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Generali, Greco: “Ecco il mio piano per maggiori ritorni agli azionisti. Target seri, non prudenti”

L’ad presenta il piano al 2015 – Roe al 13%, dividendi confermati, Solvency I sopra il 160% e niente tagli al personale – Focus su core business e sulla presenza geografica – Aumento? “Non per pagare i debiti, chiederemo ai soci quando vedremo opportunità di crescita” – Mediobanca & Co.? “Il Leone è public company e non fa di mestiere l’azionista strategico”

Generali, Greco: “Ecco il mio piano per maggiori ritorni agli azionisti. Target seri, non prudenti”

“Seri, non prudenti”. Così l’ad Mario Greco definisce  i target diffusi oggi dalle Generali durante l’atteso Investor day di Londra: in sintesi un Roe al 13% pari a un risultato operativo superiore a 5 miliardi, un Solvency I ratio superiore al 160% entro il 2015 assumendo un’ipotesi di pay out al 40% e la riduzione dei costi di 600milioni di euro entro la fine del 2015 senza “significative riduzioni del personale in alcuna parte del mondo”. Il focus sarà sul core business assicurativo e sulla presenza geografica aumentando il peso delle attività nei Danni. Il gruppo ha poi deciso di diversificare le fonti di finanziamento guardando al retail oltre che al comparto istituzionale, puntando anche sui mercati in dollari Usa.

In Borsa il titolo ha aperto positivo, poco dopo la diffusione del comunicato stampa sul piano, per poi invertire la rotta cedendo terreno man mano che Greco illustrava il piano ad analisti e stampa. Ha chiuso così in calo del 3,09% a 14,1 euro in una giornata poco mossa per gli altri grandi gruppi assicurativi europei. Significativi gli scambi: sono passate di mano oltre 15 milioni di azioni, contro una media quotidiana dell’ultimo mese inferiore ai 7 milioni.

Al giudizio negativo della Borsa e ad alcuni commenti prudenti arrivati già da alcuni analisti, il group ceo ha così replicato di ritenere i numeri “seri, sensati e raggiungili da noi nei prossimi anni”. “Noi siamo lontani dal fare oggi il 13% di return on equity e tantissime aziende del nostro settore non lo vedono vicino in nessun modo, questo è un target raggiungibile ma una sfida fondamentale per le Generali”, ha spiegato Greco che ha aggiunto: “Stiamo lavorando per creare una società più forte a tre anni di distanza da oggi, con molto rispetto per il mercato non guardiamo alle reazioni di Borsa di un singolo giorno il titolo ha già corso molto”. Il messaggio è chiaro: “lasciateci lavorare e vedremo al 2015 quanti utili farà Generali”.

Greco punta a dare al Leone una  posizione patrimoniale più solida e stabile e un maggiore ritorno per gli azionisti, trasformando le Generali “in un gruppo globale in grado di competere sui mercati internazionali offrendo ai clienti i migliori prodotti e servizi”. Arrivano così due manager internazionali a rafforzare una squadra a cui il manager ex McKinsey, lui stesso dalla forte carriera internazionale, aveva dato subito dal suo arrivo a Trieste un’impronta personale. Si tratta di Nikhil Srinivasan, che occuperà il ruolo di nuovo capo degli investimenti chief investment officer), strappato al gruppo Allianz dove lavorava dal 2003 e dove ha lavorato lo stesso Greco. E di Carsten Schildknecht, nuovo direttore operativo (chief operating officer) dal primo aprile 2013, in arrivo sempre da un gruppo tedesco, Deutsche Bank.

La crescita guarderà soprattutto ai mercati ad elevata crescita di Europa Centro-orientale e Asia. Se il manager conferma l’interesse sul Brasile, al momento non c’è alcun piano specifico per crescere. Qui il gruppo opera già ma in termini di quote di mercato e posizioni di leadership non comparabile con la forza e le quote di mercato dell’Europa centro orientale e nei mercati maturi. Nuove opportunità ad elevato potenziale saranno esplorate nella bancassicurazione e le attuali partnership saranno potenziate. Ma il Leone non cerca alleanze con la russa Vtb, di cui aveva acquistato l’1% nel 2011 puntando a un’alleanza ipotesi poi tramontata, legami  tra l’altro menzionati dall’azionista Leonardo Del Vecchio quando chiese pubblicamente le dimissioni del ceo Giovanni Perissinotto. “Non c’é nessun vincolo, nessuna strategia. Non abbiamo accordi particolari. Vtb ha una sua compagnia di assicurazione e non intende farne a meno. Noi non abbiamo nessun discorso, piano programma in piedi con Vtb e non sono a conoscenza che stiano cercando partner”. Il focus distributivo guarderà alla bancassurance. Già perché Greco punta a ”ridurre la dipendenza dalla nostra rete di agenzie”, rafforzando la vendita diretta e cercando di accrescere anche la distribuzione con la bancassicurazione.

