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Industria, solo la farmaceutica si salva ma crisi meno dura del 2009

Secondo il Presidente di Confindustria Bonomi c’è il rischio di perdere 1 milione di posti di lavoro e il rapporto di Prometeia-Intesa Sanpaolo sui settori industriali prevede che la manifattura perda quest’anno il 15% del fatturato anche se avrà effetti meno intensi sulla redditività di quanto avvenne nella crisi del 2009 – L’unico settore che quest’anno eviterà la crisi è la farmaceutica

Industria, solo la farmaceutica si salva ma crisi meno dura del 2009

La manifattura italiana perderà il 15% del proprio fatturato nel 2020, ma questa volta la crisi sarà meno pesante di quella del 2009, e anzi già nel 2024 si supereranno i livelli pre-Covid, grazie all’espansione della domanda globale (e quindi del nostro export). E’ questo in sintesi il quadro emerso dal Rapporto sui settori industriali presentato a maggio da Intesa Sanpaolo e Prometeia, mentre il presidente della Confindustria, Carlo Bonomi, avverte che c’è il rischio di perdere un milione di posti di lavoro.

“La crisi – spiegano però Prometeia e Intesa Sanpaolo – avrà impatti sulla redditività manifatturiera, ma meno intensi rispetto al 2009. Il tessuto produttivo si presenta infatti, ad oggi, rafforzato rispetto al passato, in termini di liquidità e patrimonializzazione, e quindi potenzialmente più resiliente. I provvedimenti adottati a sostegno delle imprese, inoltre, saranno efficaci nell’evitare che eventuali squilibri si riversino lungo le filiere, danneggiando gli anelli più deboli della catena del valore”.

La ripresa, che inizierà già nel 2021 con un rimbalzo previsto significativo, pari al +5,3%, costituirà dunque un’opportunità di trasformazione e modernizzazione del nostro tessuto produttivo, a patto però di accelerare i processi di innovazione e digitalizzazione già avviati nell’ambito della transizione verso il 4.0, che secondo le valutazioni degli economisti di Prometeia e Intesa Sanpaolo andranno a rinvigorire il ciclo degli investimenti. Anche le tecnologie green avranno un ruolo chiave, alla luce del percorso già avviato soprattutto nell’automotive e delle indicazioni tracciate a livello comunitario. “Nuove opportunità di crescita – spiega ancora la nota – potrebbero giungere da una maggiore regionalizzazione delle catene del valore, che vedrà un irrobustimento delle piattaforme produttive europee, dove le imprese italiane potranno contare su un buon livello competitivo per conquistare spazi”.

Si gioca infatti sull’export la grande partita della ripresa per le nostre industrie, approfittando della domanda mondiale, che mostrerà un profilo di progressivo miglioramento che, secondo le stime del Rapporto, nel 2024 porterà a superare dell’8.7% i livelli pre-Covid (a prezzi costanti). Il maggior dinamismo del commercio internazionale favorirà in primis la Meccanica, settore di punta dell’industria italiana, con effetti visibili anche sulle esportazioni complessive di beni manufatti e sul saldo commerciale: al termine dell’orizzonte di previsione potremo posizionarci quasi 5 punti percentuali sopra i livelli di export 2019. La crisi internazionale potrebbe infatti accelerare i processi di near-shoring che già si stavano avviando per alcuni settori.

Intesa Sanpaolo e Prometeia spiegano bene questo passaggio: “La necessità di garantire i cicli di fornitura anche nel caso di nuovi fenomeni epidemici, potrebbe spingere a una revisione del parco fornitori e dei mercati geografici di riferimento, nell’ottica di limitare i rischi connessi a una produzione frammentata su scala globale. Da questo scenario, in cui si investirà per irrobustire le piattaforme produttive continentali, per alcuni settori manifatturieri potrebbero derivarne vantaggi competitivi, con un guadagno di quote di mercato, soprattutto in quei comparti dove è più elevata la concorrenza dei produttori asiatici”. Tra questi appunto la Meccanica, ma anche i settori produttori di beni intermedi (e.g. in metallo, in gomma e plastica e filiera legno-carta), e il Sistema moda.

Il superamento della crisi sanitaria riporterà anche i consumi su livelli pre-Covid nell’orizzonte al 2024, ma l’esperienza maturata durante la fase di emergenza sanitaria spingerà verso mutamenti permanenti nelle preferenze di spesa delle famiglie, quali un’elevata attenzione all’igiene personale/della casa e alla sanità, che si innesterà su trend strutturali di ricerca del benessere e dell’invecchiamento demografico. Il rafforzamento del valore della casa come luogo da vivere, comporterà un aumento delle spese per il comfort domestico (arredi e beni elettronici, a supporto di smart working, didattica a distanza, home entertainment). Il contesto qui delineato fa da sfondo a un recupero dei settori produttori di beni di consumo (Largo consumo, Mobili, Sistema moda), che tuttavia continueranno a risentire di un canale estero meno trainante rispetto a quello pre-crisi, per via delle forti pressioni competitive.

Tornando alle previsioni sul 2020, l’unico settore a non precipitare sarà come è noto la Farmaceutica (+4,2% atteso), mentre saranno in calo Alimentare e bevande (-4.4%), Largo consumo (-10.1%), Altri intermedi (-11.8%), Elettronica (-13.4%), Prodotti e materiali da costruzione (-13.7%), Elettrotecnica (-14%), Prodotti in metallo (-16%), Metallurgia (-16.7%), Intermedi chimici (-15%), Meccanica (-18.8%), Autoveicoli e moto (-25.9%), Mobili (-15.4%), Sistema moda (-18.6%) ed Elettrodomestici (-22.1%).

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