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La reazione a catena della Scozia al voto: il Sì potrebbe spingere Londra fuori dall’Unione europea

Il Sì alla secessione avrebbe limitati impatti di breve periodo ma il voto potrebbe avere una portata più ampia di quanto inizialmente si potrebbe pensare – Philpot (State Street Global Advisors): “Aumenterebbero le probabilità che Londra lasci la Ue, in Scozia c’è una maggiore proporzione di Eurofili” – In Borsa “Resto del Regno” batte “Scotsie”.

La reazione a catena della Scozia al voto: il Sì potrebbe spingere Londra fuori dall’Unione europea

L’incognita sull’indipendenza della Scozia sta guadagnando spazio sui mercati. Se l’impatto di un Sì del referendum all’indipendenza breve termine non dovrebbe essere troppo negativo, le implicazioni di lungo periodo, come per esempio le ripercussioni sulla permanenza o meno dell’Inghilterra nella Ue, indicano che il voto potrebbe avere una portata più ampia di quanto inizialmente si potrebbe pensare. Per John Philpot, a capo del reddito fisso europeo di State Street Global Advisors, “ci sono diversi scenari che potrebbero emergere e che potrebbero impattare non solo sulla Scozia ma sul posizionamento globale del Regno Unito e sulla sua futura direzione”.

LA SPALLATA AL VOTO INGLESE SULLA UE

Il governo britannico ha infatti già annunciato da tempo un referendum sulla permanenza o meno nell’Unione europea il cui esito potrebbe essere determinato da quello che accadrà il 18 settembre a Edimburgo. “Se la Scozia votasse per l’Indipendenza – spiega Philpot – aumenterebbero le probabilità che Londra lasci la Ue perché in Scozia c’è una maggiore proporzione di Eurofili che nel resto del Regno Unito”. Così nei prossimi anni potrebbe verificarsi uno scenario in cui una Scozia indipendente prova a entrare a far parte dell’unione europea mentre il resto del Regno Unito cerca di uscirci. “Per le società britanniche c’è in ogni caso molto in gioco”, dice Philpot.

D’altra parte, già da tempo un certo grado di indipendenza era stato riguadagnato attraverso una grande devoluzione di poteri a Edimburgo: il governo scozzese ha già il controllo diretto sull’educazione, la salute, i trasporti e il turismo. Il voto del 18 punta a eliminare completamente i legami rimanenti rendendo la Scozia responsabile anche di tutto il resto: dalla difesa al commercio, dall’energia alla politica estera.

“Se gli aspetti emotivi della questione sono diversi, ancor più lo sono quelli economici – fa notare Philpot – sebbene ci siano diversi report che suggeriscono che una Scozia indipendente aavrebbe una situazione finanziaria più debole (si tratta di Fitch, Citi, Institute of fiscal studies), altri, come per esempio S&P, sottolineano la potenziale forza di una Scozia indipendente”. Quest’ultima agenzia di rating ha infatti indicato che emetterebbe il suo più alto giudizio di rating a Edimburgo indipendente, anche senza tenere in considerazione il petrolio e il gas del Mare del Nord.

QUALE SOLIDITÀ FINANZIARIA

In termini di Pil pro capite la Scozia se la cava bene. Nel 2011 era la terza regione nel Regno Unito, dietro solo a Londra e al SudEst. Se si aggiunge la quota scozzese della produzione del Mare del Nord, il Pil pro capite di Edimburgo aumenta al 118% della media di quello inglese.”In ogni caso – spiega Philpot – i ricavi dle petrolio non sono un elemento così solido per la Scozia come lo erano stati in passato per l’Unione. La continua caduta della produzione significa che la futura posizione finanziaria della Scozia  non è destinata a beneficiarne significativamente.

Valutando la situazione in modo più conservativo, non prendendo cioè in considerazione il petrolio, l’equilibrio finanziario è stato in deficit nel periodo dal 2008-2009 al 2012-2013, tra il 13 e il 17% del Pil. Si capisce che la Scozia ha un deficit fiscale significativamente più alto che il Regno Unito, di circa un extra 5-6% del Pil”. La popolazione scozzese è circa un decimo di quella del resto del Regno Unito, 5,3 milioni di persone contro 57,9. Si tratta di un’economia confrontabile con quelle di Singapore, Danimarca e Malesia.

STERLINA O NUOVA VALUTA?

“L’impatto di breve termine – continua Philpot – è probabile si traduca soprattutto in un indebolimento della sterlina. E’ infatti ancora in corso un acceso dibattito tra il fronte del Sì e del No se la Scozia debba essere autorizzata a usare la sterlina”. I tre principali partiti politici del Regno Unito hanno per il momento escluso questa  opzione, ma lo Scottish national party insiste che Edimburgo possa usare la sterlina. Si tratta di un aspetto che farà parte dei negoziati se il fronte del Sì si proverà vittorioso. “Altri appuntamenti, come le elezioni generali del Regno Unito del maggio 2015 e il Referndum sull’euro, potrebbero essere maggiormente dannosi per la sterlina”, rileva Philpot che aggiunge: “La Scozia potrebbe tenere la sterlina come no. Ci sono diverse opzioni su come la Scozia potrebbe avere la propria valuta, molte delle quali rese confuse dalla retorica della campagna politica e da pragmatismi di scarsa importanza”.

Per quanto riguarda i titoli di Stato britannici, i Gilt, Philpot  non si aspetta che soffrano un significativo deterioramento di liquidità o un aumento dei tassi di rendimento. “Ci potrebbero essere sfumature per alcune emissioni da parte delle utility a seconda di quali misure di inflazione verranno seguite – precisa – Comunque, gli spread dei Cds sono al livello più basso mai registrato da prima del fallimento di Lehman, con la Gran Bretagna (20 punti base) che è il quarto paese al mondo più sicuro, dietro a Svezia (16 punti), Norvegia (14 punti) e Stati uniti (18 punti). “Crediamo  che il mercato dei Gilt continuerà a funzionare bene indipendentemente dal risultato – aggiunge Philpot – ma gli invetsitori dovrebbero essere preparati a monitorare lo scenario in arrivo”.

SCOTSIE CONTRO RESTO DEL REGNO

Per quanto riguarda il fronte scozzese, ci si attende invece che una Scozia indipendente paghi un premio più alto per finanziarsi rispetto al resto del Regno Unito. In ogni caso, dal prossimo anno anche sotto l’attuale Unione, la Scozia emetterà il suo proprio debito destinando i ricavi a progetti infrastrutturali. “Si tratta inizialmente di un finanziamento fino a 2,2 miliardi di sterline – dice Philpot – Ci potrebbe essere un premio anche senza l’indipendenza. Ma qui dobbiamo aspettare e vedere cosa succede”.

Sul fronte azionario, invece, la situazione è un po’ diversa: il contronto tra l’indice Ftse inglese e un eventuale equivalente scozzese non dipinge uno scenario roseo. “Sul fronte scozzese – rileva Philpot – c’è stato un impatto devastante dovuto alla performance delle banche scozzesi. Lo Scottish Herald ha reso noto uno studio della London Business school che ha cercato di determinare come le 100 società scozzesi al momento quotate a Londra se la sarebbero cavata. Hanno visto che una sterlina investita nello “Scotsie” nel 1995 avrebbe generato 648 sterline  mentre nel “Resto del Regno Unito” sarebbe salito a 1.168 sterline”.

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