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Lettera Ambrosetti: i Paesi del Sud Est Asiatico (ASEAN), una nuova opportunità per l’Italia

L’ASEAN, Associazione delle Nazioni del Sud-Est Asiatico, è nata nel 1967 con l’obiettivo di promuovere la cooperazione in un’area di 600 milioni di persone tra Brunei, Cambogia, Indonesia, Laos, Malesia, Myanmar, Filippine, Singapore, Tailandia e Vietnam – Il Pil totale (2.300 miliardi di dollari) è inferiore a quello europeo ma cresce a ritmi elevati.

Lettera Ambrosetti: i Paesi del Sud Est Asiatico (ASEAN), una nuova opportunità per l’Italia

L’Associazione delle Nazioni del Sud-Est Asiatico (ASEAN, Association of Southeast Asian Nations) è nata nel 1967 con l’obiettivo di promuovere la cooperazione regionale tra i suoi membri: Brunei, Cambogia, Indonesia, Laos, Malesia, Myanmar, Filippine, Singapore, Tailandia e Vietnam. La popolazione totale supera i 600 milioni di persone e il PIL totale raggiunge i 2.300 miliardi di Dollari, con un tasso di crescita del 5,7% (fonte: ASEAN).

Se il PIL è basso rispetto a quello dell’Unione Europea, il tasso di crescita è relativamente elevato e il rapporto di indebitamento notevolmente inferiore: questo significa che i Governi dispongono di un più ampio margine per qualsiasi futura manovra si renda necessaria per sostenere l’attuale slancio della crescita.

Crescita che l’ASEAN persegue con dinamismo, impegnandosi in attività diplomatiche con le principali economie nell’area asiatico-pacifica mediante le iniziative ASEAN+3, che include Cina, Giappone e Corea del Sud, e ASEAN+6, che vede anche la partecipazione di Australia, India e Nuova Zelanda.

Negli anni l’ASEAN è progressivamente riuscita a coinvolgere i propri membri in un percorso di crescente integrazione economica, il cui obiettivo principale è ora fissato per il 2015, con la nascita della Comunità Economica dell’ASEAN (AEC, ASEAN Economic
Community) e la creazione di un mercato unico e una base produttiva comune.

Tra le varie associazioni regionali del mondo, l’ASEAN è quella caratterizzata da una maggiore diversificazione in termini di etnia, lingua, cultura e religione. Se la diversità dovesse risultare un catalizzatore per l’innovazione e la crescita, allora l’ASEAN ha tra le
mani un potenziale enorme.

L’importanza degli investimenti diretti esteri nell’ASEAN

Dal rapporto sugli investimenti pubblicato dal segretariato dell’ASEAN nel luglio 2013 si evince una fiducia globale nel potenziale dei suoi Stati membri, come dimostra l’aumento degli Investimenti Diretti Esteri (IDE). Gli ultimi dati a disposizione evidenziano IDE totali
nell’ASEAN per 114 miliardi di Dollari (2011), pari a una quota del 16,4% tra i flussi di investimento diretti ai Paesi in via di sviluppo, con un incremento su base annuale del 24%. 

Se il contesto macroeconomico a livello globale rende improbabile che un simile tasso di crescita possa mantenersi, gli investitori esteri non hanno comunque perso interesse nell’ASEAN. L’UNCTAD (Conferenza delle Nazioni Unite sul Commercio e lo Sviluppo) prevede un anno fiacco per gli IDE nell’ASEAN; in ogni caso, si prevede che alla base esistente andranno ad aggiungersi oltre 100
miliardi di Dollari. Inoltre, dalla fine delle crisi finanziarie del 1997, l’ASEAN ha visto fiorire un crescente ecosistema di
operatori quali istituzioni finanziarie, studi legali e consulenti strategici ed aziendali, che collettivamente hanno reso Singapore il punto d’ingresso preferenziale nell’ASEAN. Tale situazione, combinata con il costante flusso di IDE nell’ASEAN, ha creato un ambiente fertile
per fusioni ed acquisizioni (M&A), con un conseguente progressivo allineamento della cultura aziendale alle migliori prassi internazionali.

