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Leonardo da Vinci e gli insostenibili dubbi inglesi sul suo genio

L’Economist mette in dubbio il genio del grande Leonardo e prova a ridimensionarne l’importanza ma non convince nessuno

Leonardo da Vinci e gli insostenibili dubbi inglesi sul suo genio

“Non mi legga chi non è matematico nelli mia principia”, risponderebbe così Leonardo da Vinci all’articolo comparso di recente sull’Economist che mette in dubbio il suo genio, e con maldestri tentativi cerca di ridimensionarne l’importanza universale. 

Che gli stranieri, soprattutto gli inglesi, abbiano spesso considerato gli italiani un po’ ignoranti, e soprattutto indegni del loro patrimonio artistico, è risaputo, ma da qui a screditare un genio italiano, patrimonio dell’umanità tutta, rasenta il ridicolo. 

L’articolo dell’Economist strizza l’occhio ad uno pubblicato negli anni’80 nel quale si sollevava timidamente l’interrogativo sull’effettiva originalità di alcune “scoperte” di Leonardo che sembravano desunte da testi antichi e dagli studi di Luca Pacioli… Se così anche fosse, non capisco quale sia il problema: di studi “matti e disperatissimi” Leonardo ne ha fatti e lo dichiara, codest’omo senza lettere che, con determinazione e con la fondamentale curiosità del ricercatore, ha confutato o migliorato intuizioni e scoperte non si è appropriato di progetti altrui come “de’ recitatori e trombetti”, semmai li ha voluti superare con personali esperimenti.

Leonardo era un empirista. E il suo metodo era quello di fare e disfare per arrivare ad una conoscenza il più precisa e puntuale, come avrebbe sostenuto, poi, Galileo, seguito a ruota da Sir Francis Bacon, grande osservatore della Natura proprio come Leonardo da Vinci al quale si ispirava. 

L’errore che fanno i detrattori di Leonardo è di considerarlo prima un pittore e poi uno scienziato, e paragonarlo a Raffaello e a Michelangelo, sostenendo il valore superiore di questi per sminuire l’altro, come fa l’Economist, significa avere una conoscenza storico-artistica sommaria (Raffaello considera Leonardo un suo maestro e guarda chiaramente alla sua tecnica pittorica, basti pensare alla Dama col Licorno e al Ritratto di Maddalena Strozzi), e mettere tre geni in una sorta di competizione al ribasso o very cheap, per dirla all’inglese, è alquanto deprimente. 

Una micro-animazione di Leonardo da Vinci

L’Economist, a riprova della necessità di ridimensionare Leonardo, fa riferimento all’esiguo numero delle sue opere portate a termine, al fallimento – “sotto gli occhi di tutti” – delle sue tecniche pittoriche (si indica il Cenacolo), e ai presunti plagi di teorie scientifiche e ingegneristiche. Fatta eccezione, continua l’articolista inglese, de La Monna Lisa, quadro nel quale gli si riconosce un certo talento. Mi sarei aspettata una parentesi costruttiva sul quadro più commercialmente conosciuto di Leonardo, come quella di riflettere sull’ipotesi che la donna ritratta sia Costanza d’Avalos, e aprire un dibattito-questo sì interessante-sulla vivacità culturale e artistica tra Firenze e Napoli nel Rinascimento. 

Cominciamo col dire che Leonardo non era un inconcludente, era un perfezionista, e come tale mai soddisfatto del risultato ottenuto. Può essere un limite, in un certo senso, ma va contestualizzato nell’epoca nella quale ha vissuto. Non credo sia un caso che solo nel secolo del Romanticismo, ossia nell’Ottocento, Leonardo sia stato riscoperto e rivalutato: ne incarna, infatti, l’ideale dello Sturm und Drang, del genio irrequieto e incompreso (lui stesso si lamentava di essere osteggiato. Perfino Lorenzo de’ Medici, per quanto “magnifico”, non ne comprese il talento e lo spedì come musico a Milano); empirista sì, più che idealista ma immaginifico (Leonardo pensa per immagini!) e spinto da quello Streben insaziabile, quel “volli sempre volli fortissimamente volli” di alfieriana memoria.

Nel parossismo distruttivo, l’Economist si spinge a sostenere che Leonardo, apertamente anti-clericale (?) sia stato usato dai francesi che hanno “costruito” la fama di genio per combattere l’oscurantismo clericale.  

Resto basita, alquanto: se il revival del genio di Leonardo comincia nella seconda metà dell’Ottocento, e la lotta francese all’oscurantismo clericale comincia nel secolo dei Lumi, ossia nel Settecento, o l’Economist si basa su documenti storici a noi sconosciuti, o il tentativo di smontare il genio universale di Leonardo da Vinci lascia il tempo che trova. 

William Shakespeare, un altro genio – probabilmente italiano -, scrive: “Basta una stilla di male per screditare qualunque virtù”.

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