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L’oliva bianca etrusca torna dopo 3.000 anni

L’oliva bianca, detta leucolea perché veniva coltivata in Grecia nell’isola di Kasos e citata pure nella Bibbia, fu usata anche dagli Etruschi e ora un progetto nella Tuscia la riporta in vita dopo millenni.

Viene citato anche nella Bibbia, con riferimento al fatto che veniva usato dalle persone di alto rango per ungersi: è l’olio da oliva bianca. Nell’antica Grecia e perfino da noi, nella Magna Grecia, questo particolare e pregiato olio veniva impiegato per alimentare le lampade, che con l’olio classico producevano troppo fumo. Meglio usare quello da leucokasos, l’olivo selvatico che dà frutti albini. L’oliva bianca leucolea, prima che se ne perdessero le tracce, è stata coltivata anche per tutto il periodo della civiltà etrusca, sempre per far fronte al problema dell’illuminazione.

Oggi, a circa 3.000 anni di distanza, questa particolare pianta è tornata a crescere proprio nei territorio dell’antica Etruria, nel Viterbese. In realtà, per essere precisi, era già ricomparsa in alcune zone della Calabria (dove era diffusissima durante la Magna Grecia) e in Toscana, e tra il VI e il X secolo d.C. era stata di nuovo impiantata in molte aree dell’Italia in particolare dai monaci per le funzioni religiose, ma l’esperimento della Tuscia è ancora più interessante perché assume un valore più ampio, culturale.

Ad innestare nuovamente l’oliva bianca a Castel Sant’Elia è stato infatti non un frantoio ma un artista appassionato di cultura etrusco-falisca, Alessio Grandicelli, già autore di rievocazioni storiche sugli antichi popoli italici con spettacoli di danza e musica. Ma una rievocazione culturale degna di questo nome non può prescindere anche dalla tavola, ed ecco dunque che sul fronte agricolo gli esperimenti di Grandicelli sono andati avanti per 20 lunghissimi anni, e solo recentemente sono spuntati i primi frutti albini.

“Durante la ricostruzione di antichi rituali etruschi, mi sono imbattuto nel problema dell’illuminazione. Le lucerne usate dagli Etruschi, ricostruite sulla base dello studio di reperti archeologici, producevano infatti troppo fumo. Poi sui testi greci ho trovato che l’olio usato per le lampade sin dai tempi della Magna Grecia era un olivo proveniente dall’isola di Kasos, nel Dodecaneso“.

Il progetto non si fermerà comunque all’aspetto agricolo, ma rientra in un discorso più ampio: “Abbiamo trovato finanziatori – ha aggiunto Grandicelli – e stiamo costruendo un villaggio etrusco con finalità didattiche“. Il villaggio di archeologia sperimentale sarà dotato di capanne, macine, forni e torni per la cottura del vasellame, mantici per la fusione dei metalli e tutto quello che era negli usi e costumi dei popoli antichi, dagli strumenti musicali ai telai per i tessuti.

“Il tutto sarà accompagnato dalla cucina del territorio della Tuscia viterbese. Un’ottima occasione per scuole, università e turisti per visitare i nostri splendidi luoghi e ammirare le bellissime ‘drupi’ di olive bianche”. Ma che caratteristiche ha questo particolare cultivar, detto anche oliva della Madonna poiché nei secoli è stata anche usata per i riti sacri, come l’estrema unzione oppure la consacrazione di nuove chiese?

Prima dell’invaiatura le olive appaiono ancora di un bel colore verde, come quelle delle varietà comuni, ma successivamente l’esocarpo non si pigmenta, rimane bianco. Solitamente, infatti, al momento dell’invaiatura all’interno dei frutti vi è una degradazione della clorofilla e un aumento della produzione di antociani che danno alle olive il caratteristico colore nero-blu. Nella leucolea invece la sintesi dei pigmenti è bloccata e a fronte di una diminuzione della clorofilla non vi è un aumento degli antociani.

A livello di produttività e di profilo nutritivo ed organolettico, l’oliva bianca non ha aspetti particolarmente interessanti e può essere assimilata ad un gran numero di cultivar oggi in commercio. L’olio invece di essere giallo-verde è di colore bianco, trasparente, e proprio per questo motivo – come detto – ha una minore produzione di fumo quando viene bruciato. Oggi però questa oliva così particolare può trovare spazi interessanti nella commercializzazione, non tanto come olio, ma come oliva da tavola: sarebbe un prodotto nuovo, che potrebbe incuriosire ed affascinare i consumatori.

0 thoughts on “L’oliva bianca etrusca torna dopo 3.000 anni

    1. Scusi, ma dove lo vede il fake? Nell’articolo è ampiamente specificato che in altre regioni italiane l’oliva bianca è già coltivata, per quanto non così diffusa. E’ invece la prima volta che torna in quella precisa zona di territorio etrusco, dove era stata particolarmente utilizzata, e la sua riscoperta viene accompagnata da un ampio progetto culturale.

      La Redazione.

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