Le imprese multinazionali beneficiano di tale ambiente e dei cambiamenti strutturali intercorsi nell’ASEAN dai tempi della crisi per sfruttare le diverse proposte offerte da ogni Paese. Le attività delle imprese multinazionali nell’ASEAN spaziano attraverso l’intera catena del valore, dalle produzioni a basso costo o ad alta intensità di manodopera (soprattutto in relazione alle commodity)
agli interventi ad alto contenuto di Ricerca & Sviluppo che, soprattutto a Singapore, possono trarre vantaggio da una delle Nazioni più avanzate al mondo in termini di innovazione, istruzione e promozione delle tecnologie attraverso programmi governativi (ved. le ricerche di Ambrosetti Club “L’ecosistema per l’innovazione: quali strade per la crescita delle imprese e del Paese”- maggio 2012 e maggio 2013).

Le prime 10 aziende mondiali nel settore dell’elettronica di consumo possiedono strutture produttive in uno o più Paesi dell’ASEAN, così come le 10 imprese farmaceutiche leader, che in questa parte del pianeta stanno addirittura incrementando l’attività di Ricerca & Sviluppo.

L’ASEAN e il mercato globale

L’ASEAN ha stipulato una serie di accordi di libero scambio (FTA, Free Trade Agreement) che, nel caso di Toyota, hanno reso i centri produttivi in Tailandia ed Indonesia i candidati ideali per il progetto IMV (Innovative/International Multi-purpose Vehicle). Tailandia ed
Indonesia sono centri globali per l’IMV, con una produzione che nel 2011 ha raggiunto il 58% delle vendite totali ed esportazioni in Asia, Medio Oriente, Europa ed Oceania per una quota pari al 54% (fonte: Toyota).

Gli accordi di libero scambio più importanti sono stati sottoscritti con la Cina, l’India, il Giappone, il Sud Corea, l’Australia e la Nuova Zelanda. Attualmente Singapore sta finalizzando con l’Unione Europea un accordo di libero scambio globale, che include IDE e
rappresenterà un punto di riferimento per un futuro allargamento ad altri Paesi dell’ASEAN.

Tra i vari membri dell’ASEAN, è a Singapore che spetta inoltre il compito di dirigere le trattative per l’accordo di partenariato transpacifico (TPP, Trans-Pacific Partnership Agreement): a settembre 2013 il Primo Ministro, Lee Hsien Loong, ha dichiarato che
la Comunità Economica dell’ASEAN ed il TPP saranno complementari (fonte: The Straits Times).

UNIONE EUROPEA e ASEAN: attività di M&A tra ORIENTE ED OCCIDENTE

Nel complesso l’ASEAN rappresenta il 3° partner commerciale dell’Unione Europea (dopo Stati Uniti e Cina), con oltre 206 miliardi di Euro nel commercio di beni e servizi (2011). L’Unione Europea, il 2° partner commerciale dell’ASEAN dopo la Cina, rappresenta circa l’11% del commercio dell’ASEAN ed è di gran lunga il principale investitore nei Paesi dell’Associazione (fonte: Commissione Europea). Preso atto che non tutti i membri dell’ASEAN sono pronti per un accordo globale con l’Unione Europea, Paesi come la Malesia, la Tailandia ed il Vietnam hanno ora avviato trattative per la stipulazione di accordi bilaterali simili all’accordo di libero scambio Unione Europea-Singapore.

Ciò che conta è che l’accordo di libero scambio sottoscritto tra Singapore e l’Unione Europea coprirà IDE rivolti non solo a Singapore, ma anche nei Paesi dell’Unione Europea. Ciò contribuirà ad aumentare la fiducia necessaria per gli investimenti in Europa da parte dei numerosi fondi sovrani, PMI locali ed individui con ricchezza ultra-alta (UHNWI, Ultra High Net Worth Individual) con sede nell’ASEAN ed attualmente interessati ad opportunità di investimenti immobiliari, nella manifattura (dall’alta tecnologia alla moda), nelle reti di distribuzione (grandi magazzini), nelle operazioni logistiche, nelle imprese alimentari (per soddisfare la crescente globalizzazione delle abitudini alimentari di una classe benestante che nell’ASEAN registra un rapido sviluppo) e nello stile di vita (squadre di calcio) in Europa.

