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Il Qe ai raggi X: i pro e i contro visti dagli analisti

Il giorno dopo la svolta Bce, gli esperti si confrontano sulle prospettive di crescita per l’economia. I dubbi sulla (modesta) condivisione del rischio, i titoli che più beneficeranno dell’aumento di liquidità. Verso una maggiore stabilità su azioni e tassi

Il Qe ai raggi X: i pro e i contro visti dagli analisti

Mario Draghi ha vinto la propria partita contro i falchi della Bundesbank. Se sei mesi fa la parola Qe non era neanche pronunciabile da un irriducibile Jeins Weidmann, oggi il quantitative easing è realtà anche per l’Europa. L’Eurotower immetterà 60 miliardi di euro al mese andando avanti nelle intenzioni almeno fino al settembre 2016 e in ogni caso fino a che non avrà raggiunto  “un aggiustamento sostenuto nel cammino dell’inflazione che sia coerente con il nostro obiettivo di avere un’inflazione sotto, ma vicina al 2% nel medio termine”. Nel complesso si tratta di 1,14 trilioni di euro immessi nell’economia, una cifra che ha superato le attese del mercato. “La Bce ha annunciato un programma potente  di acquisto di asset – affermano gli analisti di Crédit Suisse – Sia l’ammontare sia il ritmo degli acquisti sono sulla parte alta delle nostre attese. Insieme con altri interventi che sono in corso, il programma rafforzerà la coesione e la ripresa economica dell’eurozona”. Ne è convinto anche il governatore della Banca d’Italia Ignazio Visco secondo cui il Qe “sarà efficace per quantità e durata”.

Positive le prime reazioni di investitori e analisti: “Il programma di acquisto di asset risponde al massimo delle aspettative del mercato in termini di dimensioni”, ha detto Bill Street, responsabile investmenti EMEA di State Street Global Advisors ricordando che “il 2015 è un anno fondamentale per l’Europa e la BCE ha scelto la via del quantitative easing, nel tentativo di modificare la curva dei tassi di sconto”.

Certo, le critiche tedesche non si sono sopite e la decisione ha innescato un fuoco di fila di reazioni tra la classe dirigente tedesca e lo stomaco del “popolo” con il quotidiano tedesco “Bild” che ha titolato: “Cosa succede adesso ai nostri soldi”. Ma fuori da terra teutonica c’è comunque chi fa notare come la mossa di Draghi sia stata tale da fornire un “contentino” ai falchi tedeschi. Per altri invece, l’ala più anticonformista del pensiero economico, si tratta di un vero e proprio “vulnus”. Il punto controverso riguarda il risk sharing, detto all’inglese, ossia la condivisione del rischio di questa operazione di Quantitative easing. Che è stata limitata al 20%, lasciando l’80% rimane in capo ai singoli governi nazionali.

RISK SHARING, CONTENTINO AI TEDESCHI O VERO VULNUS?

“L’annuncio di Quantitative Easing della BCE ha il sapore di un delicato esercizio di equilibrismo – ha commentato Paolo Guida, Vice Presidente di AIAF -Associazione Italiana degli Analisti e Consulenti Finanziari – A fronte di una sorpresa positiva rappresentata dall’entità degli acquisti mensili, spicca la sorpresa negativa della “decentralizzazione dei rischi”, nella misura dell’80% del totale dei nuovi acquisti. A giudizio del Presidente Draghi le implicazioni di tale decisione riguardante la condivisione dei rischi non sono significative, ma una certa delusione del mercato è comprensibile”.

Parimenti, per gli analisti di Socgen il risk sharing deciso dalla Bce è simbolico perché a conti fatti la Bce comprerà 70 miliardi di euro sulla base della condivisione del rischio mentre le banche centrali nazionali 730 miliardi complessivi. Un approccio, spiegano gli esperti, coerente con la convinzione che il Qe della Bce non poteva essere sia ampio sia di “pari passo” nella condivisione del rischio. Se la maggior parte dei commenti vedono nel risk sharing la principale debolezza del Qe, per Exane a deludere è piuttosto la decisione della ripartizione degli acquisti in proporzione della quota dei paesi nel capitale della BCE (capital key) e non in funzione dell’outstanding del debito di ogni paese. “Una decisione – scrivono gli analisti – che, a parità di condizioni, favorisce i titoli tedeschi e svantaggia quelli italiani”.

