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Ilva, piano B del Governo: amministrazione straordinaria e intervento Cdp

Lo Stato punterebbe a creare una bad company in cui far confluire debiti e controversie giudiziarie, per poi intervenire attraverso una newco in cui entrerebbe il Fondo strategico della Cassa depositi e presti – Una volta risanato, il gruppo tornerebbe sul mercato.

Ilva, piano B del Governo: amministrazione straordinaria e intervento Cdp

Il governo prepara un piano B per l’Ilva. Secondo quanto riporta questa  mattina il quotidiano La Repubblica, l’esecutivo potrebbe varare un decreto nei prossimo giorni (o addirittura nel Consiglio dei ministri di questa sera) per imporre al gruppo siderurgico l’amministrazione straordinaria. Si tratterebbe, in sostanza, di un fallimento pilotato attraverso la legge Marzano, riservata ai grandi gruppi con più di 500 addetti e oltre 300 milioni di debiti. 

Oltre al Commissario, lo Stato punterebbe a creare una bad company in cui far confluire debiti e controversie giudiziarie, per poi intervenire attraverso una newco in cui entrerebbe il Fondo strategico della Cassa depositi e presti, controllata dal Tesoro. Lo scopo è “rimettere in sesto quell’azienda per due o tre anni, difendere l’occupazione, tutelare l’ambiente e poi rilanciarla sul mercato – ha spiegato il premier, Matteo Renzi –. Non tutto ciò che è pubblico va escluso: Io sono perché l’acciaio sia gestito da privati. Ma se devo far saltare Taranto, preferisco intervenire direttamente per qualche anno e poi rimetterlo sul mercato”.

Agli occhi dell’Esecutivo, è questa la sola strada percorribile, dal momento che le condizioni in cui versa il gruppo non lasciano intravedere la possibilità di arrivare a un’intesa con un acquirente. Al momento, sono fuori dai giochi sia gli anglo-indiani di Arcelor Mittal sia l’italiana Arvedi. L’Ilva, infatti, ha incassato i 125 milioni della seconda rata del prestito bancario e può ora pagare soltanto gli stipendi di dicembre, la tredicesima e il rateo del premio di produzione. Fine delle prospettive. Intanto, però, ci sono 350 milioni di debiti scaduti con i fornitori e 35 miliardi di richieste per danni ambientali. Il gruppo, infine, continua a perdere 25 milioni di euro al mese. 

Secondo il ministro dell’Ambiente, Gian Luca Galletti, “l’ipotesi di un intervento ponte dello Stato per rimettere in sesto azienda e ambiente e poi rilanciarla sul mercato è plausibile. Non si tratta di rifare l’Italsider, come qualche nostalgico dell’acciaio pubblico vorrebbe, ma solo di intervenire per ridare serenità a una popolazione segnata da troppi danni ambientali e di assicurare efficienza e competitività a un’azienda strategica per il paese. Un’operazione a tempo, un tempo breve e molto produttivo perché Taranto da una parte e il mercato della siderurgia dall’altro non possono aspettare”.

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