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Il populismo? E’ anche colpa dei media tradizionali

Al Festival dell’Economia di Trento è stato presentato l’ultimo libro di Rony Hamaui scritto con Andrea Boitani, dal titolo “Scusi prof, cos’è il populismo?” – Il paradosso di movimenti anti-establishment che però poi diventano loro stessi establishment.

Il populismo? E’ anche colpa dei media tradizionali

Il populismo? E’ anche colpa dei media. E non solo dei social, sempre più veicolo di comunicazione di violenti messaggi politici, ma anche dei giornali tradizionali, che avrebbero dovuto rappresentare un argine ma che non sempre ne sono stati capaci. Si è parlato anche di questo al Festival dell’Economia di Trento, in occasione della presentazione dell’ultimo libro di Rony Hamaui “Scusi prof, cos’è il populismo?”, scritto con Andrea Boitani ed edito da Vita e Pensiero. I due docenti ne hanno discusso con alcuni ospiti, tra cui il sociologo Alberto Martinelli, che ha aiutato a illustrare le contraddizioni di un termine sempre più abusato, quello di “populismo”, nel linguaggio comune e in quello giornalistico.

“Provando a dare una definizione – ha detto Martinelli – il populismo è quando il popolo, inteso come entità astratta, quindi non reale, con una volontà unitaria tutta da dimostrare, si contrappone all’elite o ancora meglio alle elite, al plurale. Consiste nel rifiuto della complessità, nell’anti-intellettualismo, nel disprezzo verso gli esperti. In poche parole, è la rivolta contro chiunque sappia”. Un ruolo decisivo nella diffusione del populismo lo hanno giocato i social network, non abbastanza arginati dall’informazione qualificata. “I social non sono di per sé negativi – ha detto Hamaui -. Il problema è l’utilizzo che se ne fa e soprattutto il fatto che i media tradizionali, intendo in particolare i giornali, avrebbero dovuto esserne un contrappeso e invece sono diventati parte integrante di quel tipo di comunicazione”.

“In fondo i social hanno trovato terreno fertile, ha aggiunto Fabio Martini, giornalista politico -. Da tantissimo tempo l’informazione in Italia gioca sul vittimismo delle persone, e da molto tempo il confine tra vero e verosimile è sempre più blando. Ecco perché le persone, tutto sommato, credono ai messaggi populisti sui social: perché i giornali e la tv ai loro occhi hanno perso credibilità, e dunque perché non credere anche alle cosiddette fake news?”. Nemmeno il populismo, in realtà, è di per sé negativo: nasce all’interno di contesti democratici e molto spesso lì rimane, seppur con derive autoritaristiche. “Ricordiamoci, ad esempio – ha argomentato Rony Hamaui – che i populisti russi che nell’Ottocento difendevano i contadini da una condizione che di fatto era ancora di schiavitù, erano degli intellettuali”.

Il libro esamina anche la grande contraddizione dei populisti, o come preferisce definirli Martinelli “nazional-populisti o sovranisti”: quella di non perdere consenso anche arrivati al potere. “E’ singolare che i partiti che dicono di lottare contro l’establishment diventino poi loro stessi establishment. In teoria questo dovrebbe far perdere loro credibilità, ma ciò non accade perché continuano a recitare tutte le parti in commedia: quella della maggioranza e quella dell’opposizione. Lo stiamo vedendo con Lega e 5 Stelle in questo governo: si controbattono a vicenda”. Non se ne esce, dunque, a meno di una reazione da parte dell’informazione professionale. E non prima di mettere in chiaro un concetto: il populismo, o sovranismo, non c’entra nulla con l’art. 1 della Costituzione.

“L’art. 1 – ha spiegato Martinelli – va letto tutto, e recita così: ‘La sovranità appartiene al popolo, che la esercita nelle forme e nei limiti della Costituzione’. I populisti però tralasciano la parte finale, quella che parla di forme e di limiti, sanciti costituzionalmente”. E cioè di democrazia indiretta, per forza di cose, con gli appositi spazi lasciati a quella diretta. Un altro spunto fornito dalla riflessione di Hamaui e Boitani e quella sui tipi di populismo. Secondo i due studiosi, ne esistono tre: di destra sociale, liberista, di sinistra. “La Lega rientra nel primo, un po’ anche nel secondo, mentre quello del Movimento 5 Stelle – ha sostenuto Boitani – lo definirei populismo ‘puro’, senza alcuna base ideologica e dunque non appartenente a nessuna delle tre categorie”. Questo, secondo gli autori del libro, porterà a un declino più veloce dei grillini rispetto alla Lega. Le ultime elezioni europee sembrano confermarlo.

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