Condividi

La Scala agli arabi: già versati 3 milioni, lunedì il Cda

In attesa del Cda si inasprisce lo scontro: il Sovrintendente Pereira avrebbe di fatto già chiuso l’accordo con Riad e incassato una prima tranche – Pereira scade nel 2020, ecco i possibili successori.

La Scala agli arabi: già versati 3 milioni, lunedì il Cda

La Scala di Milano alla resa dei conti sulla questione dell’ingresso del governo dell’Arabia Saudita nel capitale del teatro d’opera meneghino. In attesa del decisivo Cda di lunedì 18 marzo, con una parte del board che ha già fatto intendere che voterà a favore (anche se rimane aperta la questione dell’ingresso dei sauditi nei vertici e della nomina a socio fondatore), pare che il fatto sia stato in realtà già compiuto. E da tempo. Gli arabi infatti hanno già versato nelle casse del Teatro alla Scala la prima tranche dei 15 milioni previsti dall’accordo, che stando allo statuto della Fondazione potrebbe addirittura aprire ai sauditi la strada di un posto tra i soci fondatori del massimo teatro lirico italiano, con tutte le polemiche politiche del caso, visto che Riad è da tempo nell’occhio del ciclone dell’opinione pubblica internazionale per il caso Kashoggi e le violazioni dei diritti umani.

Si tratta di una tranche da 3,1 milioni, che sono stati depositati in un conto transitorio da un notaio, in seguito a un accordo con i rappresentanti del ministero della Cultura saudita che il Sovrintendente Alexander Pereira avrebbe firmato già a gennaio. Questa circostanza rischia di inasprire ulteriormente lo scontro, visto che alcuni componenti del consiglio di amministrazione avevano messo in guardia il sovrintendente sul concludere la trattativa e che lo stesso sindaco Beppe Sala aveva chiesto una tregua proprio in vista della riunione del Cda. L’intesa, nel merito, prevede due concerti dell’orchestra scaligera a Riad, nell’auditorium di proprietà della compagnia petrolifera Saudi Aramco (dove nel 2020 sarà eseguita La Traviata in forma di concerto diretta da Zubin Mehta) e la creazione di un’accademia per formare musicisti, giovani coristi, ballerini e cantanti. In cambio è prevista una donazione di tre milioni di euro ogni anno per cinque anni, più altri centomila euro annui per lo stesso periodo.

Una simile donazione, oltre al tema etico e politico, apre anche una questione sulla governance, visto che lo statuto della Fondazione consente la nomina a socio fondatore del teatro, a patto, però, che la candidatura venga presentata da un socio già effettivo e che venga approvata dall’assemblea. Ad essere più contraria a questa ipotesi è la Regione Lombardia, rappresentata nel cda da Philippe Daverio e favorevole a una collaborazione culturale, ma non all’ingresso dei sauditi tra i soci della Scala. Dello stesso avviso sarebbero anche Francesco Micheli, che è uno dei due rappresentanti del governo, e Alberto Meomartini mentre il sindaco Sala, che guida la Fondazione, è stato più ecumenico e ha dichiarato che il sì all’accordo ci sarà solo se passerà all’unanimità. A questa spinosa vicenda si sovrappone, oltretutto, quella della nomina del successore di Pereira, il cui contratto scade nel 2020.

Tra i nomi in lizza ci sono quelli di: Carlo Fuortes, attuale sovrintendente all’Opera di Roma; Dominique Meyer della Staatsoper di Vienna; Serge Dorny dell’Opera di Lione; Filippo Fonsatti, attuale direttore del teatro Stabile di Torino; Peter Gelb che dal 2006 è il sovrintendente del Metropolitan di New York; e Fortunato Ortombina, alla guida de La Fenice di Venezia. Proprio Ortombina, in una recente intervista rilasciata a FIRST Arte, non ha voluto commentare le indiscrezioni sulla sua possibile nomina, ma si è però dichiarato non contrario all’ingresso del capitale saudita: “Quindici milioni sono tanti, ma ci sono anche altri investitori, non sarebbe comunque una quota di maggioranza. E comunque io credo nella sovranità della musica italiana: non dobbiamo avere paura di nessuno, nemmeno degli arabi. Il problema è casomai politico, ma non riguarda l’italianità della Scala”.

Commenta