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Giovanni Ricciardella: un talento fra cucina e pizza

Un giovane chef di ottima scuola emerge dividendosi fra cucina di qualità, che coniuga tradizione e invenzione, e amore per i lievitati e le pizze. Nella sua Cascina Vittoria nel pavese porta avanti una proposta a 360 gradi senza compartimenti stagni.

In passato si sono guardati a distanza, quasi ignorandosi ristoranti e pizzerie. Due mondi diversi: i primi, la cucina di chi poteva permetterselo, le altre, le pizzerie, la cucina popolare, povera ma sostanziosa, destinata a chi non poteva permetterselo. Poi questi due mondi hanno cominciato a guardarsi con maggiore interesse. I ristoranti italiani hanno cambiato volto, hanno bruciato le tappe sulla strada dell’eccellenza, hanno conquistato autorevolezza internazionale, al punto che l’Italia con 328 ristoranti stellati, di cui quasi trenta new entry quest’anno, (e questo la dice lunga sul suo dinamismo) è il secondo paese al mondo fra quelli premiati dalla Guida Rossa seconda solo alla Francia. Stesso percorso seguito in parallelo dal mondo della Pizzeria che forte del riconoscimento UNESCO oggi è un brand che tiene alta la bandiera del made in Italy nei cinque continenti e pur mantenendo una sua componente nazionalpopolare è sempre più avviata verso orizzonti gourmet di alto profilo.

Ed è sulla qualità e l’eccellenza che da un anno a questa parte questi due mondi, hanno cominciato ad avvicinarsi, a studiarsi reciprocamente, a convivere nel nome e nel solco del bel Paese.

Il primo a costruire un ponte tra pizza e ristoranti è stato l’anno scorso Alfonso Pepe, gran sovrano del Regno della pizzeria italiana con la sua sede di Pepe in grani a Caiazzo in provincia di Caserta, a invitare grandi chef italiani, del calibro di Nino Di Costanzo, due stelle Michelin, Alessandro Pipero, una stella Michelin, Giuseppe Iannotti altro chef stellato per confrontarsi davanti al forno e ai fornelli sui futuri scenari della ristorazione italiana. Esperimento così ben riuscito che quest’’anno si ripete con chef del calibro di Gennarino Esposito Antonino Cannavacciuolo, Ernesto Iaccarino di Don Alfonso a Sant’Agata, Moreno Cedroni, Peppe Guida, Chicco Cerea allargando il discorso allo spagnolo Josean Alija (Nerua Guggenheim Bilbao – Spagna) e allo sloveno Tomaz Kavcic (Pri Lojzetu Vipava – Slovenia.)

Anche due altri grandi protagonisti della pizzeria italiana i fratelli Salvo di San Giorgio a Cremano hanno percorso la stessa strada. L’altr’anno recandosi a fare pizze in uno dei Templi massimi dell’alta gastronomia italiana quella di Vittorio a Brusaporto, tre stelle Michelin, quest’anno ospitando nella loro nuova pizzeria di successo a Riviera di Chiaia i fratelli Cerea, Alessandro Negrini (Il Luogo di Aimo e Nadia), Salvatore Bianco (Il Comandante a Napoli), Gennaro Esposito (Torre del Saracino), Cristina Bowerman (Glass Hostaria), Ernst Knam (Pasticceria Knam).

Che questi mondi non dovessero più guardarsi a distanza ma fossero destinati a colloquiare e a collaborare ne è sempre stato convinto da tempi insospettabili, e non da ora, un giovane chef Pavese Giovanni Ricciardella giovanissimo patron del ristorante Cascina Vittoria di Rognano in provincia di Pavia. Un giovane che ha sempre guardato molto avanti nella sua vita di Chef riuscendo ad affermarsi come una delle più giovani e talentuose novità del panorama gastronomico italiano.

A guidare Ricciardella oggi ventottenne verso interessanti traguardi sono stati una abbondante dose di entusiasmo unita ad una forte determinazione nel darsi obiettivi sempre oltre la stecca col proposito di raggiungerli, tenendo sempre ben saldi i piedi su due percorsi paralleli: una cucina di qualità fresca, personale e di sostanza che punta all’essenza dei sapori e l’amore per il mondo della pizza, una pizzeria che si protendesse nell’esplorazione verso nuovi gusti e nuovi accostamenti, il tutto all’interno di una proposta gastronomica unitaria.

