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Italiani: critiche all’euro, ma nessuno vuole tornare alla lira

INDAGINE ISPO: gli italiani hanno sempre meno fiducia nell’Ue, ma chiedono più Europa – Si sentono europei, ma sono poco informati – Sono critici con l’euro, ma non intendono tornare alla lira.

Italiani: critiche all’euro, ma nessuno vuole tornare alla lira

La fiducia nell’Unione europea si è ridotta ulteriormente (nella media di quest’anno è scesa al 38% dal 64% di sette anni fa), e però il senso di appartenenza all’Europa (molto o almeno abbastanza) è avvertito da 78 italiani su cento. E fra i nostri connazionali il sentimento di essere anche cittadini europei, pur essendo elevato (oggi tocca il 73%, quattro punti in meno di un anno e mezzo fa), è comunque sensibilmente inferiore a quello che si riferisce alla cittadinanza nazionale, regionale, provinciale e comunale (attestato fra l’82% e l’84%). Sono pochi poi coloro che affermano di sapere abbastanza “che cosa fa l’Europa” (21%), e ancora meno quelli che si informano su questo tema (appena l’8%). Gli italiani infine sono convinti che l’euro ha portato più svantaggi che vantaggi all’Italia, ma considerano “un disastro per l’economia” un ipotetico ritorno alla lira.

Sono questi gli elementi di maggior rilievo contenuti nel sondaggio condotto dall’Ispo su incarico della Rappresentanza in Italia della Commissione europea, su “Gli italiani e l’UE. Un rapporto che cambia?”, presentata allo Spazio Europa a Roma. Risultati che, come si evince dai dati appena riferiti, mostrano la coesistenza nell’opinione pubblica di opinioni e sentimenti abbastanza contraddittori, pur se strettamente legati agli eventi succedutisi in questi ultimi tempi.

“Noi italiani eravamo i più favorevoli all’integrazione europea. Ma quando dall’UE ci è giunta la sollecitazione a un maggior rigore – ha spiegato il presidente dell’Ispo Renato Mannheimer nel presentare il sondaggio – la fiducia è calata”. Nel nostro immaginario collettivo, aveva detto in marzo lo stesso Mannheimer nell’interpretare sempre alla Commissione a Roma un sondaggio Eurobarometro sugli stessi temi, “l’Europa, riducendo le opportunità dei cittadini di ricavarne vantaggi, da mamma comprensiva si è trasformata in matrigna severa”.

Sia come sia, dal sondaggio presentato ora dall’Ispo si evince comunque che il livello di fiducia degli italiani nell’Unione europea è a metà classifica fra le varie istituzioni prese in considerazione. Più elevato che nei confronti, nell’ordine, del sindacato, del governo, del Parlamento e, in coda, dei partiti. Ma meno rispetto a polizia e carabinieri (al primo posto), al presidente della Repubblica, alla Chiesa cattolica e alla magistratura.

E d’altra parte non si può sottacere che, sempre sulla scorta dei risultati del sondaggio, il 51% degli interrogati considerano “una buona cosa” l’appartenenza dell’Italia all’UE; mentre il 37% sono indifferenti, e solo il 10% la ritengono negativa. L’orientamento positivo di una netta maggioranza del campione nel giudizio sull’appartenenza, poi, è rafforzata in qualche misura dalla valutazione complessiva sull’operato dell’Unione europea: che è favorevole per il 48%, anche se sfavorevole per il 42%. Segno, quest’ultimo, di “un malcontento abbastanza diffuso e anche comprensibile”, ha detto Antonio Tajani a commento del sondaggio.

“Questo malcontento – ha aggiunto il vicepresidente della Commissione europea – non è un rifiuto dell’appartenenza all’UE, ma a questo modello di Europa. Un modello abbozzato nel dopoguerra, e non più attuale in uno scenario mondiale profondamente cambiato. Mentre gli italiani, ne sono convinto, vorrebbero oggi un’Europa più sociale, più solidale e meno rigorista”.

Quanto infine alla scarsa conoscenza delle politiche e delle procedure europee da parte degli italiani, “dobbiamo spiegarle meglio” ha affermato Tajani. Mentre Lucio Battistotti, direttore della Rappresentanza, ha affermato di considerare il sondaggio Ispo uno strumento utile in vista di una “messa a punto” della politica di comunicazione della Commissione in Italia, in vista dell’anno della cittadinanza europea (il 2013) e delle elezioni, l’anno successivo, dell’Europarlamento.

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