 PERCHE’ LA MOSSA DI DRAGHI PIACE AI MERCATI

 Se la struttura del pacchetto del Qe divide a metà i giudizi di esperti ed analisti, per ora il mercato ha premiato la mossa di Draghi. Ieri la Borsa di Milano ha chiuso in rally del 2,44%, in buona compagnia: Madrid +1,7, Parigi +1,52%, Francoforte +1,32% e Londra +1,02%. Il rendimento del Btp è sceso in giornata fino a un minimo dell’1,57% con lo spread che ha toccato i minimi intraday a quota 101 (ha poi chiuso a 117 punti) e lo spread tra i Bonos spagnoli e il decennale tedesco è sceso sotto quota 100(93). L’euro si è portato sotto 1,14 sul dollaro.

 “La decisione di oggi rappresenta un punto fermo sulla strada della ricostituzione della credibilità della BCE”, dice Luca Noto, gestore obbligazionario di Anima Sgr.  “Inoltre,  la banca centrale afferma la volontà di mantenere molto accomodanti le condizioni finanziarie dell’area euro, ponendo le basi per una compressione degli spread e tassi stabili o decrescenti, una valuta stabile o più debole, con una volatilità ed incertezza decrescente. La misura dell’efficacia dell’intervento sarà visibile su due elementi: le aspettative di inflazione ed il tasso di cambio euro/dollaro”.

  INVESTIRE CON IL QUANTITATIVE EASING

A livello operativo, ossia di scenari di investimento, gli esperti di Ubs sottolineano che i titoli di Stato hanno comunque poco spazio di upside dagli attuali livelli. “I titoli di Stato hanno innescato il rally, soprattutto quelli periferici – rilevano in un report gli esperti della banca svizzera guidati da Reinhard Cluse – Ma da qui vediamo poco spazio di ulteriore caduta di spread e rendimenti. Invece, ci attendiamo che i rendimenti salgano una volta che gli acquisti saranno iniziati, o persino prima. Nessuna notizia esplicita su un Qe relativo ai titoli corporate è un fattore positivo perché significa che ci sarà del “succo” ancora nel mercato degli spread corporate”. Per Ubs i beneficiari saranno i titoli con alto beta e i corporate high yield. Continuerà a esserci domanda per i corporate periferici, i bassi gradi di investment grade a i rating doppia B rimarranno nella fase positiva e i Cocos manterranno le loro valutazioni.

Per Emmanuel Kragen, Global Strategist di Exane Derivatives,  gli effetti positivi sul breve termine dovrebbero continuare in termini di: deprezzamento dell’euro contro il dollaro, il dollaro australiano e neozelandese e alcune valute emergenti “con una coppia rischio/rendimento interessante”; rialzo del mercato azionario dell’Eurozona che dovrebbe essere sostenuto, in un primo tempo, da un “effetto fiducia” e successivamente da un rialzo degli Eps (profitti per azione) societari a seguito del deprezzamento del cambio; calo dei rendimenti obbligazionari mondiali; effetti positivi sugli high yield mondiali. Sul lungo termine, però, avvisano gli esperti, tali trend dipenderanno dalle variabili macro economiche.
Per Exane gli impatti più visibili saranno quello psicologico e quello derivante dal calo del cambio, mentre avrà un impatto contenuto il rialzo dei mercati azionari data la bassa quota di titoli azionari detenuti dalle famiglie così come il calo dei tassi a lungo termine che sono già bassi.

 QUALI IMPATTI SU MAIN STREET

E proprio sugli effetti del Qe sull’economia reale i timori sono maggiori. “Sui mercati – ha commentato Gabriele Roghi di Invest Banca – si è verificata una reazione dovuta, il Qe è un grosso aiuto ai mercati finanziari, la speranza che si trasferisca da qui all’economia reale è molto bassa e ipotetica. Vediamo anche quello che sta succedendo al Giappone o agli Usa dove non si parla mai dei 93 milioni di disoccupati che non sono nelle statistiche della disoccupazione perché sono alla ricerca di lavoro da più di due anni o della spinta al Pil data dall’Obamacare”.

 Dopo una prima spinta iniziale, i mercati inizieranno quindi a concentrarsi sulla riuscita o meno in termini di crescita reale. “Ci sono ragioni legittime per essere scettici sull’efficacia del QE in un sistema finanziario dominato dalle banche come quello dell’Eurozona – afferma Darren Williams, Capo Economista della casa di gestione globale AB – E’ comunque importante notare che c’è già un buono stimolo che si sta concretizzando sotto forma di prezzo del greggio più basso e un euro più debole (insieme a una migliore condizione del credito nei periferici e un approccio fiscale più aperto alla crescita). Tutto ciò suggerisce che la crescita dell’Eurozona accelererà quest’anno anche senza un aiuto da parte del QE”.

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