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Gregori (Credem): “La stagnazione non ci spaventa: vogliamo continuare a crescere”

INTERVISTA A NAZZARENO GREGORI, Direttore Generale di Credem – “La nostra strategia si basa sulla crescita per linee interne” ma “valuteremo anche le opportunità di crescita per linee esterne corenti con il nsotro modello di business”- L’importan del wealth management e della banca-assicurazione – Un ex ferrarista alla guida dell’innovazione

Gregori (Credem): “La stagnazione non ci spaventa: vogliamo continuare a crescere”

Il Parlamento tedesco non perde di vista le banche italiane e anche il Fondo Monetario Internazionale, pur riconoscendo i passi avanti nello smaltimento dei crediti deteriorati, non è stato tenero nei confronti dei nostri istituti di credito. Ma anche se l’età dell’oro è lontana e anche se la stagnazione dell’economia e i tassi bassi continuano a frenarne la redditività, le banche non sono tutte eguali e tra di esse il gruppo Credem di Reggio Emilia è sicuramente tra le più solide. “Nel 2018 abbiamo raggiunto l’utile più elevato degli ultimi 10 anni ma vogliamo continuare a crescere sia in termini di raccolta che di prestiti”: chi parla è Nazzareno Gregori, il Direttore Generale del Credem, a cui la Bce ha assegnato il più basso livello di requisito patrimoniale minimo da rispettare a testimonianza della sua solidità. Credem, che all’attività tradizionale di banca affianca sempre più quella del wealth management (risparmio gestito, private banking, assicurazioni) vuol crescere principalmente per vie interne ma di fronte a opportunità di mercato coerenti con il suo modello di business non chiuderebbe gli occhi.  E intanto ha messo un ex ferrarista del team di Formula 1 a capo dell’innovazione. Tuttavia il Credem ha conservato le abitudini delle banche di una volta che preferiscono comunicare con i fatti anzichè con le parole e quando parla – come fa in questa intervista a FIRSTonline il Direttore Gregori – merita un’attenzione doppia.

Direttore, Credem ha chiuso l’esercizio 2018 con risultati lusinghieri ma l’altalena tra stagnazione e recessione che incombe sull’economia italiana renderà possibile la replica della scorsa performance di bilancio della banca anche per il 2019? 

“Nel 2018, grazie al costante impegno ed alla professionalità di tutte le persone che operano nel Gruppo, abbiamo effettivamente raggiunto risultati estremamente positivi, considerando anche il contesto non certo facile. Il Gruppo ha raggiunto l’utile più elevato degli ultimi 10 anni che, non considerando la contribuzione ai fondi di salvataggio, quasi 30 milioni solo quest’anno, sarebbe stato ancora più elevato. Siamo stati in grado di acquisire oltre 100 mila nuovi clienti, aumentare i prestiti ad un ritmo quasi doppio rispetto al sistema, consolidare la raccolta con un ottimo andamento in particolare della componente assicurativa. Tutto ciò mantenendo la qualità dell’attivo e la solidità tra le più alte del sistema. In questo ambito, mi fa particolarmente piacere ricordare che siamo la banca italiana a cui la BCE ha assegnato il più basso livello di requisito patrimoniale minimo da dover rispettare, proprio a dimostrazione di quanto la stessa autorità di vigilanza ci consideri solidi. Detto ciò, venendo alla sua domanda, è sicuramente vero che le prospettive dell’economia del nostro paese non sono purtroppo particolarmente rosee nemmeno per quest’anno. Tuttavia sono convinto che la situazione in cui si trova il nostro istituto, cioè avere un attivo di particolare qualità ed una elevata solidità patrimoniale, ci consentirà di affrontare al meglio tutte le sfide che ci aspettano. Ma non solo. Vogliamo continuare a crescere ed in questo senso abbiamo obiettivi importanti sia in termini di raccolta sia di prestiti. Per gli impieghi ci attendiamo che proseguano la loro crescita a ritmi sostanzialmente simili a quelli del 2018, anche se gli ultimi segnali sul PIL sicuramente evidenziano un contesto particolarmente incerto. Più che l’obiettivo assoluto di crescita dei volumi, comunque, dovremo essere bravi ad aumentare la penetrazione sullo small business e sui finanziamenti alle famiglie, dove, con un modello di business come il nostro, in grado di valutare correttamente il rischio, siamo in grado di generare marginalità superiori. Anche per quanto riguarda la raccolta puntiamo a crescere con decisione. Chiaramente l’incertezza dei mercati ha favorito nel 2018 un incremento della raccolta diretta ma, se il 2019 dovesse consolidare i trend degli ultimi mesi, siamo confidenti di riuscire a recuperare molto dell’effetto mercato perso nel 2018, così come di vedere una maggior propensione agli investimenti da parte della clientela”.

Come altre banche – Intesa Sanpaolo prima di tutte – anche Credem è orientata a integrare la propria attività bancaria tradizionale con lo sviluppo del wealth management: quali sono gli obiettivi che vi ponete in questo campo?

