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Le Borse premiano i ribelli del calcio: la Juventus vola

Il progetto della Super League scatena la dura reazione dei politici e degli esclusi mentre la Uefa annuncia azioni legali. In ballo una montagna di denaro e il futuro del pallone post Covid

Le Borse premiano i ribelli del calcio: la Juventus vola

Almeno in Borsa la Juventus ha fatto il goal invano atteso domenica sul campo dell’Atalanta. In Piazza Affari le azioni del club viaggiano attorno alle 12 con un rialzo del 13% circa a quota 0,80 euro, di gran lunga in testa all’indice. Un balzo giustificato alla luce dell’annuncio dell’adesione al progetto della Super League che minaccia di sconvolgere dalle fondamenta le regole del calcio europeo. E’ una reazione più che comprensibile alla luce della pioggia di quattrini che potrebbero arrivare al club bianconero nella nuova realtà, garantita dalla presenza della prima banca mondiale, l’americana JP Morgan.

MEZZO MILIARDO A TESTA PER OGNI RIBELLE

 Secondo il progetto, i 12 club interessati alla Super Lega potranno contare, innanzitutto, su 3,5 miliardi di euro per attrezzare le proprie strutture alle esigenze dello spettacolo globale. Inoltre, sono previsti premi di ingaggio tra 100 e 350 milioni di euro per ciascuna squadra che, secondo i “ribelli”, potranno/dovranno partecipare non solo alla SuperLega ma anche ai campionati nazionali. Non solo.  A fronte di un potenziale giro d’affari complessivo di 4 miliardi di euro, ogni club riceverà un contributo fisso di 264 milioni di euro all’anno, qualunque sia il risultato sportivo.  Per la sola Juventus, ma il ragionamento vale anche per Inter e Milan, il guadagno potenziale viaggia attorno al mezzo miliardo di euro, ovvero più o meno il 50% in più rispetto alla valutazione attuale del club torinese. 

Di qui il rialzo, pur frenato dalla robusta opposizione che il blitz dei “ricchi pallonari” sta suscitando in giro per l’Europa del soccer, a partire dall’Uefa e dalle federazioni coinvolte (Italia , Spagna e, soprattutto, la potentissima Premier League)  per coinvolgere il mondo politico e, naturalmente, la rabbia degli esclusi, Roma e Napoli in testa nel Bel Paese ma anche altri, con effetti paradossali: perché sì alla Juve di Andrea Agnelli e non all’Ajax di Edwin van der Sar, ex portiere bianconero, che rappresenta un club che ha vinto quattro Champions?

UN TORNEO PER VENTI. “MA QUATTRINI PER TUTTI” DICE PEREZ

Cerchiamo di far chiarezza. Domenica è venuta allo scoperto l’alleanza tra 12 club di prima grandezza: 3 spagnoli (Real Madrid, Atletico e Barcelona), 3 italiani (Juventus, Inter e Milan) e 6 inglesi (Arsenal, Chelsea, Liverpool, Manchester City e Manchester United, Tottenham). Le società si sono associate per costituire una nuova competizione calcistica infrasettimanale, la Super League, governata dai club fondatori in grado di prendere il posto della Champions League, la più redditizia controllata dall’Uefa. Alla Super League parteciperanno 20 squadre: tre raggiungeranno i fondatori (mancano all’appello Psg e Bayern per il no delle federazioni francese e tedesca) più cinque squadre selezionate in base ai risultati. Il presidente della Super League, il numero uno del Real Madrid Florentino Perez, ha voluto sottolineare che ci guadagneranno tutti perché il sistema prevede una sorta di sussidiarietà: svariati miliardi di euro verranno riversati nel resto del sistema, duramente provato dalla pandemia.  

ANDREA AGNELLI: “CON IL COVID IL CALCIO DI BASE È FERMO”

Andrea Agnelli, uno dei vicepresidenti, che ha abbandonato le cariche nell’Eca (l’associazione dei club in seno all’Uefa) insiste sulle condizioni del sistema dopo il Covid-19: “Il calcio di base si è fermato, i campi sono chiusi e molti di essi non riapriranno perché le loro risorse sono prosciugate per sempre. La facilità di accesso del calcio, quello che ha portato tutti noi ad amare questo gioco è messa a repentaglio dalle norme di distanziamento e da un desiderio di emulazione diminuito dall’immagine di stadi vuoti, quindi tristi”. “Oggi il Covid – continua – non ha solamente innescato un quadro recessivo imponente (solo per il calcio europeo si parla di ricavi mancati di circa 6,5 miliardi di euro nel biennio ’19-’21), ma ha generato una crepa profonda nel monolite. Una crepa nella quale la base della piramide ha dovuto bloccarsi repentinamente. I dilettanti non giocano quasi più, i giovani non si avvicinano allo sport e i consumatori devono selezionare necessariamente molto più di prima. Nel frattempo, si affaccia definitivamente la nuova generazione Z, che ha valori, oltre che interessi, molto diversi”. Di qui la necessità di ridare il giocattolo nelle mani dei protagonisti, degli investitori e degli appassionati.

I BIG PUNTANO AD IMITARE LA NBA

In realtà per ora quasi tutti si sono schierati contro l’evoluzione all’americana predicata dai “rivoluzionari” non a caso spesso espressione di gruppi finanziari asiatici o nord americani, spesso freddi di fronte alle tradizioni del sistema. Come si fa a chiedere ai proprietari del Manchester United, la famiglia Glazer, ad investire per battere lo Sheffield o i Queens Park Rangers? I proprietari del Liverpool, gli americani del Fenway Sports Club che possiedono anche i Boston Red Sox , mirano a creare un gruppo leader nell’entertainment, che comprenda anche Lebron James. Ma chiedono regole all’americana: niente retrocessioni, franchigie cui attribuire un valore patrimoniale ben definito, mangari l’introduzione del salary cap. 

SQUALIFICHE? L’ANTITRUST DICE NO 

Ma andrà proprio così? Oppure la durissima reazione dell’Uefa e delle leghe nazionali imporrà un compromesso o addirittura un passo indietro? La minaccia è di escludere gli “scissionisti” dai campionati nazionali mentre i giocatori sarebbero automaticamente out dalle squadre nazionali a partire dai mondiali. Un fuoco di fila temibile, a prima vista, ma non così efficace. I congiurati, che hanno alle spalle oltre a JP Morgan i migliori studi legali del pianeta, sono pronti a dar battaglia grazie alle leggi sull’antitrust. Inoltre, i trattati europei sulla libera circolazione dei lavoratori prevedono l’idea della concorrenza tra le varie competizioni sportive.

Già circola un precedente destinato a fare scuola: due pattinatori olandesi, minacciati di espulsione dalla squadra nazionale per aver partecipato ad un torneo privato, hanno vinto sia in primo grado che, a dicembre, in appello presso la Corte di Giustizia europea in Lussemburgo. Inoltre l’Eurolega di basket ha ormai esautorato le varie federazioni nazionali. Insomma, i ribelli hanno buone carte da giocare. 

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