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Grillo, la finta libertà della “decrescita”?

L’ispirazione ideale del M5S si rifà essenzialmente alla dottrina della “decrescita felice” di Serge Latouche e dei suoi seguaci italiani come Maurizio Pallante – Tutti cercano di capire cosa in realtà si intenda per decrescita e soprattutto perché essa dovrebbe assicurare la felicità – Basta leggere qualcosa di Latouche per capire che si tratta di un’utopia

Grillo, la finta libertà della “decrescita”?

Mentre da un lato Letta cerca faticosamente di tenere in vita un proprio Governo dandogli una direzione di marcia realistica e credibile, dall’altro i partiti sono sull’orlo di una crisi di nervi. Il Pd teme di non poter resistere alle spinte centrifughe delle sue varie correnti, il Pdl è sempre più ostaggio dei problemi giudiziari del suo leader, mentre l’M5S appare incapace di utilizzare politicamente la sua grande affermazione elettorale e sembra esaurire la sua spinta propulsiva verso il cambiamento, in una banale polemica sulla “diaria”, cioè sui rimborsi spese dei propri parlamentari, che in qualsiasi azienda sarebbe stata risolta in pochi minuti.

Ma perché, ci si può chiedere, proprio il movimento di Grillo, che con i suoi 9 milioni di voti ha potentemente contribuito ad accelerare la crisi dei partiti tradizionali, appare incapace di esprimere qualsiasi iniziativa politica, superando la fase degli insulti e del vaffa che pure sono stati fondamentali per acchiappare i voti dei tanti scontenti sia a sinistra che a destra? La ragione di questa totale incapacità dei grillini di superare la fase della pura protesta per contribuire all’avvio della costruzione di un nuovo sistema politico-istituzionale comincia ora ad apparire con maggiore chiarezza. 

E queste ragioni risiedono nelle caratteristiche stesse del movimento di Grillo, nelle sue basi culturali, nella sua antropologia, come lucidamente dice Galli della Loggia, mossa da una sorta di “estremismo democratico”, una sorta di giacobinismo volto contro qualunque tipo di potere e qualunque tipo di rappresentanza (ancorché democraticamente eletta). La mania quasi paranoica della “trasparenza”, la cui mancanza è certamente una delle pecche maggiori non solo della politica, ma anche dell’economia e della società italiane, non si traduce nella mente dei grillini in norme e prassi capaci di eliminare le carenze attuali, ma in un’esasperata rappresentazione sulla pubblica piazza di ogni atto di chi ha la responsabilità di prendere decisioni, come se tutti potessero e volessero occuparsi di tutto. E’ chiaro che così si riduce in farsa un tema assai serio ed importante come quello della trasparenza con il rischio che tra non molto la gente si stanchi di vedere tutto e tutti e come le tricoteuses sotto la ghigliottina, ad un certo punto se ne torni a casa ad occuparsi dei propri affari senza aver risolto alcunché.

Le ragioni di questa afasia grillina risiedono da un lato nel fatto che il movimento ha via via raccolto sotto le sue bandiere tutti gli antagonismi ed i movimentismi esistenti da tempo ma cresciuti e dismisura a causa del collasso delle strutture istituzionali e politiche italiane che hanno perso gran parte della loro credibilità con l’esplosione della crisi economica che ha bloccato i meccanismi di redistribuzione clientelare, e dall’altro alla constatazione che la sua ispirazione ideale è vaga e zoppicante e non costituisce certo un valido elemento unificante di tutte queste variegate istanze della società civile spesso in contrasto tra loro.

E infatti questa ispirazione ideale si rifà essenzialmente alla dottrina della “decrescita felice” di Serge Latouche e dei suoi seguaci italiani come Maurizio Pallante. Tutti cercano di capire cosa in realtà si intenda per decrescita e soprattutto perché essa dovrebbe assicurare la felicità. Basta leggere qualcosa di Latouche per capire che si tratta di un nuovo millenarismo utopico che vagheggia una società irrealizzabile se non con mezzi coercitivi alla Pol Pot, l’esatto contrario di quella liberazione dell’individuo dalla schiavitù dei mercati e della società moderna basata sul consumismo e lo spreco. 

Ad esempio – dice Latouche – si tratta di stabilire se il benessere richiede che si debbano possedere 10 paia di scarpe quando ne basterebbero due (leggendo queste parole ho subito pensato a mia moglie ed alle sue amiche che verso le scarpe e le borse hanno sviluppato una vera e propria passione), o una casa grande con piscina . Ma chi stabilisce il livello dei bisogni accettabili? Questo livello deve essere stabilito – secondo questa teoria, dalla comunità: un’assemblea di cittadini di questo piccolo comune (nella quale tutti dovranno vivere) stabilisce di quante paia di scarpe ciascuno può aver bisogno o di che tipo di case possedere. Un piccolo villaggio nel quale tutti sono costretti a stare dato che il turismo di massa viene bandito. “Un campanile al centro e l’orizzonte intorno delimitano un territorio sufficiente alla vita di un uomo. E poi grazie alla tecnologia possiamo vedere il resto del mondo stando comodamente seduti a casa nostra”. 

Cose più gravi sono vagheggiate sul commercio internazionale, sui tempi di lavoro, sulla circolazione monetaria tanto da far intravedere una società chiusa di tipo medioevale nella quale si produce per sopravvivere e in cui non c’è alcun potere se non quello della comunità. La storia insegna che questo potere di tutti in realtà si è sempre trasformato nel potere di uno solo. Del resto chi pensa alla difesa? Se ad esempio una banda di giovanotti fa irruzione nel villaggio non per rubare dato che c’è poco o nulla da prendere, ma per rapire le giovani fanciulle (è già successo, ricordate?) chi organizza la difesa e mette le tasse per comprare le armi?

Grillo l’ha fatto capire alle folle che accorrevano ad ascoltarlo: saremo tutti più poveri ma più felici. Ma la gente non ha voluto ascoltarlo. Tutti pensavano che riducendo lo stipendio dei parlamentari avrebbero ottenuto un lavoro comodo, più soldi, più soddisfazione dei propri bisogni.

Si è trattato di un abbaglio collettivo, di una sorta di evasione da una realtà sgradevole che invece deve essere affrontata con determinazione, ma dalla quale non è certo impossibile uscire. E’ però fondamentale che i partiti ed in primo luogo il Pd non si facciano incantare dalle sirene dell’utopia grillina e provino ad offrire ai cittadini una visione concreta e nella stesso tempo ideale della società che vogliono costruire, e soprattutto alla narrazione teorica facciano seguire alcuni primi passi con provvedimenti di riforma in primo luogo delle istituzioni, capaci di dare corpo visibile alla prospettiva di cambiamento.

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