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Liberalizzazioni:sugli orari dei negozi Vendola, Cota e Rossi guidano la battaglia di retroguardia

LE PAGELLE DEI GOVERNATORI – La sacrosanta liberalizzazione degli orari dei negozi mette a nudo il conservatorismo di molte Regioni: i governatori del Piemonte (Cota), della Puglia (Vendola) e della Toscana (Rossi) guidano il fronte del no al governo Monti ma dimenticano i possibili effetti sulla crescita e i vantaggi dei consumatori

Liberalizzazioni:sugli orari dei negozi Vendola, Cota e Rossi guidano la battaglia di retroguardia

A parole tutti vogliono la crescita. E c’è da giurare che anche oggi, di fronte agli impietosi dati dell’Istat sul record della disoccupazione giovanile, sarà un coro di lamentele e di invocazioni allo sviluppo. Troppo facile. La crescita non è un’operazione a saldo zero. Per stimolarla occorre cambiare. E fare le riforme, cancellando i privilegi di pochi in nome degli interessi di tutti. Le liberalizzazioni sono una cartina al tornasole: non vanno mitizzate, ma possono dare un contributo rilevante alla crescita del Pil. Lo dicono tutti gli studi in materia, a partire da quelli della Banca d’Italia. Sorprende (ma fino a un certo punto) la reazione di tre Regioni (Piemonte, Puglia e Toscana) alla liberalizzazione degli orari di apertura e di chiusura dei negozi decisa dal governo Monti. La liberalizzazione degli orari non sarà il toccasana, ma può aiutare sviluppo e consumatori. Si può distinguere tra grande metropoli e piccolo borgo e tra negozio e negozio ma l’idea di rendere flessibile l’apertura e la chiusura dei negozi è giusta. Lo dice l’esperienza. Può creare nuovi posti di lavoro e può dare sollievo ai consumatori (soprattutto a quelli che lavorano). Ma la reazione ostile delle tre Regioni in questione e la loro intenzione di rivolgersi alla Corte Costtuzionale impugnando il provvedimento del Governo non sembra preoccuparsene. Forse i commercianti – che, fortunatamente, non sono tutti uguali – saranno contenti, ma l’insieme dei cittadini farà bene a ricordarsene alle prossime elezioni.

Per la verità, il no alla liberalizzazione di Cota è quello che stupisce meno: il governatore leghista del Piemonte è sempre alla testa delle battaglie di retroguardia e guarda di più ai piccoli interessi di bottega (è proprio il caso di dirlo) della Lega piuttosto che a quelli generali della sua Regione. Era insorto – bel colpo per la Lega, che qualche secolo fa voleva abbattere i privilegi della partitocrazia! – anche di fronte all’intenzione del governo Monti di abolire, sia pure solo in parte, le Province.  Cota sostiene che la liberalizzazione del commercio favorirebbe gli outlet, che – come tutti sanno – sono ad ogni angolo di strada…. Se il Carnevale non fosse lontano, ci si potrebbe davvero chiedere se fa più sorridere Cota o il suo compagno di partito Calderoli che, immemore dei guasti creati dal Governo di cui ha fatto parte fino a qualche settimana fa, oggi chiede conto al nuovo premier delle spese per il cotechino di fine anno comprato dalla signora Monti. Ma ormai i più avveduti tra gli italiani, che vivono ogni giorno con ansia la battaglia in difesa dell’euro da cui realmente dipende il loro futuro, hanno imparato a non prendere sul serio le smargiassate leghiste.

Anche il no della Puglia alla liberalizzazione degli orari dei negozi non stupisce: il governatore Vendola (Sel) si intende di ideologie e illusioni, ma si sa che la concorrenza e le liberalizzazioni in favore di tutti i cittadini e di tutti i consumatori contro le barriere del mercato non sono il suo forte. Giusto ascoltare i piccoli negozianti ma, governatore Vendola, lo sviluppo e la crescita economica a quando li rimandiamo? Alla prossima legislatura? Complimenti, che sinistra lungimirante…. E soprattutto tempestiva. Non si meravigli, però, Vendola se le sue battaglie per l’occupazione avranno una credibilità men che modesta.

Quella che invece sorprende è la posizione del governatore della Toscana, Enrico Rossi, esponente di punta del Pd e sostenitore di Bersani, che però sulle liberalizzazioni la pensa esattamente all’opposto. Rossi ne fa una questione di competenze e  siccome gli orari dei negozi spetta alle Regioni regolarli ecco il pollice verso a Monti e il ricorso alla Consulta. Che i piccoli commercianti facciano parte del suo elettorato e che Rossi debba prestare ascolto è comprensibile, ma lasci perdere gli attacchi al liberismo, i cui eccessi vanno certamente censurati ma non c’entrano proprio nulla con la flessibilità degli orari dei negozi. A lui come agli altri governatori che guidano la battaglia di retroguardia sulla liberalizzazione del commercio verrebbe voglia di chiedere: 1) prima di scendere in campo, avete provato ad ascoltare anche i consumatori ? 2) potete davvero giurare che la flessibilità degli orari non crei nemmeno un posto di lavoro in più? 3) le competenze regionali sono importanti e i provvedimenti possono sempre essere migliorati, ma in tempi di guerra per l’euro, che si sta giocando in queste settimane, l’urgenza del decidere conta qualcosa o no?

Ma al presidente della Regione Toscana vale forse la pena di ricordare le parole del segretario del suo stesso partito, Pierluigi Bersani, che delle lenzuolate per le liberalizzazioni è stato paladino nel secondo governo Prodi: “Il problema è che tutti devono essere disturbati in modo che tutti possano migliorare e ridare sollievo ai consumatori. Occorre rendersi disponibili al cambiamento, non bisogna avere troppa paura. Guai se ci fermiano davanti alla sfida”. Coraggio, signori, il tempo dei santuari intoccabili è finito. E speriamo per sempre.

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