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Guerra e sanzioni finanziarie alla Russia: quali saranno le conseguenze monetarie?

Le sanzioni finanziarie alla Russia aprono nuovi scenari nel mercato valutario che potrebbero portare a due sistemi monetari diversi, uno occidentale e uno cinese. L’ha spiegato Martin Wolf sul Financial Times, di cui pubblichiamo la versione italiana

Guerra e sanzioni finanziarie alla Russia: quali saranno le conseguenze monetarie?

L’attenzione dell’opinione e dei parlamenti è in grande parte rivolta alle questioni politiche e umanitarie di uno scontro armato che sta prendendo l’aspetto atroce di una guerra civile in Europa come è successo in Spagna nel 1936 e come è avvenuto nella Jugoslavia nel 1991. 

L’attuale guerra ha però anche delle conseguenze su tutti gli aspetti delle relazioni internazionali, compresi quelli economici e monetari. Non per niente il più grande libro sulla prima grande guerra mondiale l’ha scritto un economista e porta il titolo profetico Le conseguenze economiche della guerra. E le infauste previsioni di Keynes si avverarono tutte quante, una dopo l’altra, a tal punto che alcuni storici tendono a considerare in perfetta continuità le due guerre mondiali del Novecento, così da ipotizzare che ce n’è stata solo una.

Un economista di formazione keynesiana, Martin Wolf, la cui collocazione di campo nell’attuale conflitto non è assolutamente in discussione come non lo era quella di Keynes, sta intervenendo sistematicamente sul quotidiano, il Financial Times, del quale è chief economist commentator. Torna spesso sulle pesanti conseguenze economiche e finanziare di questa disgraziata guerra e sul mondo che uscirà fuori dall’attuale disordine.

Uno degli ultimi interventi, di cui riportiamo qui sotto la versione in italiano, è dedicato alle questioni monetarie e delle valute negli scambi internazionali dopo che le sanzioni finanziarie contro la Russia hanno aperto un nuovo quadro globale che apre molti e forse impensabili scenari.

Seguiamo il ragionamento di Wolf.

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Grandi misure, grandi conseguenze

Alla fine di gennaio, la Russia aveva riserve in valuta estera per un valore di 469 miliardi di dollari. Questo bel gruzzoletto era stato accumulato dopo aver appreso la lezione del default del 1998 e anche nella speranza di Vladimir Putin di garantire l’indipendenza finanziaria del suo paese.

Ma, quando è iniziata la sua “operazione militare speciale” in Ucraina, Putin ha malamente appreso che più della metà delle sue riserve erano stato congelate. Le valute dei suoi nemici avevano cessato di essere denaro per lui utilizzabile. Questa situazione non è significativa solo per la Russia. Una demonetizzazione mirata delle valute più globalizzate del mondo ha grandi implicazioni.

Il denaro è un bene pubblico

Il denaro globale – sul quale le persone fanno affidamento nelle loro transazioni transfrontaliere e nelle decisioni di investimento – è un bene pubblico planetario. Ma i fornitori di quel bene pubblico sono i governi nazionali. 

Anche nel vecchio standard di scambio basato sull’oro era così. Nella nostra era di valuta fiat (fatta dai governi, dal 1971), il 65 per cento delle riserve mondiali di valuta estera erano denominate in dollari, un altro 23 per cento in euro, il 5 per cento in yen e il 4,7 per cento in sterline. Il renminbi cinese costituiva ancora meno del 3 per cento delle riserve globali. Oggi, il denaro globale è emesso dagli Stati Uniti e dai suoi alleati, anche piccoli.

La “weaponizzazione” delle valute

Questo stato di cose non è il risultato di un complotto. Le monete di scambio sono quelle delle economie aperte con mercati finanziari liquidi, stabilità monetaria e stato di diritto. Eppure la “weaponizzazione” di queste valute e dei sistemi finanziari che le gestiscono mette in discussione questo status e ogni possessore di valuta, di fronte a quell’uso, teme di essere preso di mira. 

Le sanzioni alla banca centrale della Russia sono uno shock. Chi, si chiedono i governi, sarà il prossimo? Cosa significa ciò per la nostra sovranità?

Si possono muovere delle critiche alle azioni dell’Occidente su basi strettamente economiche: la weaponization delle valute frammenterà l’economia mondiale e la renderà meno efficiente. 

Si potrebbe replicare in molti modi a queste critiche, è vero, ma questa discussione diventa sempre più irrilevante in un mondo di forti tensioni internazionali. Ebbene, ecco un’altra forza potente che spinge la deglobalizzazione, e molti si chiedono “e ora?”. 

