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L’intelligenza artificiale fa bene alla Borsa: raddoppiata la crescita annua dei titoli – L’analisi del Nber

Secondo Il National Bureau of Economic Research di Cambridge (Boston) le società, comprese in panieri “massimizzati sull’Artificial intelligence” hanno avuto un guadagno aggiuntivo in media dello 0,4% al giorno. Dato che traslato sull’anno diventa del 100%. E ciò grazie a una maggiore produttività aziendale e a minori costi operativi

L’intelligenza artificiale fa bene alla Borsa: raddoppiata la crescita annua dei titoli – L’analisi del Nber

Si moltiplicano le stime che riguardano l’applicazione dell’Intelligenza Artificiale: fa bene ai business aziendali? Fa male ? In Borsa, secondo Il National Bureau of Economic Research di Cambridge (Boston), il pollice è up: analizzate le azioni più esposte agli effetti della nuova tecnologia -a partire dal lancio di ChatGPT fino alla fine di marzo- emerge che l’extra ritorno giornaliero è dello 0,4% che, annualizzato, sarebbe del 100%, grazie a una maggiore produttività aziendale e a minori costi operativi.

Grazie all’Ai ci sono minori costi e una maggiore produttività

Gli economisti del Nber nello studio, riportato stamane dal Sole24ore, mostrano di aver individuato la più alta (o più bassa) esposizione della forza lavoro delle 100 maggiori capitalizzazioni dell’S&P 500 alle novità portate dall’Intelligenza artificiale.
Poi, comparando i risultati con altre news inerenti a migliaia di conference call e twitter aventi ad oggetto l’Ai, hanno redatto la graduatoria dei titoli più “legati” ad essa. Azioni di imprese con cui sono stati costruiti dei portafogli.
Ed ecco il risultato: le società, comprese in panieri “massimizzati sull’Artificial intelligence”, nell’arco di tempo tra il lancio di ChatGPT e il 31/3/2023, hanno avuto un guadagno aggiuntivo -rispetto alle aziende meno esposte- in media dello 0,4% al giorno. Ciò significa che su base annua il guadagno supera il 100%. Gli investitori, al netto di tracolli in Borsa, scommettono evidentemente su minori costi e maggiore produttività conseguente all’uso dell’Intelligenza artificiale.

Chi scommette di più sull’Intelligenza Artificiale ?

Ci sono poi aziende che scommettono di più sull’Ai. In pole position c’è certamente Nvidia: l’azienda, da un lato, produce la Gpu, il chip più adatto proprio alla nuova tecnologia, l’intelligenza artificiale generativa. Dall’altro, è entrata in orbita a Wall Street. Per le altre aziende, in particolare per i cosiddetti “Fantastici 5” (Alphabet, Amazon, Apple, Meta e Microsoft), l’Ai finora ha contribuito poco ai profitti.

Ciononostante alcune suggestioni sono possibili, secondo il quotidiano.. A partire da Microsoft. Il gruppo, secondo gli esperti, è tra i meglio posizionati. Da una parte ha avviato l’inserimento dell’Ai nei suoi prodotti, dall’altra, questi sono già ampiamente diffusi nelle famiglie e, soprattutto, nelle imprese. Così si può ricordare la suite Microsoft 365 Copilot. In questo caso l’Intelligenza artificiale punta ad aumentare la produttività nell’uso di note App: da Windows a Excel fino a PowerPoint e Outlook. Non solo. La società di Redmond è proprietaria di GitHub, piattaforma che ospita milioni di progetti di sviluppo di software e proprio su questa piattaforma saranno offerte soluzioni implementate con l’Ai (GitHub copilot) per ottimizzare la creazione di codice. Infine occorre ricordare il progetto OpenAi rispetto al quale, da un lato, Microsoft ha finora investito circa 13 miliardi, dall’altro ha dato vita alla ben nota ChatGPT, che sta diventando un vero e proprio eco-sistema tecnologico.
In prima fila c’è anche Amazon: l’azienda di Jeff Bezos ha soprattutto nel cloud computing (Aws) la leva per sfruttare l’Artificial intelligence. Poi c’è Alphabet (che controlla Google) che da parecchi anni è immersa nei sistemi neurali. DeepMind, che è focalizzata sull’Ai, è stata acquisita nel 2014. Ma oltre a ciò, un’area dove c’è spazio per “monetizzare” l’Artificial intelligence è la pubblicità digitale. In tal senso, tra le altre cose, può ricordarsi Performance Max. Questo è un servizio che, grazie anche all’Ai, consente la gestione automatica e ottimizzata delle inserzioni pubblicitarie. Una caratteristica la quale, come già conferma l’ultima trimestrale con i ricavi da advertising oltre le attese, attirerà maggiormente gli stessi inserzionisti, facendo salire la spesa per gli “spot”. Ma, come si sa, Alphabet, cioè Google, è soprattutto motore di ricerca. Su questo fronte alcuni esperti, ricordando il rafforzamento con l’Artificial intelligence ad esempio di Bing (che invece è di Microsoft), parlano di nuove sfide tra i search engine. Anche se, con la grande «G» che vanta più del 90% della quota di mercato globale, simili affermazioni paiono quantomeno premature.

C’è anche chi non ha ingranato

C’è anche chi non ha ingranato: come Meta, che finora ci ha perso un sacco di soldi. L’ex Facebook si è mossa per affrontare soprattutto i limiti alla raccolta e uso dei dati in scia al Tracking transparency di Apple e alle nuove regole Ue. E, però, la vera exit strategy pare essere l’ottimizzazione, tramite Ai, delle informazioni sui comportamenti degli utenti. L’efficientare il “tradizionale” marketing ha dato i suoi frutti (anche sull’ultima trimestrale), tanto che la società in Borsa è stata premiata per il ritorno alle origini (agevolato dal deep learning).

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