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Imprese giovanili, l’Italia ne ha perso un quinto tra il 2012 e il 2021: pesano crisi demografica e fuga dei cervelli

Un calo evidente delle imprese giovanili registrate in quasi dieci anni è quello fotografato dal segretario generale di Unioncamere, Giuseppe Tripoli durante il Meeting di Rimini

Imprese giovanili, l’Italia ne ha perso un quinto tra il 2012 e il 2021: pesano crisi demografica e fuga dei cervelli

In un decennio l’Italia ha perso un quinto delle imprese giovanili. Le 137mila imprese di under 35 registrate a fine 2021 sono il 20% in meno del 2012 e rappresentano l’8,9% del tessuto produttivo nazionale. A fine 2012, invece, erano l’11,1%. Questa riduzione risulta più consistente in alcune regioni (Marche, Abruzzo e Toscana), dove si aggira intorno al 30%, ma si estende con variazioni a due cifre in tutto il Paese, ad eccezione del Trentino-Alto Adige, dove le imprese guidate da giovani invece sono cresciute del 6,5%. È una delle considerazioni portate al convegno “Il futuro del lavoro”, organizzato nell’ambito del Meeting di Rimini, dal segretario generale di Unioncamere, Giuseppe Tripoli.

Questi dati devono far suonare un campanello d’allarme, ha detto il segretario generale. “L’Italia ha costruito la sua forza economica anche sul numero delle imprese, in particolare di piccole dimensioni. La riduzione della base imprenditoriale giovanile non tarderà a produrre i suoi effetti anche sui valori economici complessivi del Paese se non contrastata con efficaci politiche già dagli anni della formazione scolastica”.

Imprese giovanili in calo, le cause: crisi demografica e fuga dei cervelli

Ma perché questo calo? Complice la crisi demografica nel nostro Paese, che sembra avere imboccato una lenta quanto inesorabile erosione il numero delle imprese giovanili nel nostro Paese. Tripoli, ricorda le previsioni Istat, secondo cui in 30 anni (tra 2020 e il 2050) gli italiani saranno 5,5 milioni in meno. Inoltre, a pesare anche la fuga dei cervelli: nel 2019, 170mila italiani sono andati all’estero e più della metà – 90mila – erano giovani. E questo comporta che sempre meno giovani si affaccino sul mercato del lavoro.

Sempre meno giovani avviano un’azienda nei settori tradizionali

Infine, come mostrano le elaborazioni di Unioncamere-InfoCamere, per un numero inferiore di giovani rispetto a 10 anni fa avviare una azienda in alcuni settori tradizionali è vista come una opportunità per costruire un progetto lavorativo e di vita (ad esempio le imprese manifatturiere giovanili sono diminuite del 33%) anche per effetto delle difficoltà amministrative connesse all’avvio dell’impresa.

Cresce però la partecipazione nel mondo delle startup innovative

C’è però da segnalare un dato interessante, ha ricordato il segretario generale di Unioncamere: la consistente partecipazione giovanile al mondo delle start up innovative. Su quasi 14mila start up innovative, il 15,7% è stato creato da giovani, con una incidenza che è di quasi 7 punti percentuali superiore a quella che la componente giovanile ha sul totale delle imprese. 

Gli under 35, in generale, sembrano aver puntato in questi anni su alcuni settori della conoscenza, tra cui i servizi alle imprese, gli studi di design, il mondo della pubblicità, le attività di ricerca e sviluppo e l’Istruzione.

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