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Impianti termoelettrici e rinnovabili: lo scontro è aperto

La profonda crisi in cui versano da numerosi mesi le centrali alimentate a gas dipende non solo dalla forte contrazione della domanda di energia elettrica ma ormai, anche, dal disequilibrio tra il comparto termoelettrico, che opera in condizioni di mercato, e le fonti rinnovabili sussidiate

Impianti termoelettrici e rinnovabili: lo scontro è aperto

Nonostante il gas resti largamente il combustibile più sfruttato per la generazione elettrica italiana, i suoi margini si stanno lentamente erodendo. L’ennesimo calo dei consumi termoelettrici nel mese di luglio (quasi 1.810 milioni di mc, con un calo di oltre il 27% sul 2012 e del 24,4% sul 2011) non fa altro che confermare il crollo della produzione già registrato nel corso del 2012, il quale ha interessato prevalentemente gli impianti a gas naturale (15,5 TWh persi rispetto al 2011).

La profonda crisi in cui versano da numerosi mesi le centrali alimentate a gas dipende non solo dalla forte contrazione della domanda di energia elettrica ma ormai, anche, dal disequilibrio tra il comparto termoelettrico, che opera in condizioni di mercato, e le fonti rinnovabili sussidiate. Il nuovo modello energetico europeo, fondato sulla diffusione delle fonti energetiche rinnovabili e promosso in sede comunitaria e nazionale, complice la contrazione della domanda, ha progressivamente, e inaspettatamente, contribuito a ridurre la libertà di competere nel mercato della generazione di energia elettrica.

L’aumento di produzione di energia elettrica da fonti rinnovabili ha contribuito a causare uno spiazzamento dei cicli combinati, determinando una forte contrazione dei profitti e rendendo difficile la loro sopravvivenza. Allo stesso tempo, l’eolico e il fotovoltaico hanno potuto far affidamento sulla capacità di riserva assicurata dalle centrali termoelettriche, le uniche capaci di produrre energia in qualunque momento e quindi di supplire all’intermittenza delle fonti rinnovabili grazie alla loro conclamata flessibilità.

A rendere più critica la situazione per l’Italia è stata la scelta, allora indispensabile, di investire in maniera significativa nella capacità di generazione termoelettrica. Sono infatti da poco trascorsi dieci anni da quel 26 giugno 2003, quando la richiesta massima di potenza raggiunse quota 53.200 MW a causa della spedita diffusione del condizionamento elettrico anche nelle abitazioni. Eppure, per una serie di concause, a fronte di 76.950 MW di potenza installata, la disponibilità offerta dal parco elettrico nazionale era di soli 48.950 MW e l’import di potenza dall’estero non fu sufficiente a colmare il gap. Le interruzioni parziali, i distacchi programmati, che coinvolsero circa sei milioni di persone, sospinsero la politica energetica italiana a puntare tutto sulla crescita e l’ammodernamento del parco di generazione, e solo cinque anni dopo le difficoltà del 2003 la potenza installata salì a 98.625 MW, con una disponibilità media alla punta di 63.500 MW (allora eolico e fotovoltaico contribuivano solo per 3.970 MW).

Dal 2008 in poi, le politiche di sostegno alle rinnovabili, per onorare gli impegni presi per il 2020, hanno decuplicato gli impianti di generazione distribuita (o diffusa), passando da 34.693 a 335.318. Il solo Conto energia ha portato tra il 2006 e il maggio 2013 all’installazione di oltre 18 GW fotovoltaici, con una produzione elettrica che nel 2012 ha superato i 18 TWh (il 6,4% della produzione netta di elettricità in Italia).

Anno dopo anno, mente le rinnovabili si facevano largo nel mix di generazione e i consumi smettevano di crescere, il massivo ingresso di impianti verdi, in particolare fotovoltaici, ha finito per contribuire all’overcapacity del parco termoelettrico italiano. Eppure, mentre lo spazio per le centrali (il cui investimento risale soltanto a pochi anni fa) andava riducendosi sempre più, davvero fuori tempo massimo (e fuori mercato), sono stati inaugurati nuovi (fiammanti) impianti a gas naturale.

Ormai, più che una discussione su cui far fronte a questo problema è in corso un vero e proprio scontro tra impianti, o meglio tra industrie, rinnovabili e termoelettriche. Del resto è difficile parlare quando si ha il coltello tra i denti.

E lo scontro è tutt’altro che concluso, non è da escludersi che i colpi (bassi) migliori si vedano in occasione dell’approvazione della Legge di Stabilità, che come le vecchie leggi finanziarie sarà uno dei pochi treni destinato ad arrivare a destinazione. Senza o con crisi di governo. 

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