Ha dovuto correre molto in gioventù ma ne è valsa la pena. La passione per la pasta fresca ma contemporaneamente anche per le pizze e il pane l’aveva ereditata già all’età di dodici anni dalla nonna.

Le stava accanto in cucina rubando con lo sguardo quello che accadeva, e la nonna considerando la grande passione che muoveva il nipotino, benevolmente faceva un passo indietro per consentirgli, sotto la sua guida, di provare le prime entusiasmanti emozioni di preparare una pasta fresca, o una torta, o una pagnotta di pane.  Senza alcuna esitazione a sedici anni Giovanni si iscrive all’Istituto Alberghiero di Pavia e tre anni dopo è pronto per mettersi alla prova ai fornelli. Non sbaglia colpo nello scegliere i maestri che possano iniziarlo a una cucina di qualità.

Cascina Vittoria, un un’antica casa di campagna di fine 800 nel cuore della pianura Lombarda che la famiglia Ricciardella ha acquisito anni fa e che ha, ovviamente, un forno a legna come tutte le cascine che si rispettino, diventa il laboratorio delle sue idee. Giovanni a 21 anni prende le redini dell’azienda e si butta a capofitto nell’impresa con la voglia di esprimere qualcosa di nuovo.  Spinto dal suo entusiasmo comprende subito che c’è da incamerare il prima possibile competenze ed esperienze.  Ha l’entusiasmo e l’umiltà del ragazzo ma anche la saggezza dell’adulto, consapevole che senza radici non si può crescere ma anche nel contempo che occorre accrescere e  fortificare le proprie convinzioni verificandole sul campo della qualità.

Se ne va sul Lago d’Orta da Antonino Cannavacciuolo, riesce a farsi accettare dal gran maestro della pasticceria italiana Iginio Massari che lo introduce al mondo dei dolci e dei lievitati, dal grandissimo Rolando Morandin che perfeziona le attitudini culinarie in fatto di pasticceria e di lievitati e da Davide Oldani chef stellato multiforme con il gusto della curiosità un po’ pop un po’ scanzonato. Ognuna di queste esperienze marchia profondamente la cultura di Giovanni Ricciardella e segna, come i gradini di una scala, la sua salita verso livelli più qualificati di conoscenza nell’uso e nel trattamento delle materie prime, nell’approfondimento degli effetti delle cotture e degli abbinamenti. Ma anche nella preparazione e nella trattazione dei lievitati che costituiscono la sua prima passione giovanile e che si è portato appresso nella sua crescita professionale.

Giovanni si incammina su una via frenetica fra la guida della Cascina e i percorsi di apprendimento e specializzazione presso i grandi chef stellati con una determinazione fortissima di imparare, imparare e imparare. I risultati non tardano a venire. In men che non si dica convince della bontà della sua cucina gli ispettori della Guida dei Ristoranti dell’Espresso che gli assegnano una votazione di 2 cappelli, ottiene una corona nel Taccuino dei ristoranti di Italia di Gatti Massobrio, che decreta la sua cucina come la migliore di tutta Pavia e provincia. E la Provincia come Istituzione ne riconosce talmente i meriti che la Camera di Commercio di Pavia lo nomina chef Ambasciatore della cucina Pavese nel mondo.

Il 2019 è un anno particolarmente fortunato per il giovane Ricciardella. Arriva al primo posto al Festival dei Chef di Sanremo con il suo “Plin alla milanese”, omaggio a Milano premiato da una giuria presieduta da Carlo Cracco. Oramai il suo nome gira, e varca i confini pavesi e Lombardi.  Gennarino Esposito, il grande chef di Vico Equense che ogni anno organizza “Festa a Vico” la più grande manifestazione dell’eccellenza gastronomica italiana, sulla quale convergono oltre settanta chef stellati da tutta Italia, ogni anno sceglie una decina di giovani emergenti che chiama a cucinare nel suo ristorante stellato per un gruppo ristrettissimo di esperti gastronomi e Giovanni Ricciardella quest’anno era uno di quelli. Il pranzo non a caso ha un titolo “Una promessa è una promessa”. Giovanni propone i suoi  Plin alla milanese. “Lo chef Esposito mi ha chiesto di portare un piatto che rappresenta il mio vissuto – racconta Giovanni – ho scelto di portare la mia rivisitazione del risotto alla milanese ovvero Plin, agnolotti, al posto del riso”.  Il piatto è stato apprezzato e, tenendo conto che da questo pranzo sono usciti fuori molti giovani che hanno conquistato poi la stella Michelin, solo quest’anno ben 3 su 10, si può presagire un futuro di grandi affermazioni.