Un’obiezione più preoccupante per i politici occidentali è che l’uso di queste tipo di armi potrebbe danneggiarli. Il resto del mondo non si precipiterà a trovare nuovi modi di transazione e immagazzinamento di valore che aggirino le valute e i mercati finanziari degli Stati Uniti e dei suoi alleati? Non è proprio questo che la Cina sta cercando di fare proprio ora?

I quattro possibili sostituti delle valute nazionali globalizzate di oggi

È proprio così. In linea di principio, si potrebbero immaginare quattro sostituti per le valute nazionali globalizzate di oggi:
1) valute private (come il bitcoin);
2) moneta di base (come l’oro);
3) una valuta fiat globale (come i diritti speciali di prelievo del FMI);
4) un’altra valuta nazionale, ovviamente quella cinese. 

La prima è inconcepibile: il valore di mercato di tutte le criptovalute è attualmente di 2 mila miliardi di dollari, cifra consistente, ma un mero 16% delle riserve mondiali di valuta estera. Inoltre effettuare transazioni direttamente in criptovalute è complicato in modo impossibile. L’oro può essere un bene di riserva, ma nelle transazioni è senza speranza. Non c’è nemmeno la possibilità di concordare una sua valutazione globale anche per sostituire le riserve, per non parlare di essere un veicolo di transazioni internazionali.

Questo lascia spazio all’ipotesi di un’altra valuta nazionale come sostituto. Un eccellente recente opuscolo di Graham Allison e colleghi di Harvard, The Great Economic Rivalry, conclude che la Cina è già un formidabile concorrente degli Stati Uniti. La storia suggerisce che la valuta di un’economia della sua dimensione, sofisticazione e integrazione potrebbe diventare una moneta globale.

Deboli alternative al dollaro/euro

Finora, tuttavia, questo non è successo, perché il sistema finanziario cinese è relativamente poco sviluppato, la sua moneta non è completamente convertibile e il paese non è un vero stato di diritto. 

La Cina è molto lontana dall’essere ciò che la sterlina e il dollaro sono stati nel loro periodo d’oro. D’altra parte i possessori del dollaro e delle altre principali valute occidentali che potrebbero essere oggetto di sanzioni, devono essere del tutto consapevoli di ciò che il governo cinese potrebbe fargli, se lo scontentassero. 

Altrettanto importante: lo stato cinese sa che una valuta internazionalizzata richiede mercati finanziari aperti, ma introdurre questo stato di cose indebolirebbe radicalmente il suo controllo sull’economia e la società cinese.

La mancanza di un’alternativa veramente credibile suggerisce che il dollaro rimarrà la valuta dominante nel mondo. 

L’opzione Cina

Eppure c’è un argomento che va contro questa compiacente visione. Lo si si trova esposto in Digital Currencies, un interessante pamphlet della Hoover Institution. 

Nel pamphlet si sostiene che il sistema di pagamento interbancario transfrontaliero della Cina (Cips, alternativo al sistema Swift) e la valuta digitale (l’e-CNY) potrebbero diventare un sistema di pagamento dominante e una valuta veicolo per il commercio tra la Cina e i suoi molti partner commerciali. 

A lungo termine, l’e-CNY potrebbe anche diventare una valuta di riserva significativa. Inoltre, sostiene l’opuscolo, questo darebbe allo stato cinese una conoscenza dettagliata delle transazioni di ogni entità all’interno del suo sistema. Ciò costituirebbe un’ulteriore risorsa di potere.

Sviluppi futuri: due sistemi monetari

Oggi, il dominio schiacciante degli Stati Uniti e dei loro alleati nella finanza globale, un prodotto della loro dimensione economica aggregata e dei mercati finanziari aperti, dà alle loro valute una posizione dominante. 

Oggi, non c’è un’alternativa credibile per la maggior parte delle funzioni monetarie globali. L’alta inflazione è probabilmente una minaccia più grande per la fiducia nel dollaro che l’uso della valuta contro gli Stati canaglia. 

Nel lungo periodo, tuttavia, la Cina potrebbe essere in grado di creare un proprio perimetro per l’uso della sua valuta da parte degli Stati che le sono più vicini. Anche così, coloro che desiderano transare con i paesi occidentali avranno ancora bisogno di valute occidentali. Ciò che potrebbe emergere sono due sistemi monetari – uno occidentale e uno cinese – che operano in modi diversi e si sovrappongono in modo non coordinato.

Come in altri aspetti, il futuro promette non tanto un nuovo ordine globale costruito intorno alla Cina, quanto piuttosto un disordine. Gli storici futuri potrebbero vedere le sanzioni di oggi come un altro passo del viaggio verso il caos.

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Martin Wolf, A new world of currency disorder looms, The Financial Times, 29 marzo 202

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