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Industria italiana: fatturato +0,7% nel 2023 ma investimenti e consumi in calo, export ok. Analisi di Intesa-Prometeia

Il settore manifatturiero italiano conferma un fatturato stabile nei primi 11 mesi del 2023. Calano i consumi e gli investimenti. Tra i settori bene l’automotive (+14% )e la farmaceutica, male i mobili (-8,7%) e gli elettrodomestici

Industria italiana: fatturato +0,7% nel 2023 ma investimenti e consumi in calo, export ok. Analisi di Intesa-Prometeia

Tiene l’industria italiana, sorretta dall’export. Secondo l’analisi di Prometeia e Intesa Sanpaolo dei Settori Industriali di febbraio 2024, il settore manifatturiero italiano conferma un fatturato stabile nei primi 11 mesi del 2023 rispetto all’anno precedente (+0,7%), confermando i livelli record raggiunti nel 2022. Nonostante i prezzi alla produzione siano ancora in aumento in termini cumulativi (+2,2% nei primi 11 mesi), nel bimestre ottobre-novembre si è verificato un calo (-1,3%), principalmente guidato dai produttori di intermedi (come la metallurgia, che ha registrato un -14,5%). Anche considerando l’inflazione, la diminuzione rimane contenuta, con un calo dello 1,6% tra gennaio e novembre a prezzi costanti.

L’export sostiene il comparto, poiché, nonostante un calo del 3,4% nell’importazione mondiale di merci, il peggiore dato degli ultimi 15 anni escludendo lo shock del 2020, le esportazioni italiane hanno mantenuto una stabilità a prezzi costanti, guadagnando quote di mercato e continuando a crescere (+2,3%) in termini di valori correnti. La solidità delle vendite sui mercati esteri, soprattutto in Asia e negli Stati Uniti, ha in parte compensato la debolezza degli scambi all’interno dell’Unione Europea, soprattutto il declino delle vendite dirette in Germania (-1,4%), il principale partner commerciale dell’Italia, fortemente legato alle catene di produzione tedesche.

Debole il mercato interno, consumi in calo

I consumi hanno iniziato a mostrare segni di cedimento a partire dai mesi estivi del 2023, dopo un periodo di tenuta nella prima metà dell’anno, trainato soprattutto dai servizi e dal settore automobilistico ancora in ripresa dal post-Covid. L’aumento dei prezzi ha pesato pesantemente sui bilanci delle famiglie italiane, già provati dalla pandemia e da salari stagnanti da oltre un decennio, portando a una diminuzione degli acquisti di beni (-1% in termini reali nei primi 9 mesi del 2023), con una contrazione nei beni semidurevoli (-3,6%) e non durevoli (-2%), parzialmente compensata dalla crescita dei beni durevoli (+5,9%), soprattutto trainati dalle vendite di automobili.

Gli investimenti hanno anch’essi rallentato nel corso del 2023, influenzati in tutta Europa dall’inasprimento delle condizioni di finanziamento e dall’incertezza crescente. In Italia, si è aggiunta la revisione degli incentivi fiscali per l’edilizia, portando a una diminuzione del 2,7% degli investimenti nelle costruzioni nei primi 9 mesi dell’anno (-7,8% nel settore residenziale, +4,4% nel genio civile, sostenuto dai progetti infrastrutturali del PNRR), dopo due anni di record. Solo la crescita a doppia cifra nei mezzi di trasporto e un’evoluzione ancora positiva negli acquisti di impianti e macchinari hanno contribuito a mantenere stabile il profilo complessivo degli investimenti.

Bene automotive e farmaceutica, male mobili e elettrodomestici

Il ranking di crescita del fatturato deflazionato nel 2023 è guidato da Automotive, Largo consumo e Farmaceutica. Gli Autoveicoli e moto (+14.7%) hanno beneficiato di una forte domanda interna e dello sblocco degli ordini rimasti inevasi a causa delle difficoltà di approvvigionamento. Il settore del Largo consumo (+9.2%) è trainato dalla cosmesi, sia sul mercato interno che estero. Anche la Farmaceutica (+4.3%) ha trovato sostegno nel mercato interno nonostante un calo dell’export nella seconda metà dell’anno a causa del ritorno dei virus influenzali.

Ai piedi del podio, l’Elettrotecnica (+1%) è favorita dalla spinta dei comparti legati alla transizione energetica, mentre l’Elettronica (-0.5%) risente del rallentamento della domanda di beni ICT, legato all’incertezza internazionale.

Nella parte centrale della classifica, Meccanica, Alimentare e bevande e Metallurgia, dopo un inizio d’anno difficile, hanno registrato un rimbalzo del fatturato deflazionato nel bimestre ottobre-novembre, anticipando un superamento del punto di minimo. La ripresa della Meccanica (+3.9% nel bimestre ottobre-novembre, +0.3% nei primi 11 mesi) è dovuta principalmente al rinnovato slancio sul mercato estero, mentre l’Alimentare e bevande (+2.4% ottobre-novembre, stabile nei primi 11 mesi) ha tratto vantaggio dall’export.