“Vogliamo far evolvere il nostro modello di servizio con l’obiettivo di diventare il punto di riferimento per famiglie ed imprese nella gestione e nella protezione globale dei propri asset. Forte focus in particolare sarà posto sullo sviluppo della banca assicurazione grazie ad un’offerta completa ed un modello di consulenza integrato per individuare insieme ai nostri clienti i bisogni di protezione. In tale ambito puntiamo ad un sostenuto sviluppo dei premi con forte focalizzazione sul comparto delle polizze danni stand alone, in particolare protezione casa, salute e reddito. Per quanto riguarda il wealth management, settore su cui puntiamo da sempre con grande decisione, abbiamo progetti molto importanti sia per quanto riguarda le fabbriche prodotto sia per le reti distributive. A livello di fabbriche prodotto vogliamo integrare i cosiddetti criteri ESG nel processo di investimento, avviare dei fondi tematici e specializzati nel private market, sviluppare il servizio di consulenza finanziaria indipendente per i clienti principalmente istituzionali e rafforzare i servizi assicurativi e di protezione. Dall’altro lato, a livello di reti di wealth management, proseguiremo con il rafforzamento e con la crescita ed in questo senso abbiamo creato recentemente una struttura dedicata proprio alla ricerca ed alla selezione dei migliori professionisti del mercato. La concorrenza in questo settore rimane particolarmente elevata ma, per quanto ci riguarda, vogliamo continuare a crescere come e più che in passato e stiamo continuando ad inserire professionisti, sia in Credem sia in Banca Euromobiliare. Voglio anche ricordare che continueranno naturalmente le assunzioni di dipendenti in banca, nel 2019 puntiamo ad assumere 150-200 persone di cui il 75% giovani”.

Nel private banking Credem è presente sul mercato con modalità diverse attraverso Banca Euromobiliare e la divisione private banking di Credem stessa: non c’è il rischio di sovrapposizioni e come si differenzia il lavoro dei vostri due soggetti che operano nel private banking? 

“In realtà non c’è e non c’è mai stata sovrapposizione, Banca Euromobiliare e le reti di wealth management di Credem si rivolgono a target di clientela differenti. Banca Euromobiliare è presente in alcune aree selezionate e si rivolge ad una clientela più focalizzata sulla gestione del patrimonio ad ampio spettro, mentre le reti di Credem sono presenti in tutta Italia ed hanno come target una clientela che ricerca una forte integrazione con tutti i servizi bancari”.

Come sta andando la joint venture in campo assicurativo tra Credem e Reale Mutua e che obiettivi vi proponete? 

“Siamo estremamente soddisfatti della partnership con Reale Mutua. La collaborazione è proseguita con il rinnovo dei patti parasociali a fine giugno 2018 ed il forte orientamento all’innovazione dell’offerta nell’ambito dei servizi assicurativi anche in ambito salute attraverso Blue Assistance, società del gruppo Reale Mutua. Sono stati inoltre lanciati in queste settimane due nuovi prodotti per la protezione della salute e della casa, con copertura terremoto. Questi ultimi hanno registrato forte interesse a conferma che il bisogno da parte dei clienti su tali temi sta emergendo in modo sempre più deciso. Mi lasci dire che la banca assicurazione sarà uno dei pilastri della nostra strategia di crescita per il futuro, e questo non è un tema di “moda” ma una scelta strategica consolidata da anni, essendo stati identificati anche come uno dei pochi Conglomerati Finanziari in Italia, ovvero gruppi bancari con una forte componente assicurativa. L’obiettivo è sviluppare ulteriormente il nostro modello di servizio per diventare il punto di riferimento per aziende e privati nella gestione e nella protezione globale dei propri asset. Vogliamo raggiungere, entro fine 2019, oltre 500 mila polizze complessive stipulate da famiglie ed imprese con in particolare ad un sostenuto sviluppo dei premi con forte focalizzazione sul comparto delle polizze danni stand alone, per il quale è prevista una crescita superiore al 10%, in particolare protezione casa, salute e reddito”.

Alla fine del 2018 Credem ha fatto una cessione di Npl da 80 milioni di euro e ora i vostri Npl sono al 4,4%, cioè meno della metà della media nazionale: vi fermerete qui o avete in programma altre cessioni di Npl? 

“Abbiamo sempre avuto un bassissimo livello di incidenza dei crediti deteriorati e anche le cessioni che abbiamo recentemente realizzato sono state dettate da opportunità di mercato più che dalla necessità di ridurre il livello dei non performing loans. Basti ricordare che a fine settembre, prima dell’operazione da lei citata, avevamo un NPL ratio del 5,1% rispetto al 9,7% medio delle banche italiane in quel momento. Proprio per questo motivo non abbiamo alcuna necessità di fare nuove operazioni, abbiamo uno stock di crediti deteriorati molto limitato e siamo perfettamente in grado di gestirli internamente, però naturalmente valuteremo qualora si presentasse un’opportunità di mercato conveniente”.

Ha destato curiosità la recente assunzione in Credem di un personaggio estraneo all’attività bancaria come Piergiorgio Grossi, il nuovo chief innovation officer, con esperienze in Ducati e nella Formula 1 della Ferrari: perchè lo avete preso? Qual è la sua mission? E’ la prima mossa per fronteggiare la sfida del Fintech? 