Ma se fin ad ora abbiamo parlato dei suoi successi culinari è giunto il momento di aprire anche il capitolo della sua passione per i lievitati e per le pizze, un capitolo oltre modo felice. E anche qui i riconoscimenti non mancano per un ragazzo che ha iniziato a gestire la sua Cascina Vittoria a 21 anni, ma con le idee ben chiare, e che oggi ne ha 28.  La sua filosofia è di proporre una pizza “come la si faceva un tempo, ovvero con farine semi integrali e integrali macinate a Pietra, pasta madre e lunga maturazione dell’impasto”.  Anche in questo campo il giovane brucia le tappe: partecipa al Format web televisivo “Pizza talent show” classificandosi primo su oltre 300 concorrenti. Un premio che  lo attesta fra i nuovi pizzaioli italiani di qualità calcolando che la giuria era presieduta da Luigi Stamerra, presidente dell’Associazione Pizzaioli Professionisti. Era il più giovane in gara: “La pizza che ho proposto nella prima puntata racchiudeva tutto il mio io, rispecchiava la mia filosofia e la stagionalità dei prodotti, Era una pizza bianca fatta con farine macinate a pietra e brick, accompagnata da fior di latte misto bufala, broccoletti leggermente sbollentati, polvere di acciuga, pepe nero, pancetta cotta affumicata a crudo” una pizza che nella composizione cromatica rispettava anche il piacere dell’occhio. E ha fatto centro.

Arriva anche la gratificazione della Guida delle Pizzerie del Gambero Rosso che riconosce la qualità delle sue lavorazioni e gli assegna ben due spicchi.

I suoi impasti per le basi delle pizze sono tutti preparati con farina macinata a pietra Petra tre del Molino Quaglia le cui farine sono oggetto di studio da parte della facoltà di Agraria dell’ Università Statale di Milano e sono state citate nell’autorevole pubblicazione “Bakery Products Science And Technology’ diretta da Weibiao Zhou , professore ordinario e direttore del programma di scienza e tecnologia alimentare presso l’Università nazionale di Singapore.

La pizza di Riccardella unisce tradizione e modernità, se il cornicione è alto e soffice d’ispirazione napoletana i topping spaziano nella fantasia e talvolta nella provocazione ma sempre comunque firmati da prodotti di eccellenza mentre le verdure provengono dall’orto della cascina curato con grande attenzione dal padre di Giovanni, così come le uova, le galline, gli animali da cortile che razzolano dietro la Cascina.

Il suo interesse eclettico passa dai lievitati salati a quelli dolci e così trova anche il tempo spinto dalla voglia di affinare le sue conoscenze per i lievitati dolci di frequentare il master con il maestro Rolando Morandin il grande pasticciere di Saint Vincent maestro di lievitati che ha dato il suo nome ad una tecnica di mantenimento del lievito madre in acqua, conosciuta come “metodo Morandin”.   E gli effetti si fanno subito sentire.  Giovanni Ricciardella sperimenta un suo panettone-colomba artigianale e il supplemento Style del Corriere della Sera in un servizio sui dolci lo inserisce tra i 20 lievitati da provare in Italia.  

Insomma il giovane sembra intenzionato a portare avanti una sua filosofia della cucina a 360 gradi, dove non esistono rigide compartimentazioni, ma dove ci si può muovere con grande liberta di scelta seguendo il suo estro.

Partire da ingredienti semplici per creare una proposta gastronomica ricercata, che si distingua per l’esecuzione impeccabile e capace di lasciare il segno: è questa la sua filosofia, che si rispecchia in una cucina fresca, personale e di sostanza. Dove la tradizione non è limite ma punto di partenza per osare giochi di consistenze, di sapori, di presentazione del piatto inaspettati e che sorprendono piacevolmente, nella forma e nel gusto.

Se in meno di dieci anni è arrivato a questi risultati si può ben immaginare cosa possano riservare i prossimi.

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