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Legittima difesa, cosa cambia davvero con la riforma

I confini tra il diritto di difendersi in caso di aggressione violenta e tutela della vita. Il ruolo del giudice e il nodo dei risarcimenti

Legittima difesa, cosa cambia davvero con la riforma

E’ stata approvata a fine marzo la riforma della legittima difesa. I commenti sulla nuova legge si sono moltiplicati, ma restano incertezze sulla sua concreta applicazione. Quali sono i comportamenti riconducibili a una difesa legittima? Cosa cambia rispetto a prima? Quale è il ruolo del giudice? Ecco le risposte ai principali interrogativi.

Cos’è la legittima difesa

La legittima difesa è una delle cause di giustificazione previste dal codice penale, cioè una situazione che consente un comportamento che altrimenti sarebbe punito. Se si ferisce o uccide qualcuno, si viene condannati per lesioni od omicidio; se questo avviene per difendersi in maniera ragionevole, il comportamento è ammesso e non perseguito.

La difesa domiciliare

I principi generali sono rimasti inalterati nel tempo ma l’allarme sociale per i furti e le rapine in casa e sul lavoro ha portato a dettare regole particolari per la legittima difesa “domiciliare”, cioè quella in casa e sui luoghi di lavoro. Una prima riforma del 2006 ha stabilito la sussistenza della proporzionalità nei casi di difesa finalizzata a difendere l’incolumità personale. La riforma del 2019 ha esteso i limiti della difesa domiciliare, prevedendo che agisca sempre in stato di legittima difesa colui che compie un atto per respingere l’intrusione posta in essere con violenza o minaccia fisica.

Perché esiste la legittima difesa?

Per riconoscere al cittadino il diritto di difendersi da solo, quando lo Stato non può intervenire tempestivamente. La nuova legge conferma il principio generale ma cerca di rafforzarlo in relazione alle aggressioni in casa e sul lavoro.

Quando la difesa è legittima?

Non è punibile chi agisce per la necessità di difendersi dal pericolo attuale di un’offesa ingiusta, sempre che la difesa sia proporzionata all’offesa. In pratica, se qualcuno viene aggredito, può difendersi fisicamente ma a condizione che ciò sia indispensabile (per l’assenza di un’alternativa non lesiva per l’aggressore) e nei limiti dell’entità dell’aggressione (in riferimento al rapporto tra il danno minacciato e quello che si infligge all’aggressore).

I casi concreti

In generale, se l’aggressore sta scappando, non si può colpirlo alle spalle. Se si viene aggrediti a schiaffi, non si può reagire sparando. Se è in corso il furto di un’auto senza passeggeri a bordo, non si può ferire il ladro. Ma spesso le situazioni sono difficili da inquadrare e i giudici hanno un ampio margine di interpretazione, specie per la difesa in casa e sui luoghi di lavoro. La nuova legge ha cercato di limitare gli spazi di interpretazione del giudice, con riferimento alla difesa domiciliare, ma l’intento sembra realizzato solo in parte, residuando comunque ampi margini di valutazione giudiziale.

Cos’è cambiato per la difesa domiciliare?

La legge del 2006 prevede che la reazione difensiva “domiciliare” sia considerata comunque proporzionata se venga compromessa l’incolumità delle persone. La nuova disciplina del 2019 introduce una novità: per difendersi in casa e sul lavoro non è più necessario essere “costretti” dalla “necessità” di reagire contro un “pericolo attuale”, con il vincolo di una “difesa proporzionata all’offesa”. Basta che si reagisca a un’intrusione violenta o minacciosa.

Cos’è un’intrusione violenta o minacciosa?

Lo definiranno i giudici. Si deve trattare comunque di un ingresso nei luoghi di vita, realizzato con mezzi o modi violenti. Non è chiaro tuttavia se sia sufficiente la violenza sulle cose o serva quella, esercitata o potenziale, sulle persone. In pratica, basta entrare rompendo una finestra o forzando una porta? Oppure è necessario che l’aggressore si introduca con un comportamento aggressivo verso le persone?

E’ vero che si può sparare al ladro che entra in casa?

