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Legge Salvamare: premi ai pescatori che ripuliscono l’acqua dai rifiuti

I pescatori potranno portare a terra la plastica recuperata. I porti attrezzeranno banchine per custodire i rifiuti e l’Arera stabilirà le tariffe per lo smaltimento.

Legge Salvamare: premi ai pescatori che ripuliscono l’acqua dai rifiuti

Se vedi una plastica dalla barca raccoglila e portala a terra. È il nuovo passaparola dei pescatori italiani. Si sentono partecipi di un progetto industriale di economia circolare anche se non hanno ancora la certezza che tutto vada come hanno sperato. Sono mobilitati, questo è certo, dopo il varo del disegno di legge sul recupero della plastica in mare. Il governo ha impiegato del tempo prima di approvare un testo che oltre agli aspetti ambientali intende tutelare la filiera della pesca nostrana. Un settore vitale dell’economia, al quale Confindustria dedica un workshop il 17 maggio prossimo a Roma nell’ambito di EXCO2019 (la Fiera Internazionale per la Cooperazione allo Sviluppo Sostenibile).

Il valore economico della pesca italiana sfiora i 62 milioni di euro e la plastica galleggiante nel Mediterraneo ha raggiunto ormai le 90 tonnellate. Cifre altissime in mano al Ministero dell’Ambiente che ora ha il compito di portare a termine l’iter. Il provvedimento deve diventare legge al più presto per non vanificare gli sforzi sin qui compiuti. L’attesa degli operatori è di avere il testo in Gazzetta Ufficiale entro l’estate. A giugno è prevista la discussione alla Camera dei Deputati. Per il Ministro Costa e l’intero governo, è obbligatorio passare dalle enunciazioni ai fatti. Lanciare un segnale di attenzione verso chi del mare vive e che finora, in tema di recupero delle plastiche in mare, ha rischiato grosso. I pescatori potranno portare a terra la plastica ritrovata nelle reti o avvistata e prelevata, senza nessuna sanzione e cambiando completamente approccio. Non si volteranno più dall’altra parte quando avvisteranno cose dannose per le acque, temendo di dover caricare di costi impropri le loro microaziende.

È un cambio di passo importante, perché fino a ieri i pescherecci erano costretti a ributtare in mare tutto ciò che trovavano. I pesci a terra e i flaconi in acqua. Un paradosso per un Paese bagnato per 2/3 dal mare per una serie di norme assurde. Se le barche avessero portato sulle banchine dei porti quanto rinvenuto, l’equipaggio sarebbe stato denunciato per trasporto illecito di rifiuti. I pescatori considerati produttori di rifiuti ed obbligati a sostenere i costi per lo smaltimento. Con il nuovo testo di legge, invece, si potrà portare a terra la plastica, classificata ora rifiuto al pari di quelli prodotti dalle navi. I porti dovranno attrezzarsi con moderne isole ecologiche per le quali si apre un nuovo mercato dell’impiantistica a bordo banchina.

Finisce l’era della deresponsabilizzazione dal ripulire le acque nelle quali lavorano ogni giorno migliaia di persone su centinaia di imbarcazioni. E sono gli stessi pescatori a ricordare che una busta di plastica avvistata resta in mare per 20 anni. Spazzini del mare sono stati, allora, definiti coloro che faranno il proprio dovere ecologico nella speranza di ottenere anche delle premialità. Ed era ora che ci fossero, per incentivare un lavoro green e cambiare radicalmente il sistema.

Innanzitutto l’Autorità per l’energia, le reti e l’ambiente (Arera) dovrà stabilire i criteri per una componente della tariffa per i costi di gestione dei rifiuti pescati. Poi un decreto interministeriale indicherà i premi economici per armatori e pescatori che ripuliscono le acque. Indicazione quest’ultima già arrivata dall’Ue e che l’Italia ha disatteso.

Gli aspetti economici dei principi di sostenibilità della pesca sono rimarcati, inoltre, dalle associazioni di categoria. Ricordano che tutta la filiera di pescato “sarà adeguatamente riconoscibile e riconosciuta” in un Mediterraneo, mare semichiuso dove sono stati censiti 250 miliardi di frammenti di plastica (7% della microplastica globale) con 70 specie di pesci contagiate da indigestioni di plastiche. Uno stimolo a fare ancora meglio ed economicamente più efficace è arrivato nei giorni scorsi dall’eurodeputata Pd, Simona Bonafè, che ha chiesto al governo italiano di recepire anche la direttiva europea sul divieto di uso della plastica monouso. Un altro tassello da aggiungere ad una strategia di tutela e conservazione delle acque marine. I vantaggi economici sono indubbi per limitare gli eccessi nelle attività legate al mare. Ma come fanno i pescatori in queste settimane, basta solo aspettare la discussione in Parlamento e il varo definitivo della legge.

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