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Lukoil: dribbla l’embargo e compra petrolio non russo, in arrivo una linea di credito per 3 miliardi

Per il momento quindi la raffineria di Priolo può continuare a lavorare con i suoi circa 3000 lavoratori. Resta appeso il progetto della vendita.

Lukoil: dribbla l’embargo e compra petrolio non russo, in arrivo una linea di credito per 3 miliardi

Litasco, società svizzera attraverso cui la russa Lukoil controlla la raffineria siciliana di Priolo, ha ottenuto una linea di credito per 3 miliardi di dollari da un pool di banche asiatiche, secondo quanto riporta oggi Repubblica. I fondi consentono all’impianto siracusano di comprare sui mercati internazionali il greggio da raffinare e di non dipendere più dal petrolio russo della casa madre sottoposto ad embargo. Ciò significa in primo luogo che la società si è messa in regola con le sanzioni decise da Bruxelles (che ha fissato l’embargo al petrolio russo lo scorso 5 dicembre) e può continuare ad operare.

La raffineria processa circa 300.000 barili al giorno e fornisce un quinto della benzina e del gasolio consumati in Italia. Nei mesi scorsi la Sace del ministero del Tesoro e le principali banche italiane (Intesa Sanpaolo, Unicredit, Banco Bpm ed Mps) si erano rifiutati di garantire i finanziamenti necessari per i carichi, timorosi di sanzioni. In un’intervista a il Sole 24 Ore, l’amministratore delegato dello stabilimento, Eugene Maniakhine aveva prospettato la possibilità di acquistare il petrolio pagando cash, senza quindi la necessità di intermediazione di soggetti bancari.

Attorno allo stabilimento ruota una forza lavoro di circa 3.000 persone tra dipendenti diretti e indotto. Il governo ha varato un decreto che prevede l’avvio di un’amministrazione temporanea in caso di difficoltà che si ripercuotano sul mercato energetico italiano, ma per ora la raffineria sembra riuscire a funzionare.
Resta in campo l’ipotesi di una vendita.

Resta appeso il progetto della vendita

Il ministro Adolfo Urso ha detto a Reuters che ci sono fino a 10 acquirenti interessati a rilevare l’impianto, senza fare i nomi e precisando che qualsiasi accordo per la vendita dell’impianto sarà soggetto al controllo del governo in base alla cosiddetta normativa sulla golden power. Nelle scorse settimane si era parlato dell’interesse del fondo statunitense Crossbridge, sostenuto dal trader svizzero di materie prime Vitol, vicino a un accordo del valore di poco meno di 1,5 miliardi di euro per la vendita di ISAB. Si parla anche del trader di materie prime Trafigura oltre che di una cordata italo-qatarina.

Sulla vendita pesa però il macigno della bonifica ambientale dell’area, costo fino a 5 miliardi a carico del governo visto che nessun compratore sarebbe disposto ad accollarsi la pratica.

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