Dipende. Per le regole precedenti è legittimo utilizzare un’arma se è in gioco l’incolumità personale. Per le nuove regole, si può sparare in tutti i casi di intrusione violenta o minacciosa. In teoria, anche se la violenza riguardi solo le cose e senza che sia coinvolta l’incolumità personale. Ma sul punto non vi sono certezze. Se i giudici riterranno che sia comunque necessario un possibile danno per le persone, di fatto cambierebbe poco rispetto alle regole precedenti.

Ma si difende il domicilio o la persona?

Non è chiaro. Un’ipotesi è che si sia introdotto in Italia un sistema analogo a quello americano, che consente di difendere il domicilio in quanto tale, a prescindere dall’incolumità delle persone. Una lettura costituzionalmente conforme potrebbe portare a ritenere che, anche dopo la nuova legge, la reazione sia legittima solo quando funzionale alla difesa dell’incolumità delle persone. Ma la questione resta aperta e probabilmente giungerà al vaglio della Corte costituzionale.

Se si reagisce in maniera sproporzionata all’intrusione?

Se si spara al ladro o al rapinatore, in assenza delle condizioni di legge, si può rientrare nell’eccesso colposo di legittima difesa. Cioè in una situazione in cui la reazione va oltre il giusto, non per volontà ma per valutazione sbagliata o reazione eccessiva.

Che succede se si esagera nella reazione?

Si applicano le norme sull’eccesso colposo di legittima difesa, che sono state rinnovate, escludendo la punibilità nei casi in cui l’aggredito abbia reagito in stato di grave turbamento a causa di un pericolo in atto, per difendere l’incolumità propria e altrui nei luoghi di vita e lavoro. Rispetto alla vecchia disciplina, l’introduzione del riferimento al “grave turbamento” costituisce un fattore di maggior tutela per l’aggredito, estendendo l’ambito di applicabilità dell’eccesso colposo di legittima difesa.

Cos’è il grave turbamento?

Una sorta di sconvolgimento emotivo, in grado di alterare la percezione della realtà, di ingenerare paure sovradimensionate, di scatenare reazioni compulsive. Una momentanea perdita di ragionevolezza, da valutare e ponderare caso per caso, persona per persona, processo per processo. Non un lasciapassare per una reazione armata.

L’intervento della magistratura è sempre necessario?

Sì. Sia per i casi di difesa domiciliare che per quelli di eccesso colposo. I giudici potranno svolgere sommari accertamenti e procedere a un’archiviazione o potranno dare luogo a processi per accertare le responsabilità penali dell’aggredito.

Stop ai risarcimenti

La riforma prevede un’esenzione dalla responsabilità civile per coloro che si difendono, nei limiti stabiliti dalla legge, da intrusioni domiciliari violente. La disposizione replica quanto già previsto per tutte le cause di giustificazione, che rendono un fatto lecito non solo ai fini penali ma anche a quelli civili. Rispetto alla disciplina precedente non ci sono novità: si ribadisce il principio generale, in relazione alla nuova configurazione della difesa domiciliare.

Risarcimenti diminuiti per l’eccesso colposo

La nuova legge prevede che, nei casi di eccesso colposo di difesa domiciliare, si possa disporre un’indennità a favore del danneggiato, la cui misura è rimessa all’apprezzamento del giudice, tenuto conto dell’episodio concreto. La disposizione cambia le regole con l’intento di proteggere maggiormente l’aggredito, chiamato a corrispondere un’indennità ponderata su vari fattori, tra cui la corresponsabilità dell’aggressore. In sostanza, sulla base della prassi in materia, sono prevedibili esborsi in misura ridotta rispetto all’ammontare di un risarcimento ordinario.

La riforma diminuirà i furti e le rapine?

E’ possibile che la riforma abbia un effetto deterrente, per il timore dei rischi aggravati di un’intrusione domestica.

Controindicazioni?

Può incrementarsi la diffusione delle armi. Possono aumentare i fatti violenti, sia per la reazione armata degli aggrediti, anche oltre le effettive necessità di difesa personale, sia per un possibile aumento degli aggressori armati, in relazione al rischio di imbattersi in aggrediti armati.

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