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Mercato immobiliare: investimenti su, ma fondi ancora in rosso

Secondo il XII Monitor sulla Finanza Immobiliare dell’Università di Parma e di Caceis Bank, i fondi immobiliari hanno chiuso il 2017 in rosso di 228 milioni di euro (contro i -296,4 milioni del 2016) – A incidere negativamente sono state le minusvalenze, gli oneri per la gestione degli immobili e l’Imu e la Tasi

Crescono gli investimenti immobiliari, ma i fondi sono ancora in rosso. È quanto emerge dal XII Monitor sulla Finanza Immobiliare realizzato dall’Università di Parma in collaborazione con Caceis Bank (Gruppo Crédit Agricole). In particolare, secondo lo studio, i fondi immobiliari hanno chiuso il 2017 in rosso di 228 milioni di euro (contro i -296,4 milioni del 2016). Solo il 38,68% dei fondi analizzati è riuscito a chiudere in utile.

Il risultato negativo non è da imputare ai realizzi, da cui è stato prodotto un utile pari a 41,2 milioni di euro, contro la perdita di 114,3 milioni registrata l’anno precedente. A incidere negativamente sono state le minusvalenze – che sono quintuplicate passando da 55,9 milioni nel 2016 a 284,4 milioni di euro nel 2017 – gli oneri per la gestione degli immobili (aumentati fino a 60 milioni di euro), e l’Imu e la Tasi, che sono raddoppiate, raggiungendo quota 89,8 milioni di euro, con un’incidenza sulla perdita d’esercizio pari al 39,34% (contro il 16,3% del 2016).

Male anche il risultato della gestione dei crediti (-8,1 milioni) e quello della gestione relativa agli strumenti finanziari, che, rispetto allo scorso anno, mostra un significativo ridimensionamento (da -234,8 a -59,5 milioni di euro).

Nell’asset allocation dei fondi immobiliari, infatti, la quota investita in strumenti finanziari rispetto al 2016 è diminuita di oltre cinque punti percentuali (dal 9,15 al 4,99%), mantenendo una predilezione verso gli strumenti non quotati che raggiungono un’incidenza pari al 96,49%. Si registra quindi una maggiore esposizione verso rischi di controparte, legati alla solvibilità e alla trasparenza delle controparti con cui si pongono in essere le transazioni, e a rischi di liquidità, connessi alla possibilità che uno strumento non possa essere smobilizzato rapidamente e a un prezzo appropriato a causa dell’assenza di un mercato regolamentato.

Le attività rappresentate da immobili e diritti reali sono salite dal 79,97% all’86,92%, al di sopra del limite minimo imposto per legge.

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