“Sono da sempre fermamente convinto che l’innovazione rappresenti uno degli elementi chiave per competere sul mercato, non solo per una banca ma per qualsiasi realtà. Spesso si tende ad associare in modo automatico l’innovazione alla tecnologia, quasi a confondere i due concetti. L’innovazione è un concetto più ampio di tecnologia, è sì tecnologia ma non solo, è anche e soprattutto un approccio al lavoro ed all’organizzazione dell’azienda diverso, che sappia capire ed adattarsi al mondo che ci circonda. In realtà non sentiamo una particolare pressione “strategica” dalle nuove realtà tecnologiche. La tecnologia in banca c’è ed è uno degli ambiti su cui abbiamo da sempre investito in modo massiccio ma è importante sempre di più aprirsi all’esterno per avere una migliore visione dei trend e delle soluzioni che si stanno sviluppando sul mercato. Sarà anche importante essere pronti a capire dove va il mercato e quale direzione deve prendere il nostro business, non solo per i prossimi 4 o 5 anni ma anche con un orizzonte di 15/20 anni. Al di là delle mode e delle tendenze contingenti, proprio perché siamo un’organizzazione complessa e strutturata dobbiamo fare scelte strategiche ponderate e lungimiranti e questo si può fare solo se l’approccio e la mentalità dell’azienda è flessibile, agile e pronta a recepire le esigenze dei clienti”.

Nella strategia di Credem ci sarà solo la crescita per vie interne o, a determinate condizioni, è pensabile un’operazione di consolidamento attraverso l’acquisizione/fusione con banche medio-piccole? 

“La nostra posizione è chiara e voglio ribadirla con forza: abbiamo una strategia basata sulla crescita per linee interne. Valuteremo anche le opportunità di crescita per linee esterne coerenti con il nostro modello di business ed in grado di generare un vantaggio per gli azionisti”.

Oltre che in Emilia, Credem è presente in Lombardia e anche al Sud in Sicilia e Campania: qual è l’orizzonte territoriale della strategia di Credem? Rafforzarvi laddove siete già presenti o estendervi anche in altre aree del Paese? 

“Siamo presenti in tutta Italia e non abbiamo aree specifiche di sviluppo, puntiamo a crescere in tutte le aree, acquisendo nuova clientela, rafforzando in modo importante tutte le reti del Gruppo e assumendo nuovo personale”.

Credem ha il cuore e le radici nell’Emilia che è un po’ la culla delle medie imprese del Quarto capitalismo: le nubi che sovrastano la nostra economia metteranno a dura prova le medie imprese emiliane o, al contrario, la loro proiezione internazionale permetterà di controbilanciare il rallentamento dell’attività in patria? 

“Le piccole e medie imprese sono l’ossatura portante del nostro sistema economico e sono forse la categoria che più ha sofferto negli ultimi anni. Per quanto ci riguarda abbiamo da sempre creduto nell’importanza di sostenere le Pmi che vogliono investire e crescere, come è evidente tra l’altro dalla crescita degli impieghi complessivi a tutta la clientela, sia imprese sia privati, del 3,1% nel 2018, rispetto al +1,6% del sistema nello stesso periodo, e addirittura del 45,4% negli ultimi 10 anni con un aumento di 8 miliardi di euro in valore assoluto. Non dico nulla di nuovo se affermo che le chiavi per riuscire a crescere siano legate agli investimenti in innovazione e all’internazionalizzazione. L’export, d’altra parte, è un po’ nel DNA del nostro paese e dell’Emilia Romagna e ci ha consentito di uscire dalla crisi economica di questi ultimi anni. In sintesi, gli imprenditori che incontriamo, sia a livello di piccole e medie imprese, sia in realtà più strutturate, sanno benissimo cosa fare e molti non hanno mai smesso di investire e innovare: siamo noi, come banche, e in primis parlo come Credem, che dobbiamo poi continuare ad evolvere, un po’ come fatto negli ultimi anni quando abbiamo portato su realtà di minori dimensioni i benefici di accordi siglati con importanti partner istituzionali, o come stiamo facendo potenziando i servizi per l’export”.

Che cosa pensa della sentenza del Tribunale Ue che ha condannato la Commissione Europea sui salvataggi bancari e dato pienamente ragione all’Italia sull’uso del Fondo interbancario di garanzia de depositi e che prospettive può aprire questo clamoroso pronunciamento? 

“Senza entrare nel merito della questione specifica, ritengo sia un esempio utile per capire quanto un quadro normativo chiaro e delineato sia indispensabile per permettere un regolare e sano svolgimento di tutte le attività economiche di un paese. Le regole sono le fondamenta su cui si costruisce un tessuto economico e sociale moderno ed avanzato. Sicuramente la vigilanza europea va in questa direzione: creare un “framework” comune a tutta Europa per l’attività bancaria; è però importante continuare a lavorare con impegno per chiarire tutti gli aspetti perché solo così si farà vera integrazione”.

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