0,03%).

Giornata movimentata sul mercato secondario italiano, condizionata dall’abbondante offerta di nuovi titoli nell’area euro. Lo spread tra Btp e Bund si è attestato a 169 punti (con una punta a 171, massimo da metà dicembre) e il tasso del decennale a 1,94% dall’1,88% dell’ultima chiusura (in corso di seduta la forbice si è allargata fino all’1,99%).

La forbice di rendimento tra Italia e Spagna si è allargata a 47 punti: ieri Madrid ha collocato titoli a medio lungo termine per 4,1 miliardi a tassi in ascesa. La Francia ha offerto quattro Oat, tra cui un titolo a 50 anni, per un importo di 9,5 miliardi. La settimana prossima prenderanno il via anche le aste italiane di metà mese: l’11 gennaio il Tesoro offrirà 7 miliardi di Bot 12 mesi contro 7 in scadenza.

BANCO BPM, RIPRENDE LA CORSA. NORGES BANK HA IL 3,64%

Ancora vivace a Piazza Affari il comparto bancario (+0,7% l’indice di settore). Torna a salire Banco Bpm, con un balzo del 3,75% che porta a quasi il 23% il rialzo complessivo delle prime quattro sedute del 2017 in cui è stato scambiato più del 10% del capitale. Molti investitori si riposizionano scommettendo sui nuovi prossimi assetti di controllo del terzo gruppo bancario italiano.

Tra gli investitori istituzionali, Norges Bank controlla il 3,64% del capitale. BofA Merrill Lynch ha avviato la copertura del titolo con buy (confermando la precedente raccomandazione delle due banche stand-alone) con un prezzo obiettivo di 3,4 euro citando le sinergie potenziali della nuova entità bancaria e la flessibilità sul capitale.

Buon rialzo anche per Finecobank (+2,2%) mentre le big Intesa e Unicredit limitano i rialzi rispettivamente a 0,7% e 0,4%. Debole Generali (-0,6%): Ubs ha alzato il prezzo obiettivo sul titolo da 14,4 a 15,7 euro (rating buy), mentre JP Morgan ha confermato la raccomandazione overweight. S&P Global Market Intelligence invece ha ridotto il giudizio da buy a hold.

MEDIOBANCA: “PER FCA TRUMP È UN’OCCASIONE”. IL TARGET SALE A 12 EURO

Sotto i riflettori il settore automotive. Cnh mette a segno un rialzo del 3%. Sale anche Brembo (+1,2%). Fiat Chrysler limita il rialzo allo 0,7%, assorbendo con disinvoltura il calo delle vendite in Usa (-10% a dicembre, terzo ribasso consecutivo). Migliora invece la situazione del mercato brasiliano: per il 2017 è prevista una crescita del 4%, a 2,13 milioni di veicoli contro i 2,05 dell’anno scorso (-20,2%).

Mediobanca Securities ha premiato il titolo cancellando le incertezze legate alla nomina di Donald Trump alla Casa Bianca. L’inizio della nuova presidenza non rappresenta un pericolo, semmai un’opportunità per il gruppo controllato da Exor: si potrebbero riaprire scenari M&A in territorio statunitense, senza dimenticare che “il settore è sull’orlo di un cambio epocale da un punto di vista tecnologico”, elemento che “potrebbe portare a una separazione tra i brand indirizzati al mercato di massa e quelli premium nel portafoglio Fca”, Alfa e Maserati comprese.

Nonostante il recente rialzo, le azioni trattano a un multiplo di 5,1 volte il prezzo/utile stimato dal consenso e di 4 volte quello assunto da piazzetta Cuccia. “Nel caso il gruppo raggiungesse livelli medi rispetto a quelli indicati nelle linee guida al 2018, il multiplo p/e al quale verrebbe scambiato il titolo sarebbe pari a 2,8 volte”, ha calcolato la banca d’affari che ha alzato il rating sul titolo da neutral a outperform, con il target price che è salito da 7 a 12 euro (+71%).

PARMALAT SALE A 3 EURO: OPA PIÙ DIFFICILE

Si terrà il 18 gennaio a Londra l’incontro di Mediaset. Forti vendite su Telecom Italia (-1,4%). In fondo al listino Luxottica (-2,9%), in ribasso per la terza seduta consecutiva. Parmalat sale dello 0,33%, a 3 euro, ben sopra il prezzo dell’Opa a 2,8 euro annunciata da Lactalis.

Fincantieri avanza del 3,5%, ampliando i guadagni degli ultimi giorni, in attesa di nuovi sviluppi sul fronte dell’offerta per STX France e dell’esito dell’Opa su Vard. Boom di Cti Biopharma (+18,1%), dopo la revoca della sospensione clinica già disposta dalla Food and Drug Administration su tutti gli studi clinici condotti nell’ambito della richiesta di approvazione di un nuovo farmaco sperimentale presentata per Pacritin.

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