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Manovra 2019 e auto aziendali: imprese in rivolta

Le quattro maggiori associazioni del settore chiedono al governo di cancellare la norma introdotta nella Legge di Bilancio. “Così si affossa il settore”

Manovra 2019 e auto aziendali: imprese in rivolta

La misura inserita nella bozza di legge di Bilancio con cui si aumenta di oltre il 300% la tassazione sull’uso dell’auto aziendale, ha provocato un’alzata di scudi da parte delle imprese del settore e delle loro associazioni. In pratica la nuova norma – in discussione in Parlamento – sposta dal 30% al 100% il valore attribuibile alla formazione del reddito sotto forma di benefit per l’utilizzo delle auto aziendali che, a partire dal prossimo anno, saranno dunque tassate per l’intero valore, aumentando così il reddito complessivo del dipendente, con un impatto anche sui contributi e sul Tfr. La proposta inserita nella manovra vale 513 milioni di maggior gettito per lo Stato.

“Così si affossa definitivamente il mercato dell’auto aziendale e si colpiscono in busta paga circa 2 milioni di lavoratori. Il Governo che, a parole con il tavolo sull’auto, dichiara di voler supportare la filiera delle quattro ruote, ne sta determinando il collasso”, afferma Aniasa, l’associazione che in Confindustria rappresenta il settore del noleggio veicoli.

L’associazione si dice “scioccata da questo atteggiamento schizofrenico che conferma i timori di un’attitudine antindustriale che sembra animare le scelte di questo Governo”. Secondo Aniasa, la misura è “assurda anche da un punto di vista concettuale, si tassa non solo l’uso privato dell’auto ma quello lavorativo”. Il Governo, dice ancora Aniasa, è contraddittorio: “se da una parte con l’annuncio del taglio del cuneo fiscale si vogliono aumentare i soldi in busta paga, dall’altra, con queste misure, si generano pesanti ripercussioni sulle politiche retributive di centinaia di migliaia di aziende di ogni settore. Per non parlare dell’imponente impatto sulle minori entrate di gettito fiscale generate dal settore”.

Ma non è solo Confindustria a protestare. In un comunicato congiunto Anfia, Assilea, Federauto e Unrae stigmatizzano con forza la proposta, contenuta già nella prima bozza della Legge di Bilancio, che per la totalità dei dipendenti triplica il valore ai fini fiscali di auto e ciclomotori concessi in uso promiscuo. “Contrariamente ai luoghi comuni ampiamente diffusi, l’auto aziendale non è un privilegio per ricchi, ma un vero strumento di lavoro, in alcuni casi insostituibile; prova ne sia il fatto che circa il 72% del mercato è composto dai segmenti più bassi (A, B, C) non certo da supercar“, afferma la nota delle quattro associazioni.

Le associazioni spiegano che attualmente l’assegnazione della vettura ai dipendenti in uso promiscuo determina un compenso assoggettato a tassazione, calcolato in modo forfettario, tenendo conto di una percorrenza convenzionale annua di 15.000 km, di un costo chilometrico definito da tabella ACI e di una percentuale di utilizzo “ad uso personale” del 30%. Si tiene cioè conto del fatto che su sette giorni alla settimana, la vettura viene normalmente utilizzata cinque giorni a fini lavorativi e due giorni per usopersonale. L’uso personale (circa il 30%) è appunto quello soggetto a tassazione. Portarlo dal 30 al 100%, affermano, aumenterebbe l’onere contributivo e di Tfr a carico delle aziende e porterebbe al collasso delle auto aziendali, con un impatto anche sul mercato delle vetture a zero o basse emissioni.

L’appello delle associazioni a ritirare o almeno modificare la norma ha raccolto i primi consensi all’interno della stessa maggioranza, giovedì in Parlamento. Si sono pronunciati in favore della modifica Alessio Villarosa, sottosegretario dell’Economia e Davide Gariglio, capogruppo Pd in commissione Trasporti della Camera.

Anche il viceministro allo Sviluppo Economico Stefano Buffagni (M5S) chiede di “migliorare immediatamente la norma sulle auto aziendali perché su quelle voci le tasse i lavoratori già le pagano”, come si legge sulla sua pagina Facebook.

Italia Viva ha invece già dichiarato che “si impegnerà in Parlamento per eliminare anche questa inutile tassa che danneggia lavoratori e aziende”, come ha scritto in un tweet il senatore Eugenio Comincini, componente della commissione Bilancio di Palazzo Madama. 

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