La Metallurgia mostra segni di recupero con un aumento del 2,9% rispetto a una contrazione del -4,4% nei primi 11 mesi. Negli altri settori produttivi, si osserva un rallentamento della crisi, con una diminuzione meno marcata nel fatturato: dai Prodotti in metallo (-1,9%, -5,3% nei primi 11 mesi) ai Prodotti e materiali da costruzione (-3%, -8,4% nei primi 11 mesi), dagli Altri intermedi (-3,8%, -11,1% nei primi 11 mesi) agli Intermedi chimici (-6,3%, -17,4% nei primi 11 mesi).

Ci sono però alcune settori che registrano andamenti sotto la media, come Mobili (-8,7% nei primi 11 mesi) ed Elettrodomestici (-5,5%), con difficoltà persistenti nel settore degli elettrodomestici, evidenziate anche da tavoli di crisi aperti da importanti multinazionali in Italia.

Infine, il Sistema moda chiude la panoramica con una contrazione del -3,2% nei primi 11 mesi, dopo un inizio di anno promettente, evidenziando una perdita di slancio soprattutto a partire dai mesi primaverili, a causa del declino della domanda interna ed estera.

Settore manifatturiero: la situazione in Europa

Tra i principali concorrenti europei dell’Italia si segnala una maggiore dinamicità nel settore manifatturiero della Francia e soprattutto della Spagna. Questo è dovuto a una crescita delle esportazioni più marcata (Spagna +4.3%, 10 mesi 2023; Francia +4.6%, Italia 2.3%) e a una migliore resistenza dei consumi delle famiglie. In particolare, la Spagna si distingue per un aumento delle vendite al dettaglio del 7.4%, sintetizzando un incremento sia nei beni alimentari che in quelli non alimentari, inclusa la moda.

Entrambi i paesi mostrano anche una produzione in espansione, con la Spagna che registra un aumento del 2.1% (ottobre-novembre 2023, +0.3% 11 mesi) e la Francia in ripresa con un +4% (ottobre-novembre, +1.4% 11 mesi), sebbene rimangano ancora dietro a Spagna e Italia rispetto ai livelli del 2019.

Al contrario, la Germania sta affrontando maggiori difficoltà, con un modesto aumento delle esportazioni (+1.4%, 9 mesi 2023), una debole tenuta dei consumi e un deterioramento della produzione alla fine dell’anno, influenzato dalla transizione in corso verso produzioni meno energetiche. Colpita fortemente dalla crisi energetica è la chimica tedesca (a causa della dipendenza dal gas russo). Le difficoltà di approvvigionamento energetico si aggiungono alla fase di debolezza dell’attività manifatturiera, rendendo necessari sforzi più intensi per la transizione verde del settore, inclusa la riconversione degli impianti e l’adattamento a nuovi input produttivi.

Fiducia posticipata al secondo semestre 2024

Gli indicatori di fiducia suggeriscono un quadro incerto, posticipando la ripresa fino alla seconda metà del 2024. L’indice Istat che misura la fiducia delle imprese manifatturiere migliora leggermente a gennaio 2024 ma rimane in territorio negativo. Ci sono ancora molte incertezze che continueranno a influenzare gli ordini e la domanda fino al primo semestre del 2024, ma sembra che il peggio sia passato.

La seconda metà dell’anno potrebbe portare maggiori opportunità di ripresa, poiché si prevede un rafforzamento della tendenza deflazionistica che dovrebbe stimolare i consumi. Un segnale positivo proviene anche dall’indice di fiducia dei consumatori, che ha registrato un ulteriore miglioramento a gennaio, basato sulle previsioni di un calo dell’inflazione.

L’incognita delle tensioni geopolitiche

Il rischio al ribasso sulla crescita è rappresentato dall’aggravarsi delle tensioni geopolitiche, specialmente con il conflitto russo-ucraino e nuovi focolai nel Medio Oriente. La crisi nel Mar Rosso sta già influenzando i prezzi dei trasporti e solleva timori di squilibri nel commercio mondiale, che potrebbero compromettere le catene globali del valore.

Per l’Italia, la quota di merci in transito dal canale di Suez rappresenta il 38% delle importazioni extra-UE, ma scende al 14% se consideriamo le importazioni totali dal mondo, simile alla situazione spagnola; Germania e Francia hanno una percentuale inferiore al 10% sul totale delle importazioni. Settori come la moda, la metallurgia, gli intermedi chimici e l’elettrotecnica, esposti agli effetti negativi dei problemi di trasporto e dei costi, sono particolarmente influenzati.

Ad esempio, una percentuale significativa delle forniture nel settore moda e elettrotecnico transita dal Mar Rosso, così come una parte delle materie prime nella metallurgia e nei intermedi chimici. L’attuale debolezza della domanda potrebbe colpire principalmente la redditività delle imprese, limitando la capacità di trasferire gli aumenti dei costi sui prezzi di vendita, a differenza di quanto avvenuto durante la crisi energetica.

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