QUALE APPROCCIO ALL’ASEAN

Attraverso il percorso dell’ASEAN verso la Comunità Economica (AEC), la cui nascita è prevista per il 2015, aumentano le opportunità per le imprese occidentali di partecipare all’economia di questa parte del mondo in rapida crescita. I Governi dell’ASEAN promuovono
attivamente gli investimenti mediante agevolazioni fiscali ed altri incentivi. Dei primi 10 gruppi automobilistici, 9 hanno stabilimenti
in uno o più Stati membri dell’ASEAN: l’unico privo di una base produttiva nella regione è FIAT.

ASEAN: una filiera integrata, ma diversificata

La crescente attività delle imprese multinazionali nell’ASEAN e le loro interazioni con gli operatori locali hanno contribuito alla creazione di un sistema di filiera integrata che coinvolge tutti gli Stati membri. È interessante notare che l’ASEAN è attualmente (fonte: UNCTAD) il primo o il secondo produttore principale al mondo, per esempio, di:
– Circuiti integrati elettronici
– Unità di stoccaggio di dati informatici
– Apparecchi telefonici
– Componenti di sistemi frenanti per veicoli a motore
– Calzature (dopo la Cina)
– Camicie per uomo/ragazzo (dopo la Cina)
– Olio di palma
– Gomma
– Gas naturale (dopo il Qatar)
– Riso
– Gamberetti e scampi
– Caffè (dopo il Brasile).

Imprese come Procter & Gamble (P&G), GE e Toyota beneficiano di una simile filiera integrata, seppure diversificata, con strategie di produzione che identificano l’ASEAN come un’unica base produttiva, anziché una rete multi-Paese. Procter & Gamble ha sede regionale a Singapore, dove conduce anche attività di Ricerca & Sviluppo per un’ampia gamma di prodotti. Nell’ASEAN P&G possiede 8 centri produttivi e un’uguale quantità di cosiddetti centri di “megadistribuzione”.

Nelle Filippine gestisce un centro servizi business, che copre un terzo delle operazioni globali di P&G. La Tailandia è il centro
di marketing regionale per prodotti cosmetici, tessili e per la casa. L’intera filiera è quindi perfettamente integrata con le unità di vendita locali attraverso i Paesi dell’ASEAN.

Per esempio, per quanto riguarda la linea di prodotti per capelli di P&G, le fragranze vengono create a Singapore, l’Indonesia si occupa del packaging (mediante accordi con terzi), la Malesia lavora le materie prime e la Tailandia combina tutto in quello che è il più grande impianto di esportazione di prodotti per capelli al mondo.

Nel settore aerospaziale, GE rifornisce diversi vettori regionali dell’ASEAN attraverso operazioni dirette in Cambogia, Indonesia, Malesia, Vietnam e Singapore (che funge anche da sede regionale). È interessante notare che, con l’ovvia eccezione di Singapore, i salari medi di un ingegnere in capitali dell’ASEAN quali Giacarta (Indonesia), Phnom Pehn (Cambogia) e Hanoi (Vietnam) sono tra i più bassi in Asia, inferiori anche a quelli di Delhi e Pechino (fonte: Jetro 2012).

Toyota possiede impianti in 6 Paesi dell’ASEAN, dove impiega circa 25.000 dipendenti con una capacità produttiva di 1 milione di auto. Inoltre, gestisce 4 stabilimenti di produzione per componenti nelle Filippine, in Tailandia, Indonesia e Malesia, con un organico di circa 20.000 lavoratori. Pertanto, l’azienda si è avvalsa in misura crescente dell’opportunità di affidarsi ad un modello di filiera trasversale integrata per le auto prodotte non solo per il mercato dell’ASEAN, ma anche per altri mercati.

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