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Inflazione, Fugnoli: 3 ragioni che ne preparano il risveglio

Lo strategist di Kairos spiega perché, quando l’epidemia si fermerà, l’inflazione potrebbe tornare ad accendersi dopo oltre 10 anni di prezzi vicini allo zero

Inflazione, Fugnoli: 3 ragioni che ne preparano il risveglio

L’inflazione si vede all’orizzonte. Certo, il grande ritorno non avverrà quest’anno e nemmeno per buona parte del prossimo: in questo periodo continuerà a dominare la deflazione, o al limite una crescita dei prezzi vicina allo zero. Ma se “nel decennio passato l’inflazione ha perso su tutta la linea, nel prossimo la battaglia sarà ad armi pari”. Lo scrive Alessandro Fugnoli, strategist della società d’investimento Kairos, nell’ultimo numero della sua rubrica “Il rosso e il nero”.

Per il momento, l’emergenza coronavirus non ha causato quella fiammata dei prezzi “paventata da Kenneth Rogoff all’inizio della crisi – spiega l’analista – Per quanto l’offerta di prodotti e servizi si contragga (per chiusura temporanea o definitiva dell’attività o per minore produzione), la domanda si contrae ancora più velocemente”.

Ma quando l’epidemia si fermerà, lo scenario sarà diverso. In quel momento il mondo “sarà più pronto all’inflazione” di quanto non fosse “dopo la Grande Recessione del 2008-2009”, sostiene ancora Fugnoli, spiegando che le ragioni sono principalmente tre.

Innanzitutto, rispetto a un decennio fa “la strategia è cambiata: garantendo completamente una parte cospicua dei crediti bancari, i governi e le banche centrali inducono le banche commerciali a prestare a rischio zero”, aumentando davvero l’afflusso di liquidità all’economia reale.

La seconda differenza rispetto al 2008-2009 che potrebbe innescare il ritorno dell’inflazione riguarda le politiche fiscali: “I governi sono pronti a spendere senza tassare – continua Fugnoli – Quelli che lo sono meno, come in Europa, dove pure la risposta fiscale a livello nazionale è già robusta in Francia e Germania, lo saranno di più quando il dollaro, fra qualche tempo, comincerà a scendere”.

Poi c’è la deglobalizzazione, che ha diversi significati. Vuol dire “tornare a filiere produttive continentali o nazionali”, processo che aumenterà la sicurezza, ma anche i costi e quindi i prezzi finali. E vuol dire anche ripristino dei confini e dei dazi, con annessa riduzione dell’immigrazione. Tutti fattori che favoriscono l’inflazione.

In ogni caso, conclude Fugnoli, “se tornerà, l’inflazione arriverà lentamente”,

ma dal punto di vista degli investitori basterà “a far preferire una quota di titoli indicizzati nel portafoglio obbligazionario e una presenza non simbolica dell’oro”.

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