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Mercato dell’arte, ecco gli scenari post-Covid

Il report di Deloitte analizza i risultati del 2019, che confermano l’arte come asset di gestione del patrimonio, anche se con un calo del fatturato complessivo – Quest’anno sarà segnato dalla pandemia ma anche da Brexit: Parigi nuova capitale del settore?

Mercato dell’arte, ecco gli scenari post-Covid

Che anno è stato il 2019 per il mercato dell’arte, e quale sarà la “nuova normalità” dopo lo sconvolgimento del Covid-19? A fornire delle indicazioni è la sesta edizione del report Art&Finance di Deloitte e ArtTactic, formulata raccogliendo interviste in tre settori: i collezionisti, gli operatori di settore (mercanti d’arte, case d’aste, galleristi, ma anche compagnie di logistica nonché tutto il mondo delle ArtTech) e infine i professionisti appartenenti al mondo della finanza, in particolare al Private Banking e al Family office. Dall’analisi emerge che l’arte è sempre di più un asset di investimento, che rientra in una più ampia gestione del patrimonio: l’86% dei gestori patrimoniali interpellati dichiara infatti di includere nei servizi offerti la gestione di beni artistici e da collezione; dato che risponde anche alla volontà espressa dagli stessi collezionisti (81%) sia di essere guidati in questa direzione che di avere report consolidati.

Dalla prospettiva del wealth manager, family officer o private banker l’intenzione è quella di avere sempre più un approccio olistico nei confronti dell’arte intesa come asset class offrendo una molteplicità di servizi – valutazione delle opere d’arte, art advisory, gestione delle collezioni, consulenza sugli aspetti regolamentari ed ereditari – in grado di differenziare l’offerta e generare e rafforzare relazioni con i propri clienti in un contesto di mercato estremamente competitivo. La parola d’ordine è dunque sempre di più “diversificazione”, sia degli investimenti includendo gli asset legati all’arte, sia degli stessi servizi collegati al mercato dell’arte. Il 77% dei gestori patrimoniali ha infatti introdotto formule di intrattenimento nella forma di visite private, ingressi a fiere d’arte, musei e mostre; il 71% si è occupato anche di educazione e formazione in materia d’arte per la clientela; più della metà degli interpellati offre la possibilità di diversificare fra investimenti in opere o art fund, ma la gestione di collezioni d’arte resta la priorità.

Nel corso del 2019 il mercato ha confermato l’elevato l’interesse per i lotti top qualityla cui disponibilità si è tuttavia ridotta rispetto al biennio 2017-2018, con un conseguente calo dei fatturati complessivi. Con l’obiettivo di contribuire, per la parte di competenza, nel processo di informazione sul mercato dei collectibles, fornendo agli interessati strumenti decisionali utili ad orientarsi nelle scelte d’acquisto, Deloitte ha analizzato le aste di opere d’arte e di beni da collezione proposte nel 2019 e negli anni precedenti dalle principali case d’asta internazionali (Christie’s, Sotheby’s e Phillips), con un valore minimo di 1 milione di dollari. Da tale analisi è emerso che la scarsità, caratteristica tipica delle opere di grande qualità, è stata uno dei fattori che ha maggiormente contribuito alla riduzione dei volumi d’affari, pari al -18,6% a/a per il settore della pittura e al -6,1% a/a per il comparto degli altri beni da collezione, i così detti Passion Assets. Non si sono tuttavia rilevate tendenze negative in relazione al numero delle transazioni, che si mantiene sui livelli degli scorsi anni, anche grazie al crescente numero di nuovi acquirenti attivi sulle piattaforme online.

A tale scarsità ha contribuito il clima di cautela generato dalle guerre sui dazi e dalle turbolenze relative ai regimi fiscali di alcune aree di grande importanza per il settore, che ha reso il mercato dei beni da collezione maggiormente riflessivo, sia nell’acquisto, sia nella vendita. Nonostante i trend al ribasso, qualità, provenienza e voglia di novità hanno continuato ad orientare gli acquisti, sia per i collezionisti più esperti, sia per i nuovi acquirenti, a dimostrazione della crescente maturità del settore. Si è registrata, infatti, costante attenzione per le opere d’arte di qualità museale, per le collezioni private e per i beni più esclusivi. Questo vale sia per i collezionisti delle piazze occidentali, guidati dalla ricerca del lotto esclusivo e dall’attenzione alla qualità, sia per i collezionisti asiatici, sempre più interessati alla pittura e ai beni antichi tipici della tradizione europea. Si è confermato inoltre il forte interesse per le opere di artisti poco riconosciuti dalla critica ma di grande valore nel rispettivo contesto storico-culturale, tra cui anche molte artiste donne.

Per quanto riguarda la pandemia Covid-19, avrà sicuramente un impatto, come lo avrà anche Brexit. Deloitte infatti ritiene plausibile attendersi una crescita dell’importanza di Parigi per il mercato delle aste su scala internazionale, a seguito dell’uscita del Regno Unito dall’Unione Europea. Non sono poi da dimenticare gli aspetti connessi al più ampio mondo della cultura, sempre più percepita come elemento centrale per lo sviluppo sostenibile, sia dal punto di vista economico, sia dal punto di vista sociale, e la crescente attenzione nei confronti del social impact investingpotenziali driver dai risvolti positivi anche per il mercato dei beni da collezione. “In uno scenario di ripartenza come quello attuale, vogliamo fotografare gli ultimi trend nel mercato dell’arte, dove continua a crescere, accanto all’aspetto passionale ed estetico, un’attenzione per il valore finanziario dell’acquisto di opere d’arte tale da rendere sempre più stretto il legame fra arte e gestione patrimoniale”, commenta Ernesto Lanzillo, Deloitte Private Leader.

“Anche il mercato dell’arte ha subito gli effetti dell’incertezza che ha caratterizzato il panorama politico e in parte economico a livello internazionale a fronte dell’emergenza Covid-19, dimostrando tuttavia la propria resilienza. Sarà perciò importante monitorarne l’evoluzione per capire quali mutamenti e quali opportunità possono nascere”, conclude Pietro Ripa, Private Banker Fideuram”.

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