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Hollywood non sa fare previsioni e un film è sempre un’incognita

Il 33% dei film non raggiunge il break-even point – Anche i tecnologi di Netflix non sono in grado di fare previsioni attendibili sul successo o meno – E’ il budget che conta – Un modello per attirare il pubblico ma non per vincere un Oscar – Le star contano per il mercato internazonale

Hollywood non sa fare previsioni e un film è sempre un’incognita

Film, quando nessuno sa niente. Il 33% dei film non va a break-even point. L’“ignoranza” di Hollywood

“So di non sapere”. La famosa asserzione di Socrate detta al processo contro di lui, sembra coniata apposta per Hollywood. Infatti è notorio che nessuna persona che lavora negli studios, dal top manager al valletto dell’ascensore (che riceveva la fiducia incondizionata di Rockfeller per i pronostici sull’andamento delle azioni) è in grado di predire l’esito commerciale di un film e dire agli azionisti se funzionerà al botteghino oppure se non si riprenderanno neppure i soldi spesi per produrlo. Si pensava che i tecnologi di Netflix, con i loro big data, fossero in grado di intercettare le preferenze del pubblico e quindi mettere a segno sempre il colpo giusto e togliere di mezzo questo fastidioso e cronico disturbo.

Invece anche loro hanno fallito: Marco Polo è stato un flop a conferma che nessuno sa niente, neanche i computer con intelligenza artificiale. Gli stessi analisti di Goldman Sachs o di Merrill Lynch non prendono commesse che riguardano previsioni commerciali su prodotti culturali come film e libri. La produzione di un film è un lancio di dadi. Ma l’economia delle imprese non può giocare a dadi.

Qualcosa però si può fare per capire i trend dei film che funzionano e non funzionano. Oggi sono disponibili moltissimi dati pubblici che un buon team di analisti può analizzare, elaborare e infine trarre le debite conclusioni da questi dati. È quello che ha fatto un gruppo di lavoro dell’“Economist” conducendo un’indagine su 2000 film, con budget superiore a 10 milioni di dollari, usciti negli Stati Uniti e in Canada in un arco di tempo di 20 anni.

Ilaria Amurri ha tradotto e adattato al pubblico italiano i due articoli pubblicati dal magazine di Londra relativi a questa indagine. Ci sono veramente molti spunti interessanti per gli addetti ai ai lavori e per chi segue e copre il mondo dei media.

È il budget che conta

Nel 1983 lo sceneggiatore William Goldman (Butch Cassidy, Il maratoneta, Tutti gli uomini del Presidente) coniò il famoso detto secondo cui a Hollywood “nessuno sa niente”, quando si tratta di prevedere quali film andranno meglio al box office. Per scoprire se aveva ragione abbiamo analizzato gli incassi di oltre 2.000 film con budget superiore a $10 milioni usciti negli Stati Uniti e in Canada a partire dal 1995 e abbiamo cercato di capire quali siano i fattori che fanno di un film un grande successo.

Grazie alle informazioni di The Numbers, un sito che raccoglie dati sull’industria cinematografica, e di Rotten Tomatoes, dove si trovano recensioni di critici e spettatori, abbiamo scoperto che il risultato al botteghino è legato principalmente al budget. Anche senza cast di richiamo, grazie alle recensioni positive e ad altri fattori, un film può fruttare in media 80 centesimi, nei cinema nordamericani, per ogni dollaro che la casa di produzione dichiara di spendere. Infatti il budget viene solitamente annunciato in fase di produzione, in modo che si cominci a parlare del film, ma anche per dare un’idea della sua qualità, sebbene i costi reali possano essere diversi da quelli ufficiali.

In generale, più un produttore investe in un film e più sarà disposto a spendere in pubblicità, ma il budget serve anche a determinare l’ampiezza della distribuzione: i film da $10-$40 milioni escono in circa 1.600 delle oltre 6.000 sale nordamericane, mentre quelli da $100 milioni escono in 3.500 cinema.

Altri fattori che influiscono sul rendimento di un film

a) Sequel e franchise. Come sappiamo è questa la strategia più praticata dagli studios per limitare i rischi. Oggi quasi un film hollywoodiano su cinque è un sequel, mentre una ventina d’anni fa era solo uno su dodici. A parità di budget, i sequel guadagnano al botteghino $35 milioni in più della media. I franchising, in particolare, sono sempre più spesso storie di supereroi: Hollywood ne ha sfornati 8 tra il 1996 e il 2000, ma ben 19 negli ultimi cinque anni. Un film di supereroi da $200 milioni incassa in media $58 milioni in più di un film con lo stesso budget, inoltre questi film (a eccezione di Deadpool) tendono ad adattarsi a un pubblico di bambini, per il semplice fatto che i film vietati ai minori incassano $16 milioni in meno degli altri.

b) Il ruolo delle star. Di solito l’ultimo film di una star aiuta a prevedere il riscontro di quello seguente. Ogni dollaro guadagnato da un attore per un film negli ultimi cinque anni ha fruttato due centesimi in più nei sequel o nei film successivi. L’apporto di attori molto famosi, come Jennifer Lawrence o Leonardo di Caprio, i cui film hanno incassato più di $500 milioni al botteghino negli ultimi anni, ha incrementato di circa $10 milioni gli incassi delle loro ultime uscite.

c) I critici. Hanno davvero un ruolo importante nel successo dei film? Non quanto gli piacerebbe pensare. Tra il 1996 e il 2006 una differenza del 10% nel punteggio di Rotten Tomatoes si traduceva in $4 milioni di incassi in più, mentre oggi la cifra è scesa a un milione. Adesso è la saggezza del pubblico che conta realmente: le recensioni positive degli spettatori su Rotten Tomatoes possono fruttare fino a $11,5 milioni.

