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Juve e Inter, le sconfitte fanno traballare le panchine: Allegri e Inzaghi restano fino ai Mondiali, e poi?

Allegri e Inzaghi nella bufera – Il rosso di bilancio di 250 milioni spinge la Juve a evitare per ora l’esonero, mentre i tifosi interisti contestano la proprietà cinese

Juve e Inter, le sconfitte fanno traballare le panchine: Allegri e Inzaghi restano fino ai Mondiali, e poi?

Allarme bianconerazzurro. La parola crisi aleggia su Juventus e Inter come uno spettro maligno, da scacciare subito per non farsi fagocitare del tutto. Sin qui il cammino delle due big, in estate accreditate da molti come favorite per lo Scudetto, è stato molto deludente, sia in campionato che in Champions: la logica conseguenza è che i due allenatori siano finiti sul banco degli imputati, in un processo che li vede già condannati da buona parte di critica e tifosi. Allegri e Inzaghi, per ora, incassano la fiducia delle rispettive società, anche se più per questioni economico-contrattuali che tecniche: prova ne è che entrambi hanno la dead-line del Mondiale per rialzarsi e tornare a vincere, altrimenti si ritroveranno a spasso.

Crisi Juve: il bilancio negativo record (-254 milioni) salva Allegri, almeno per ora…

La crisi più profonda riguarda la Juventus, se non altro perché ancora a zero punti in Champions, oltre che più indietro nella classifica di Serie A. I numeri non mentono e ci raccontano di una Signora capace di vincere solamente due partite in stagione (su nove), peraltro senza brillare, a fronte di quattro pareggi e tre sconfitte. Le ultime con Benfica e Monza hanno certificato lo stato d’allerta, alla luce di due prestazioni sconcertanti, a prescindere dalla forza dell’avversario.

Al Brianteo, contro l’ultima in classifica, ci si attendeva una prova gagliarda quantomeno dal punto di vista del carattere; invece, i bianconeri non sono praticamente mai riusciti a essere pericolosi, finendo per incassare un ko davvero clamoroso, oltre che umiliante. L’hashtag #Allegriout però spopolava già da diverse settimane e ad alimentarlo erano stati proprio i tifosi juventini, evidentemente stufi della sua gestione.

Max, profeta del “risultatismo” per eccellenza, sta venendo a mancare proprio sul suo punto di forza, ovvero le vittorie e questo fa sì che gli restino pochissimi argomenti di difesa. Il gioco, infatti, non è mai stato il suo primo pensiero, così come la creazione di un progetto a lungo termine e la valorizzazione dei giovani. Argomenti che Nedved aveva già messo sul piatto nel 2019, convincendo Agnelli a cambiare nonostante 5 Scudetti, 4 Coppe Italia e 2 Supercoppe Italiane, oltre a due finali di Champions (perse).

Nel 2021 invece, complici i fallimenti dei progetti Sarri e Pirlo (che però hanno vinto Scudetto, Coppa Italia e Supercoppa), il presidente ha imposto il ritorno del suo pupillo e nessuno ha osato opporsi: ora però i “falchi” tornano a farsi sentire e la sensazione è che l’alleato migliore di Allegri sia il suo faraonico contratto da 7 milioni l’anno (più bonus) fino al 2025, come ammesso candidamente dallo stesso Arrivabene.

Le cose però potrebbero cambiare se la squadra non riuscirà a invertire la rotta il prima possibile: la prematura eliminazione dalla Champions e, soprattutto, la mancata qualificazione alla prossima sarebbero ben più costose del suo esonero, il tutto in un momento storico difficile, come si evince dal bilancio approvato venerdì che ha visto un passivo di ben 254 milioni: cifra che induce a non fare colpi di testa, ma anche a intervenire qualora le cose non si sistemassero da sole.

Crisi Inter: Inzaghi ha tempo fino al mondiale, intanto la curva contesta Zhang

Atene piange, ma anche a Sparta non si ride di certo. L’Inter vive un momento altrettanto complicato, addolcito solo dai 2 punti in più in classifica e da un girone di Champions riaperto grazie al successo di Plzen. Dopo la sosta però ci sarà il doppio confronto col Barcellona e al tifoso nerazzurro, ancora scosso dal poker di sconfitte con Lazio, Milan, Bayern e Udinese, vengono già i brividi.

Inzaghi è il primo imputato, ma a differenza di Allegri può contare su una parte del tifo, che ha individuato nella proprietà cinese la vera colpevole della crisi. “Zhang vattene”, oltre che su diversi muri di Milano, è la scritta che campeggia sulle pagine social della Curva Nord e il malessere, spulciando il web, si estende anche ai cosiddetti “tifosi normali”. In sintesi: gli ultras sono contro Zhang, gli altri dividono le colpe tra lui e Inzaghi.

Insomma, non è un plebiscito come in casa Juve, ma è chiaro che il tecnico non può dormire sonni tranquilli, nonostante un contratto appena rinnovato da 5,5 milioni fino al 2024. Anche qui, proprio come nel caso di Allegri, sembra essere questo il vero motivo della fiducia, con la differenza che un esonero, per quanto oneroso, sarebbe comunque più economico.

Strana parabola quella di Inzaghi, partito fortissimo un anno fa, tanto da far dire a molti che la sua Inter era addirittura migliore di quella di Conte. Poi però, dopo un girone d’andata scintillante, ecco le prime difficoltà culminate con la perdita dello Scudetto in favore del Milan: un bello smacco, mitigato solo in minima parte dalle vittorie in Coppa Italia e Supercoppa.

Ma è in questa stagione che la storia ha virato bruscamente, complice una partenza molto stentata nella quale sono arrivate già quattro sconfitte, oltre che una serie di errori che hanno lasciato basiti critici e tifosi. In primis la gestione dei cambi con un’ossessione quasi grottesca nei confronti degli ammoniti, passando per l’ostracismo verso Gosens (da lui voluto) alla questione Correa, chiesto a gran voce per la modica cifra di 31 milioni e divenuto un flop difficile da giustificare, fino all’insolito (e potenzialmente dannoso) dualismo tra i portieri Handanovic e Onana.

Il dossier è ben chiaro anche a Marotta che però, da buon amministratore delegato, difende anzitutto i conti e spera in una scintilla che possa ribaltare gli scenari. Anche qui però, proprio come in casa Agnelli, dovrà arrivare presto: la condanna di Inter e Juventus, del resto, è quella di essere sempre al vertice.

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