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H-Farm, non solo startup: “Ora aiutiamo i big a digitalizzarsi”

INTERVISTA a RICCARDO DONADON, fondatore di H-Farm – “Prima eravamo incubatore e acceleratore di startup, ora facciamo servizi di innovazione per grandi brand come Generali, Mercedes, Candy, Cisco” – “Seguiamo la comunicazione digitale di alcuni calciatori tra cui Bonucci” – “Industria 4.0 un successo, ma va rifinanziata e bisogna rilanciare l’AIM perché i Pir non hanno del tutto funzionato”.

H-Farm, non solo startup: “Ora aiutiamo i big a digitalizzarsi”

Trasformare il proprio business per aiutare altre aziende nella loro trasformazione digitale. E’ questa, dal 2015, la nuova missione di H-Farm, fondata nel 2005 come acceleratore di startup (ne ha sfornate in tutto 120, una quindicina delle quali già vendute con 20 milioni di cashback) e oggi azienda digitale a tutto campo, dalle soluzioni tecnologiche per le imprese al digital marketing sui social, dalla formazione in scuole e università all’attività di ricerca e incubazione che prosegue nello storico campus in provincia di Treviso ma in realtà a due passi dalla laguna di Venezia. “Siamo partiti quando ancora non c’era nemmeno l’iPhone e abbiamo investito quasi 30 milioni nelle startup, più altri 32 per dotarci delle strutture del nostro Campus”, racconta a FIRSTonline il fondatore Riccardo Donadon. “Ad un certo punto abbiamo capito che, non essendo un grande fondo, non potevamo vivere solo della vendita delle startup, che non garantiscono entrate regolari. Così attraverso l’area Innovation abbiamo offerto servizi alle imprese per la loro trasformazione digitale: dalle soluzioni di e-commerce, Intelligenza Artificiale, Internet of Thing, alla strategy innovation culture, fino al digital marketing per affermare il brand sulla rete”.

Con quali aziende lavorate e cosa offrite loro?

“Tra i nostri clienti abbiamo ad esempio Generali Italia, che si è ispirata al nostro Campus per dare vita all’Innovation Park nell’head quarter di Mogliano Veneto. A loro abbiamo anche suggerito startup per digitalizzare i servizi della nuova società Welion, dedicata al welfare aziendale, attraverso soluzioni IoT, che sono quelle che in generale offriamo ad aziende mature per integrare la loro offerta. Sull’intelligenza artificiale, in partnership con Nuance, stiamo collaborando con Mercedes e Bmw per il software di comunicazione tra auto e conducente. Una sorta di Siri delle automobili. Con Deutsche Bank abbiamo collaborato sulla blockchain, con Candy sull’IoT, con Cisco sul programma Industry 4.0, cioè per individuare le migliori startup nell’ambito delle innovazioni legate a Industria 4.0. Infine lavoriamo con Pfizer, Sanofi e altre case farmaceutiche. Insomma, dopo 10 anni in cui cercavamo startup per noi stessi, abbiamo iniziato a cercare startup per altri clienti”.

L’area Innovation è dunque diventata il vostro core business: quanto rende al momento?

“Nei primi sei mesi del 2018 ha fatturato già 20 milioni sui 29,5 totali di H-Farm, e dovrebbe raddoppiare nella seconda parte dell’anno. Il nuovo business ha avuto anche un forte impatto sull’occupazione: oggi abbiamo 630 dipendenti, di cui 109 nuovi assunti nel primo semestre di quest’anno. In tutto, lavorano nell’Innovation 130 persone, distribuite nelle nostre varie sedi in Italia”.

Vi occupate, oltre che di grandi aziende, anche dell’Internet branding di grandi personalità, soprattutto del mondo dello sport. Ci può fare qualche esempio?

“Tra i clienti di Shado, che è la nostra divisione creativa, c’è il calciatore della Juventus Leonardo Bonucci, del quale seguiamo il sito Internet e tutti i canali social. Lavoriamo anche con il Team Pramac della MotoGp, con la Lega Calcio e con altri calciatori, oltre che con Intesa Sanpaolo, Sky e Disney su progetti specifici. Altri personaggi famosi sono legati a noi attraverso una delle startup di maggior successo sulle quali abbiamo investito e nella quale deteniamo ancora una piccola quota, che è Depop, app di commercio online mobile peer-to-peer. È molto nota anche all’estero, ha più di 10 milioni di utenti e tra i suoi utilizzatori ci sono alcune blogger, tra cui Chiara Ferragni. Su Depop viene uploadato un prodotto al secondo e ne vengono venduti 100.000 al mese”.

Sulla formazione, invece, quali sono le vostre iniziative?

“Intanto premetto che la formazione è secondo me il tema più forte in questo momento, più ancora dell’innovazione stessa. Le aziende prima ancora di innovare devono essere pronte a farlo, occorre una cultura dell’innovazione: se le aziende non sono del tutto pronte, è pericoloso per l’economia. Da due anni e mezzo ci dedichiamo intensamente alla formazione, attraverso tre canali principali. Il primo è un network di quattro scuole internazionali (tre in Veneto e una a Monza) nelle quali insegniamo a 880 bambini tra i 6 e i 17 anni la formazione sui temi digitali. Non c’è un corso o una materia specifica, sono scuole normali in cui però i ragazzi vengono istruiti alle nuove tecnologie. Poi organizziamo una laurea triennale in Digital Management, in collaborazione con l’università Ca’ Foscari di Venezia, dove abbiamo 160 studenti. Infine abbiamo istituito Big Rock, una scuola post laurea per l’ultra specializzazione in ambito digitale: dopo 6 mesi, l’80% dei laureati viene assunto”.

A proposito di cultura dell’innovazione e di Industria 4.0, che impatto ha avuto il provvedimento dell’ultimo Governo e cosa dovrebbe fare il Governo attuale?

“Ho fatto parte della task force che ha confezionato la prima bozza di riforma, nel 2012, e posso dire che Industria 4.0 è stata molto positiva, ha consentito uno sviluppo record dell’ecosistema digitale italiano, che pure rimane ancora indietro rispetto ad altri Paesi, ma ha ridotto il gap. C’è stato un notevole recupero sul volume degli investimenti. Oggi il Governo dovrebbe fare tre cose: continuare a defiscalizzare innovazione e soprattutto formazione; delegificare e semplificare; intervenire sui mercati finanziari, perché l’AIM, dove siamo quotati insieme ad altre Pmi, anche tecnologiche, non funziona. Nonostante l’operazione dei Pir, è circolato poco capitale e infatti anche le Ipo nel 2018 hanno subito una frenata. I Pir avevano creato grandi aspettative ma hanno avuto poca ricaduta sulla crescita delle aziende”.

Chiudiamo con i conti: che 2018 state vivendo e come immaginate il futuro?

“Il primo semestre è stato molto buono, con il fatturato che sfiora i 30 milioni e una crescita del 33% sul primo semestre 2017. Nell’intero 2017 abbiamo fatturato 47 milioni, quest’anno stimiamo di poter arrivare ad avvicinare i 60, confermando anche nella seconda parte dell’anno il ritmo di crescita del primo semestre. Soprattutto, siamo molto ottimisti per il 2019, che potrebbe essere il primo anno ‘pulito’, in cui cominciamo davvero a raccogliere quanto seminato in questi 13 anni”.

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