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La rivoluzione dei Missoni e la leggendaria storia di Tai e Rosita

Con l’arrivo dei Missoni sulla scena della moda, la maglieria non è stata mai più la stessa. Tutti hanno dovuto fare i conti con questa coppia creativa di imprenditori, Ottavio e Rosita, che ha rivoluzionato per sempre il settore utilizzando fantasia e colore – Lo scandalo delle mutandine delle modelle – Da Palazzo Pitti a Milano – La moda? “Braghe e majon”

La rivoluzione dei Missoni e la leggendaria storia di Tai e Rosita

Con l’arrivo dei Missoni sulla scena della moda, la maglieria non è stata mai più la stessa. Tutti hanno dovuto fare i conti con questa coppia creativa di imprenditori (Ottavio e Rosita) che ha rivoluzionato per sempre il settore utilizzando fantasia e colore.

Ottavio dopo la guerra aveva messo a frutto l’esperienza atletica producendo tute sportive. Rosita Jelmini è di famiglia tessile lombarda, buon dna dunque e un carattere dolcemente di ferro. I due si innamorarono (galeotta fu l’Olimpiade di Londra nel 1948) e si scoprirono entrambi molto creativi e bravi imprenditori. Agli esordi della vita carriera, nel 1953, aprirono un laboratorio a Gallarate, terra della famiglia di lei. Intanto, mentre arrivavano i figli, lavoravano e lavoravano. Furono notati quando presentarono la collezione in una manifestazione milanese e la Rinascente commissionò 500 abiti a righe. Ma la fantasia superava le caratteristiche dei macchinari: i Missoni non riuscivano ancora a fare quello che avevano in mente. Ci lavorarono sopra, come veri artigiani, rinnovarono e migliorarono la produzione, crearono le possibilità tecniche della loro moda senza precedenti. Erano vestiti ma anche berrettini a calottina, gonne e soprabiti, pantaloni fluenti e cardigan da sera, tutto combinato con gusto innovativo.

Venne il momento di sfilare in grande: passarono prima per il Pitti di Firenze, che allora era la passerella di tutto il made in Italy, ma quasi subito si spostarono su Milano. A convincerli fu un episodio che adesso farebbe sorridere ma che allora, era il 1967, fece scalpore. Rosita aveva deciso di far togliere le mutandine alle modelle perché, all’ultimo momento, si era accorta che segnavano la sottile maglia dei vestiti aderenti. Ma non si era resa conto che le luci della sfilata avrebbero creato un effetto trasparenza e il ‘nude look’ venne criticato dai vertici del Pitti. Fu così che Tai e la moglie colsero l’occasione per abbandonare Firenze e andare a sfilare vicino casa, in quella Milano che sarebbe diventata, anche grazie a loro, il cuore del nuovo pret-a-porter italiano. Scelsero la moderna piscina Solari e, in quell’inusitato ambiente tutto vetro e acqua, conquistarono un grande successo che si propagò a livello internazionale. In famiglia raccontavano di quando Diana Vreeland, potente direttore di Vogue Usa, vide la collezione e urlò: “Ma allora il colore esiste davvero!”.

Nel 1969 i Missoni si spostarono a Sumirago, sempre nel varesotto, stabilimento e abitazione l’uno accanto all’altro, un’opera di architettura moderna, luminosa, colorata e pensata in famiglia. In questo ambiente ‘casa e bottega’ da veri artigiani, Tai e Rosita hanno cresciuto i tre figli, tutti ben presto impegnati in azienda, e insieme hanno percorso la strada del successo mondiale che è arrivato pienamente già all’inizio degli anni 70: arazzi coloratissimi, patchwork e righe, jacquard fiammati e il famoso ‘put togheter’, espressione con cui Ottavio spiegò agli americani che si trattava di ‘mettere insieme’ fantasie di punti e colori che mai nessuno avrebbe osato accostare, in un caleidoscopio di motivi e tinte.

L’originalità e la riconoscibilità di questa moda senza ‘logo’ hanno portato i Missoni nei più importanti department store ma anche nel musei di tutto il mondo. Già nel 1969 perfino il pittore Balthus aveva definito Ottavio “maestro del colore” sottolineando così quell’aspetto artistico che ha sempre caratterizzato la maglieria della maison. Non si contano le mostre dedicate all’arte di Tai, di Rosita e della loro famiglia speciale: solo per citarne alcune, dalla retrospettiva del 1978 al Whitney Museum di New York per i primi 25 anni di carriera a quella di Tokyo, dalla ‘Missonologia’ della Permanente di Milano alla celebrazione del Victoria & Albert Museum di Londra per il mezzo secolo di attività.

Quando la coppia dei fondatori, ormai carica di riconoscimenti, lasciò il campo ai tre figli, era il 1997. Angela ha ben presto preso in mano la creatività del marchio; Vittorio, fino alla sua scomparsa nei cieli venezuelani il 5 gennaio scorso, ha retto l’amministrazione del gruppo, Luca si è sempre più dedicato agli eventi e all’arte. I genitori non erano però andati in pensione, Ottavio continuava ad avere il suo studio in azienda e Rosita si è sempre occupata intensamente del settore casa.

La Missoni spa, saldamente in mano alla famiglia, aveva chiuso il bilancio 2011 con 70 milioni di euro di fatturato, ma il giro d’affari grazie alle licenze è molto più ampio. Oggi il marchio non è solo maglieria anche se questa resta la sua bandiera: è moda nel senso completo dei materiali, dai capi per uomo e donna, di prima e seconda linea, dagli accessori ai costumi da bagno, dalla moda sport a quella per bimbi, dall’arredo agli alberghi, un vero lifestyle italiano che continua ad affascinare il mondo. Al cuore di tutto questo, lo spirito di Ottavio, il dalmata sportivo e gentile, elegante e ironico che negli anni 90, alla cronista che chiedeva cosa fosse per lui la moda, rispose ridendo: ‘Braghe e majon’’, insomma solo calzoni e maglia, in fondo…

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