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Mediobanca: corre l’utile, dividendo più ricco

I risultati dell’esercizio 2016-2017 battono le attese e il pay out sale al 43% – L’ad Nagel: “La quota in Generali è cruciale ma in caso di crescita esterna potremmo vendere” – “Rcs? La nostra quota è ridotta, aspettamo di vedere l’evoluzione della società sotto la guida di Urbano Cairo”

Mediobanca archivia l’esercizio 2016-2017, che si è concluso lo scorso giugno, con un utile netto in crescita del 24%, a 750 milioni di euro, ben oltre il consensus degli analisti, che si fermava a 720 milioni. Nel dettaglio, gli utili hanno superato i 250 milioni nelle divisioni Corporate and Investing Banking (+14%, a 254 milioni) e Consumer-Compass (+68%, al record di 258 milioni). 

Il risultato operativo generale è in crescita del 16% a 855 milioni. L’istituto precisa che sui numeri hanno inciso”la positiva dinamica dei ricavi e la continua riduzione del costo del rischio in tutte le linee di business”. Il fatturato è salito del 7,3%, a 2,2 miliardi, ed è “il più alto di sempre”. Ai maggiori ricavi concorrono il ramo ex Barclays con 83,8 milioni, l’attività di Cairn per 12 mesi in luogo dei precedenti sei e quella di Banca Esperia per l’ultimo trimestre al 100% anziché al 50%. 

Il dividendo per azione proposto è di 0,37 euro, in progresso del 37% rispetto al precedente esercizio (0,27 euro), con un aumento del pay out dal 38% al 43%.

Il costo del rischio scende a 87 punti base (-37 pb), “in netto miglioramento rispetto ai target del piano”. Gli indici patrimoniali si rafforzano, salendo ai “livelli maggiori post-crisi”. In particolare, il Cet 1 sale al 13,3% dal 12,1% e il Total Capital Ratio al 16,9% dal 15,3%.

La quota Generali ha contribuito al bilancio di Mediobanca per 264 milioni di euro (pari al 13%), +3% rispetto all’esercizio precedente. Nel corso dell’anno sono stati ceduti titoli per circa 340 milioni, con utili per 162 milioni. Mediobanca conferma inoltre il suo impegno a scendere al 10% di Generali entro il 2019.

La quota in Generali, ha detto l’ad Alberto Nagel in conference call, “continua ad essere cruciale” per la generazione di capitale e utili di Mediobanca, che resta in “totale supporto” della compagnia “dal punto di vista dello sviluppo. Se la nostra crescita di risk weighted asset richiedesse più capitale di quello che la banca produce”, il management, prima di chiedere capitale ai soci, “mobilizzerebbe” le risorse del gruppo tra cui è inclusa la quota in Generali.

Per quanto riguarda la quota del 6,2% detenuta in Rcs, Mediobanca mantiene “un atteggiamento aperto” e “flessibile”, in attesa di vedere l’evoluzione della società sotto la guida di Urbano Cairo. “Quella in Rcs è per noi una quota piccola, non ci cambia i numeri tenerla o venderla. Abbiamo un atteggiamento aperto. Valutiamo – ha continuato Nagel, interpellato durante una conferenza call sulle intenzioni nei confronti della quota, considerando che in Borsa vale 1,3 euro a fronte degli 1,2 euro del prezzo di carico per la banca – L’interlocuzione che abbiamo con Urbano come azionisti ci fa pensare che la società abbia migliori prospettive, quindi abbiamo un atteggiamento flessibile. Siamo orientati a comprendere l’evoluzione della società per capire se il nostro target di vendita può essere rivisto al rialzo”.

Infine, dalla cessione della quota in Atlantia – che andrà a beneficio dei conti del primo trimestre dell’esercizio 2017-18 – Mediobanca si aspetta una plusvalenza di 70-80 milioni. Lo ha detto ancora Nagel, precisando che il conto economico della banca continuerà a registrare capital gain quest’anno “perché continueremo a cedere asset available for sale”. Nel terzo trimestre dell’esercizio 2016-17 Mediobanca ha venduto a termine il residuo 1,35% di Atlantia in suo possesso, azzerando quindi la sua quota. La consegna dei titoli e gli effetti sul conto economico ricadranno nel terzo trimestre solare del 2017, ovvero il primo trimestre dell’esercizio 2017-18 di Mediobanca. Nel corso del 2016-17, le azioni Afs nel Principal Investing sono diminuite da 851,9 a 659,5 milioni per effetto di vendite per 336,7 milioni, con plusvalenze per un totale 161,6 milioni, che hanno riguardato la metà del pacchetto Atlantia (110 milioni), il 5,1% di Koening & Bauer (28 milioni) e il 2,8% di Italmobiliare (22 milioni) nell’ambito del buy back promosso dalla società.

A metà mattina il titolo in Borsa di Mediobanca cede lo 0,5%, a 8,96 euro.

CHEBANCA CON EX-BARCLAYS RADDOPPIA DIMENSIONI E TRIPLICA UTILE

CheBanca ha raddoppiato le dimensioni e triplicato l’utile dopo l’acquisizione delle attività di Barclays Italia un anno fa. Come indica il comunicato sui conti d’esercizio del gruppo Mediobanca, CheBanca ha chiuso il 2016-17 con un utile netto di 27 milioni di euro contro 8,5 milioni nel precedente.

I ricavi sono aumentati del 43% a 274,6 milioni, con un apporto del nuovo ramo di quasi 84 milioni. Il margine d’interesse è salito del 38% a 205,3 milioni per i maggiori volumi e il calo del costo della raccolta, mentre le commissioni sono cresciute di quasi il 60%, a 69 milioni, per lo sviluppo della raccolta indiretta. Parallelamente i costi di struttura sono aumentati del 46% a 237,0 milioni, essenzialmente per il ramo ex-Barclays che incide per 75,2 milioni.

La raccolta diretta è cresciuta da 10,7 a 13,4 miliardi, l’indiretta da 3,9 a 7,1 miliardi e beneficiano dell’apporto ex-Barclays per 2,9 miliardi e 2,8 miliardi rispettivamente. Aumentano anche gli impieghi (da 5,1 a 7,5 miliardi), a cui il ramo ex Barclays contribuisce per 2.459,6 milioni (22.885 mutui), a fronte di un erogato di 1.240,9 milioni (+15,5%).

L’esercizio – sottolinea il comunicato – ha segnato per Chebanca “la definitiva trasformazione in wealth manager dedicato al segmento di clientela italiana affluent & premier”. La banca con il ramo ex-Barclays ha raddoppiato le dimensioni integrando 141 filiali e 800 mila clienti, gestiti da fine maggio con un unico sistema It.

È stata delineata una nuova piattaforma commerciale. A partire dal prossimo esercizio sono previste sinergie di costo e ricavo, con la razionalizzazione ed integrazione delle strutture che prevede la chiusura di 33 filiali e la riduzione degli organici (110 persone in aggiunta alle 127 uscite volontarie del 2016-17), i cui costi sono completamente coperti dai fondi già stanziati. È inoltre in corso di sviluppo la rete di promotori finanziari con circa 100 assunzioni per anno rispetto agli attuali 70.

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