Tutti questi fattori messi insieme spiegano circa il 60% del risultato al botteghino. Se a ciò si aggiunge una stima dei costi di marketing la precisione del nostro modello aumenta di un altro 20%, quindi rimane circa un quinto di fattori inspiegabili. Secondo questo schema, John Carter, un cervellotico film di fantascienza dal cost di $275 milioni, che nel 2012 si è rivelato uno dei peggiori flop della storia di Hollywood, avrebbe dovuto guadagnare $235 milioni, mentre ne ha incassati solo 73. In pratica è chiaro che ancora oggi nessuno sa niente.

Un modello per attirare il pubblico ma non per vincere un Oscar

La nostra analisi ha lo scopo di offrire una formula che massimizzi le possibilità di attirare il pubblico. Ecco le quattro azioni necessarie.

1) Funziona meglio un film di supereroi adatto ai bambini, con molta azione e con buone chance di trasformarsi un franchise.

2) Occorre un budget consistente, ma non sconsiderato, diciamo attorno agli $85 milioni.

3) Bisogna trovare uno studios disposto a distribuirlo su base nazionale durante l’estate (incasserà circa $15 milioni in più che nel resto dell’anno).

4) Ci vogliono due attori famosi che abbiano fatto incassi buoni, ma non spettacolari, e che quindi non siano troppo costosi.
Se le recensioni dei critici e del pubblico sono soddisfacenti il film incasserà circa $125 milioni solo in America, ma bisogna farlo per i soldi, non per la gloria: la possibilità che vinca un Oscar come miglior film sarebbe una su 500. Cioè zero.

I bilanci di Hollywood non sono luccicanti come le statuette che distribuisce

I ricavi al box office americano hanno raggiunto la cifra record di $11 miliardi nel 2015 e grazie a frotte di nuovi spettatori cinesi gli incassi mondiali sono aumentati del 4% arrivando a $38 miliardi. Il numero di film che incassano più di $500 milioni in tutto il mondo è passato dai 5 del 2006 ai 14 del 2015, ma lontano dai flash si cela una realtà molto più grigia.

Le cifre di Hollywood non sono per tipi facilmente impressionabili. Nel 2015 la media dei costi di produzione è stata di $60 milioni, a cui se ne aggiungono 40 di marketing e distribuzione mondiale. Una volta che i cinema e la distribuzione si prendono la loro fetta, agli studios rimane meno della metà dell’incasso effettivo, anche perché oggi, a causa dello streaming e dei complessi sistemi di home entertainment, è sempre più difficile convincere la gente a uscire di casa per recarsi in una sala cinematografica. Se il 2015 può essere sembrato un anno eccezionale per Hollywood, la realtà è che un film su tre ha guadagnato meno della metà del suo budget di produzione, al box office americano. Quindi il 33% di tutti i film non raggiunge in punto di pareggio.

In questa situazione gli studios non possono più permettersi gli attori di grido, per questo si sono messi a sfornare sequel e film di supereroi e hanno fatto bene, dato che funzionano meglio delle sceneggiature originali. Come abbiamo spiegato, però, non esiste una formula matematica per il successo e per prevedere il riscontro economico di un film. In sostanza, come disse quel famoso sceneggiatore, a “Hollywood nessuno sa niente”.

Stelle morenti

Deadpool, che finora ha incassato più di $500 milioni in tutto il mondo, è un trionfo piuttosto atipico, un film antieroico infarcito di turpiloquio e vietato ai minori, ma in un certo senso ha un elemento fondamentale che è tipico dei più grandi successi hollywoodiani: non ha per protagonista una star internazionale.

Al contrario, due film recenti con attori molto famosi hanno dovuto sgomitare per attirare l’attenzione del pubblico. Nonostante la grande promozione e il lancio natalizio negli Stati Uniti e in Canada, né Joy con Jennifer Lawrence, né Zona d’ombra (Concussion), con Will Smith, sono riusciti appena a recuperare il budget di produzione al box office americano e all’estero non se la sono passata meglio. Che cosa è successo? La Lawrence è tra le stelle più brillanti del firmamento hollywoodiano e anche Will Smith è implicitamente considerato tale da anni. Che le star del cinema stiano perdendo il loro lustro?

