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Mediobanca, la vittoria di Mps segna l’8 settembre della finanza italiana e la fine di un’epoca: oggi il Governo conta più del mercato

La Mediobanca indipendente che abbiamo conosciuto fino ad oggi non c’è più perché la sua conquista ad opera di Mps non è stata un’operazione di mercato ma di potere, ipotecata dal ruolo di giocatore del Governo. Succede anche in altri Paesi ma una democrazia che rinuncia a una vera economia di mercato solleva molti dubbi

Mediobanca, la vittoria di Mps segna l’8 settembre della finanza italiana e la fine di un’epoca: oggi il Governo conta più del mercato

L’8 settembre non è una data che porta fortuna all’Italia. Nel 1943 il maresciallo Badoglio annunciò alla radio la firma dell’armistizio con gli Alleati, che segnò un momento di caos per l’esercito italiano con lo sbandamento delle truppe e la cattura di centinaia di migliaia di soldati italiani da parte dei nazisti. L’8 settembre del 2025 segna invece, con la netta vittoria dell’Opas del Monte dei Paschi su Mediobanca, la fine di un’epoca della finanza italiana. Dopo la morte di Enrico Cuccia, che la fondò nel 1946 con Raffaele Mattioli, Mediobanca non era più da anni il tempio della nostra finanza, il salotto buono del capitalismo e la stanza di compensazione tra il capitalismo privato e quello di Stato. Non era più tutto questo, ma Mediobanca ha continuato ad essere una banca di assoluto prestigio, almeno in campo nazionale, con il pregio della professionalità e dell’assoluta indipendenza e con un tesoretto in pancia rappresentato dalla sua partecipazione nelle Generali. Forse avrebbe dovuto svegliarsi prima e costruire per tempo una realtà internazionale che l’avrebbe messa al riparo dalle ambizioni dei suoi principali soci (Caltagirone e Delfin in testa) e dalle tentazioni del Governo. Il suo progetto di Ops su Banca Generali e l’idea di realizzare un campione del wealth management erano sicuramente interessanti ma sono arrivati fuori tempo massimo.

Mps: la conquista di Mediobanca non è un’operazione di mercato perchè il Governo non è stato l’arbitro ma un giocatore

Come diceva Cuccia già negli Novanta e come opportunamente ricorda Giorgio La Malfa nel suo bel libro “Cuccia e il segreto di Mediobanca” “se è caduto l’impero romano, perché non dovrebbe cadere Mediobanca?”. E infatti l’altro giorno Mediobanca è rovinosamente caduta. In un’economia di mercato non sorprende che i cambi di proprietà possano riguardare anche realtà consolidate come Mediobanca. Ma il punto non è questo. La Mediobanca che abbiamo finora conosciuto non va in soffitta per un’operazione di mercato ma per un’operazione di potere in cui determinante è stato il ruolo del Governo che non ha fatto l’arbitro ma il giocatore. In una battaglia cruciale come questa per il futuro della nostra finanza il Governo ha spinto molti investitori a schierarsi dalla sua parte e da quella di Caltagirone e di Delfin che non hanno mai perso di vista il tesoretto delle Generali a cui sperano di arrivare attraverso Mediobanca e il Monte dei Paschi. L’8 settembre del 2025 sarà ricordato come il de profundis non tanto o non solo di Piazzetta Cuccia ma del mercato.

Stato e mercato: così fan tutti ma è giusto?

Si dice, non senza qualche ragione, che questo è il “mondo nuovo” e che “così fan tutti”: dalla Germania alla Spagna e al Portogallo, dagli Stati Uniti alla Cina il potere politico ha scalzato il mercato. Verissimo, ma il problema non è accertare se l’Italia è in linea con la moda che oggi domina la finanza ma capire se questa moda è giusta o no. Una democrazia che rinuncia a una vera economia di mercato solleva più di un dubbio.

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