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“Il turismo in Valdelsa e Valdarno Inferiore” ricerca del Touring Club Italiano e Bcc Cambiano

Pubblichiamo l’INTRODUZIONE di ANTONIO PAOLUCCI (Direttore dei Musei Vaticani) alla ricerca condotta dal Touring Club Italiano e dalla Scuola Superiore Sant’Anna di Pisa con il concorso della Bcc di Cambiano sui tesori della Valdelsa e del Valdarno Inferiore che sarà presentata venerdì 19 aprile al Teatro del Popolo (Piazza Gramsci, h. 15) a Castelfiorentino

“Il turismo in Valdelsa e Valdarno Inferiore” ricerca del Touring Club Italiano e Bcc Cambiano

Io sono affascinato da un volume come questo, finanziato dalla Banca di Credito Cooperativo di Cambiano e curato dal Centro Studi del Touring Club Italiano, che contiene ricerche condotte, oltre che da Toùring, anche dalla Scuola Superiore Sant’Anna di Pisa. Sfoglio ancora in bozze le pagine del volume gremito di tabelle statistiche, di questionari, di comparazioni e di quadri di sintesi e mi accorgo che l’argomento è “Il turismo in Valdelsa e Valdarno inferiore” che copre a ventaglio tutte le varianti del fenomeno.

Uno strumento scientifico impeccabile come un endoscopio, affilato ed esatto come una attrezzatura di microchirurgia specialistica, analizza una frazione minima dell’Italia  e della Toscana  e lo fa sotto il segno del turismo, fenomeno in parte di élite, in parte di massa, che disarticola, seziona ed esamina in tutti i suoi aspetti.

Io non mi intendo di scienze economiche, le metodologie dispiegate dal Centro Studi TCI e dalla Scuola Superiore Sant’Anna di Pisa mi sono inco­ gnite e tuttavia non c’è pagina di questa ricerca scientifica esemplare che non mi riporti negli occhi e nel cuore luoghi a me cari per averli vissuti da tecnico della tutela e poi da Soprintendente di Firenze e di Toscana per molti anni.

Ecco Vinci visto dal belvedere che sta accanto alla chiesa parrocchiale. Case di bianchi intonaci e di pietra serena, tetti in laterizio che hanno il colore del sole e del pane, tutto  intorno l’ondulato  mare delle colline, il grigio argento degli ulivi, il verde nero dei lecci e, d’estate, il biondo oro dei campi di grano. La campagna che circonda il paese è intatta; un bilanciato alternarsi di coltivi e di boschi dislocato in prospettiva come in una predella di Paolo Uccello, esatto e luminoso in ogni dettaglio come un rilievo del Pol­laiolo. Se Leonardo tornasse e si affacciasse dal giro delle mura, esattamente nel punto in cui ora il mio ricordo mi colloca, non troverebbe, seicento anni dopo, differenze  apprezzabili. E come dimenticare la chiesa parrocchiale di Vinci? È antica, è stata restaurata e modificata molte volte nei secoli, sta lì da sempre, il suo campanile rappresenta e significa la comunità: il sindaco, il parroco, i bambini delle scuole, le piccole industrie artigiane che hanno fatto ricca questa parte d’Italia, le opere e i giorni delle donne e degli uomini. Il cuore balza nel petto se si pensa che dentro la chiesa c’è una cappella che dà sulla piazza, una cappella piccola, semplice, con al centro un modesto fonte battesimale in pietra. In quella cappella è stato battezzato Leonardo da Vinci. Lascio Vinci e, ancora sul filo della memoria e di non dimenticate  emo­ zioni, mi sposto a San Gimignano perché vicini sono i luoghi e rapidi gli spostamenti in questa parte di Toscana. A San Gimignano “Manhattan del Medioevo” ci sono le torri, c’è un centro’storico fra i più intatti  e affasci­ nanti d’Italia, e c’è la chiesa di Sant’Agostino. Lì dentro Benozzo Gozzoli ha raccontato le storie del vescovo di Ippona: da Cartagine a Roma e poi da Roma a Milano. A Milano, nell’anno di Cristo 386, avviene il fatto che Be­ nozzo capisce e rappresenta perfettament: Ambrogio, un alto funzionario romano nato a Treviri in Germania fatto vescovo a furor di popolo, battez­ za Agostino, un intellettuale  africano con tracce di sangue berbero nelle vene. Dall’incontro fra Agostino e Ambrogio, dallo spiritualismo visionario dell’uno rispecchiato nel razionalismo  pragmatico dell’altro,  da questa sublime contaminazione, nasce la moderna Europa cristiana. Esperienze di questo genere può fare il turista colto sostando all’ombra delle torri di San Gimignano. Così come può incontrare all’ombra di lecci secolari, nello strepito delle cicale nella grande estate di Valdelsa, i percorsi e gli edifici dei Luoghi Santi di Gerusalemme: ilPretorio di Pilato, il Golgota, ilSepolcro di Cristo. Si tratta, nelle terre di Montaione, del Sacro Monte di San Vivaldo, archetipo e modello per tutti gli altri Sacri Monti d’Italia. Non lontano da Montaione c’è il castello di Certaldo, legato alle memorie del Boccaccio. Per gli studiosi e i conoscitori di tutto  il mondo restano indimenticabili il Palazzo Pretorio, il grandioso Cristo romanico di Petrognano, ora nella. Chiesa dei Santi Jacopo  e Filippo e i tanti  tesori d’arte  e di storia  che gre­miscono le piazze e le strade.

A Empoli c’è la pieve di Sant’Andrea con il suo campanile meridiana di Val d’Arno e con la facciata romanica che tutti ricordano  per averla vista nella “Notte di San Lorenzo” dei Fratelli Taviani ma, annessa alla pieve, c’è una pinacoteca  gremita  di capolavori del Rinascimento. Nella pinacoteca di Empoli c’è il delicato eccentrico Starnina e ci sono  Lorenzo Monaco  ai suoi esordi,  Mino da Fiesole, Bernardo  Rossellino. E come dimenticare che a Castelfiorentino, nella pinacoteca di Santa Verdiana, c’è il momento germinale di Giotto, praticamente l’incipit della moderna lingua figurativa degli italiani?  Mi riferisco alla celebre “Madonna col bambino” opera di Cimabue con la partecipazione del giovanissimo Giotto.

Il viaggio potrebbe continuare. A coinvolgervi nella curiosità  e nello stu­pore saranno ora le rampe  buontalentine nella villa medicea  di Cerreto Guidi, ora le lucenti maioliche giallo oro di Montelupo, ora il Filippo Lippi del Botinaccio del Museo  di arte  sacra  di Montespertoli. Dappertutto incontrerete un rispecchiamento continuo, un dialogo costante fra quello che vedete (il paesaggio rurale e costruito, le frazioni, le pievi, i borghi , le strade)  e quello che è stato: la storia, l’arte, i documenti di una civiltà glo­ riosa che ancora vive negli stili di vita, nella orgogliosa consapevolezza della comunità, financo nella lingua e nel cibo. Tutto questo è un patrimonio da custodire  e da preservare  ma è, più ancora, un tesoro di civiltà e di educa­ zione da regalare alle donne e agli uomini dei nostri giorni perché ne usino. Anche attraverso quel formidabile strumento di libertà e di conoscenza che chiamiamo “turismo”.

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