Gran parte dei successi più recenti, in America e nel resto del mondo, sono grandi film a effetti speciali: film come Fast and Furious, Avengers, Hunger Games, Jurassick Park, James Bond e Star Wars hanno messo insieme ben 14 franchise che nel 2015 hanno incassato $500 milioni ciascuno, mentre nel 2006 ne erano usciti solo 5.

È più facile che questo tipo di produzioni creino nuove stelle invece di sfruttare il potere delle esistenti. Per certi grandi franchise “non c’è bisogno di una star internazionale”, dichiara un alto dirigente di Hollywood: il film andrà bene lo stesso, allora perché pagare di più? Jennifer Lawrence non era mica “Jennifer Lawrence, la più grande star femminile del modo” prima di recitare in Hunger Games.

I risultati dell’analisi dell’“Economist”, basata su due decenni di incassi negli Stati Uniti e in Canada, non nega che la Lawrence sia una delle più grandi fonti di guadagno al box office. Tuttavia, statisticamente parlando è difficile evitare di correlare il suo successo eccezionale ai grandi franchise che l’anno vista nel ruolo di protagonista. Per lo stesso principio, c’è da aggiungere che non sarebbe giusto addossarle la colpa del debole riscontro di Joy: “senza di lei sarebbe stato un fiasco totale”, ammette lo stesso dirigente.

Il conservatorismo di Hollywood

I piani alti di Hollywood vogliono continuare a credere che le stelle del cinema tengano la gente incollata alle poltrone, perciò continueranno a scommettere sui divi anche dopo qualche flop, così se falliscono con un grande nome devono preoccuparsi molto meno di giustificare la produzione del film.

Questo conservatorismo tende a favorire gli attori bianchi di sesso maschile che hanno già raggiunto lo status di superstar a scapito di una varia selezione di nuovi talenti (non a caso sono perlopiù uomini bianchi quelli che decidono tutto) e anche la polemica sulla carenza di attori neri (e non solo) nelle nomination all’Oscar del 28 febbraio è in parte frutto di questa logica.

In generale, dagli studi accademici degli ultimi decenni non sono emerse prove decisive del fatto che le star riescano effettivamente ad attirare il pubblico, come pensano invece i produttori. La nostra analisi suggerisce che solo alcuni attori abbiano un’influenza positiva sugli incassi al botteghino. La Epagogix, società di Londra che svolge analisi e previsioni in campo cinematografico, ha utilizzato un algoritmo per prevedere gli incassi dei film sulla base di alcuni elementi, fra cui la storia, gli effetti speciali, il finale a sorpresa e l’ambientazione e si è visto che le star, per quanto in forma, fanno ben poca differenza, salvo qualche eccezione, mentre sembra che una donzella in pericolo non guasti mai, ma poco importa chi sia.

Tra le sporadiche garanzie di successo, secondo l’opinione comune di dirigenti, produttori e agenti, ci sarebbero i grandi attori di commedie, nomi come Kevin Hart e Melissa McCarthy, perché indicano chiaramente il tipo di intrattenimento offerto e sono effettivamente bravi nel loro genere. La nostra analisi lo conferma, ci sono un sacco di attori di commedie che stanno ottenendo ottimi risultati, ma l’andamento della carriera di un attore rimane sempre imprevedibile. Bruce Willis fu pagato $5 milioni per Die Hard nel 1988, molti a Hollywood erano scettici, eppure il film fu un enorme successo. I film seguenti gli andarono meno bene (se si escludono i sequel di Die Hard), finché non uscì Il sesto senso, ma questa volta il merito era della star o della storia?

Le star contano ancora per il mercato internazionale

Tra i divi che continuano ad essere scritturati nonostante i ripetuti flop emerge in particolare Nicole Kidman, anche se forse un algoritmo avrebbe potuto prevedere che certi film sarebbero andati male in ogni caso. Il segreto dei suoi occhi, con la Kidman e con l’ancora più famosa Julia Roberts, ne è l’esempio più recente, avendo incassato appena $20 milioni nei cinema americani, ossia l’equivalente del suo modesto budget. La casa di produzione, la STX Entertainment, ha capito che le star possano funzionare solo se si riducono i compensi astronomici di qualche anno fa.

I film che fungono da vetrine per gli attori, per i quali le star guadagnano dai $20 milioni in su, partecipando inoltre agli incassi lordi, sono ormai rari, anche perché i fan possono apprezzare i loro divi nei modi più vari ed economici, tra social media, TV on demand e Netflix.

Ciononostante c’è un altro ambito in cui le star contano più che mai, cioè il mercato internazionale. Al di fuori degli Stati Uniti e del Canada i film con protagonisti famosi sono molto apprezzati. Alcuni nomi ormai consolidati tirano ancora moltissimo, come Tom Cruise o persino Arnold Schwarzenegger. Il suo film del 2015 Terminator: Genisys, che in America che incassato appena $90 milioni per un budget di $155 milioni, è andato benissimo all’estero, con $351 milioni di cui $113 solo in Cina. Sebbene questi grandi nomi abbiano perso parte del loro fascino in patria, all’estero sono “un po’ come delle supernove”, afferma il dirigente: “Sono esplose tanto tempo fa, ma continuano a brillare anche dopo che sono morte”.

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