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Italia e Francia, un colloquio che è necessario recuperare

Riceviamo la lettera di Giorgio Frasca da Parigi, già presidente di Fiat France. La politica del braccio di ferro con Bruxelles è di breve gittata. E’ invece necessario per l’Italia scegliere bene i propri alleati e stringere, anziché allentare, i rapporti con Francia e Germania: ne va anche della difesa e della crescita delle nostre aziende

Italia e Francia, un colloquio che è necessario recuperare

Caro direttore,

da anni, a cavallo tra l’Italia e la Francia e tra i due paesi e l’Europa, assisto molto preoccupato alla situazione attuale che si sta gravemente deteriorando. Lo scorso anno, più o meno in questo periodo, si riuniva il vertice Franco-Italiano a Lione. Appuntamento rilevante per trattare i maggiori dossier in corso in un incontro bilaterale abituale. Quest’anno doveva tenersi a Roma. Non vedo traccia né da parte politica né diplomatica di tale incontro.

Cosa sta succedendo? Una dimenticanza per l’eccessivo lavoro dei politici dei due paesi? Sarebbe molto grave. Oppure i rapporti tra i due paesi si sono degradati a tal punto da accantonare per il momento un incontro che sarebbe ora più che necessario?

Credo che i rilevanti interessi economici finanziari industriali tra i due paesi e la loro storia meritino una risposta a tale decisione politica. Credo che gli operatori economici e finanziari debbano essere dovutamente informati e ufficialmente dalle istituzioni dei due paesi e dare le ragioni della situazione.

È molto grave, a mio avviso, questa decisione di non parlarsi apertamente. Per diverse ragioni:

  • Contribuisce a far esplodere l’Europa, l’unica ancora di salvezza per i paesi più deboli oggi in Europa compresi noi.
  • L’importante posizione di Bruxelles sulla finanziaria necessita che l’Italia oggi abbia più di prima alleati, altrimenti rischiamo di subire o farci imporre decisioni pesanti.
  • Capisco la scelta del Governo attuale di attuare la tattica del braccio di ferro pensando che alla fine Bruxelles dovrà cedere e farci splafonare o darci maggiore flessibilità ma è una politica a brevissimo termine. Dobbiamo ora più di prima fare attenzione alle nostre imprese e proteggerle. Il grande capitalismo italiano lo abbiamo fatto scomparire anche a causa della scarsa attenzione e alla complicità di politici distratti o incompetenti. Ci rimane la media impresa, le eccellenze italiane che fondi esteri, banche d’affari e aziende concorrenti seguono con attenzione. Ma il nostro governo non sembra volersi interessare alla questione industriale e produttiva.
  • Il Governo (e nel Governo ci si affidi a tecnici veramente competenti e non a bancarottieri promossi “esperti”) deve monitorare i settori rilevanti e non farci trovare di fronte a fatti compiuti perché siamo in un mercato libero. In Francia e in Germania società rilevanti private sono seguite con grande attenzione e non vengono lasciate libere di uscire dal paese perché ci si preoccupa di offrire loro un ambiente favorevole allo sviluppo delle attività. Da noi questo non avviene. E basti vedere il caso Ilva per capirlo.
  • In conclusione, se non sceglieremo bene i nostri partner internazionali e soprattutto se non avremo la capacità di mantenere a rafforzare i rapporti con Francia e Germania non avremo voce in capitolo sui grandi dossier di riforma della Ue e rischiamo di essere emarginati e additati come la causa principale delle turbolenze dei mercati e dell’eventuale crisi dell’euro.
  • I Salvini e i di Maio sono troppo giovani e non hanno vissuto il periodo durante il quale i nostri imprenditori si erano lanciati alla conquista della Francia dove la stampa locale dipingeva i nostri imprenditori come i Condottieri del ‘500 ed esprimeva paura e rispetto.

Le nostre grandi aziende compravano società, c’era un ottimismo e un dinamismo oggi sconosciuto. Ecco cosa dovrebbe fare un vero governo del cambiamento: recuperare quella mentalità, non dare sussidi a tutti, ma mettere tutti nelle condizioni migliori per intraprendere e premiare i migliori. E questo si potrà fare solo se rafforzeremo i nostri legami con i paesi democratici e che credono nell’economia di mercato aperta al resto del mondo quali la Francia e la Germania che oggi invece guardiamo come nemici.

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