DIVIDENDI MOLTO PROGRESSIVI NEI MIGLIORAMENTI
PER ORA NESSUN AUMENTO PER BUSSARE AI SOCI DOMANI CON PIÙ CREDIBILITÀ

Gli sforzi del gruppo non ricadranno sugli azionisti, già tesi nei confronti del calo del valore del titolo (oggi quota sui 14 euro  quando nell’era pre crisi era opinione diffusa che in ottica da cassettista il Leone sotto i 20 euro fosse un “affare”). Tensioni che, nella versione dei soci forti, hanno portato al rocambolesco  cambio al vertice (con l’uscita di Giovanni Perissinotto, per cui invece le ragioni della sfiducia sono da ricercarsi nella vinceda Unipol-Fonsai). “Nel corso del piano non intendiamo ridurre i dividendi”, ha rassicurato Greco rispondendo  a una domanda sulle misure per rafforzare il capitale della compagnia e ricordando che l’intenzione del gruppo è proprio quella di “migliorare il ritorno per gli azionisti”. In quest’ottica Greco precisa che, se “non intendiamo essere il maggior distributore di dividendi, tuttavia saremo “molto progressivi nei  miglioramenti”.

Sul fronte dell’aumento di capitale, su cui nei mesi passati si sono rincorse le scommesse del mercato, l’intenzione è quella di non andare a bussare ora ai soci per sistemare la riduzione del debito. Piuttosto si tratta di un’ipotesi da riservare a eventuali opportunità di crescita futura.”Questo è uno dei pochi gruppi italiani che può crescere nei prossimi anni – ha detto Greco – Vogliamo creare la credibilità per poter andare dagli azionisti italiani ed esteri per dire lasciateci crescere ancora”. Ecco perché il gruppo ha scelto di non finanziare l’acquisizione di Ppf con risorse fresche chieste ai soci a fronte comunque di un piano al 2015 che ha un chiaro focus sul rafforzamento del capitale e degli indici di solvibilità. ”Finanziamo Ppf sostanzialmente con capitale  il bond che abbiamo fatto è un perpetuo che vale come capitale”, ha spiegato Greco che ha precisato:  “Perché allora non abbiamo voluto fare fino ad adesso e nemmeno oggi un aumento di capitale? Perché pensiamo che sia una leva che non possiamo utilizzare troppo spesso. Vogliamo sistemare la condizione attuale della compagnia con le nostre risorse, per creare la credibilità, la reputazione e l’interesse per cui il giorno in cui vedremo opportunità di crescita e di trasformazione di questa società potremo andare a chiedere ai nostri azionisti i fondi per il nostro sviluppo, e non saremo nelle condizioni in cui i nostri azionisti ci hanno già finanziato i debiti”. 

Intanto Petr Kellner, l’imprenditore Ceco  di Ppfè tornato a vendere le poche azioni Generali rimaste in portafoglio: il 10 gennaio il finanziere ceco ha ceduto un pacchetto per 14,3 milioni di euro. La dismissione riguarda 986 mila azioni, vendute sul mercato a 14,5059 euro l’una. Per rafforzare il capitale, Generali si attende entro il 2015 un beneficio di 4 miliardi di euro sul capitale regolamentato dalle dismissioni di asset non core, inclusi BSI e le riassicurazioni negli Usa. Qui ”il processo di vendita sta seguendo il percorso atteso”. Per ora non si è ancora arrivati alle offerte vincolanti ma “se poi non fossero attraenti – ha detto Greco – non ci tireremo indietro considerando opzioni alternative”. Verranno poi reinvestiti gli utili ed effettuate altre azioni di capital management. Un approccio più disciplinato, afferma la società, genererà dalle attuali attività un maggior cash flow con un target di oltre 2 miliardi entro il 2015.

OLTRE MEDIOBANCA, IL LEONE PUBLIC COMPANY
PIRELLI, RCS AZIONISTA STRATEGICO? NON è IL NOSTRO MESTIERE

Il piano è stato presentato il 4 dicembre a Mediobanca e il board l’ha approvato all’unanimità. Ma ha precisato Greco: ”Le Generali sono una public company” e il gruppo opera ”in autonomia rispettando tutti gli azionisti”: agiamo ”nell’interesse delle Generali e di tutti gli azionisti”. Ci sono poi i dossier Pirelli e Rcs, di cui Generali ha rispettivamente il 4,41% e  l 3,7% ma dove la prospettiva pare quella di un allentamento dei legami. Nel patto Pirelli, ha detto Greco, ”siamo favorevoli a rimanere per un altro anno se il patto verrà accorciato per un anno, se non verrà accorciato usciremo. Credo che verrà accorciato siamo molto positivi sulla società Pirelli e sul valore dell’investimento e quindi con molto piacere rimarremo in Pirelli. La società ha prospettive interessanti”. Su Rcs Greco ha precisato di non essere a conoscenza di “nessuna informazione sull’aumento di capitale Rcs. “Parteciperemo se avrà condizioni interessanti per Generali”, ha detto. Quanto al futuro Greco si riserva di valutare la situazione più avanti: “ora non possiamo fare nulla, siamo vincolati a un patto di sindacato esistente da tempo, in questo momento è chiuso, non posso disporre in questo momento di Rcs”, ha detto. In passato l’ex ceo Giovanni Perissinotto aveva dichiarato l’intenzione di uscire dall’accordo. Ma è il pragmatismo che pare emergere: per Generali non ci sono “patti e patti”, ma “asset ed asset”, è il messaggio. “Noi li valutiamo uno per uno, li guardiamo e decidiamo cosa fare”, ha precisato Greco  aggiungendo che “ci sono titoli con i quali ci sentiamo più tranquilli per i prossimi mesi e titoli per i quali ci sentiamo meno tranquilli”. In ogni caso per Greco non è il mestiere delle Generali quello di “speculare sul mercato o essere un azionista strategico”, piuttosto è quello di “gestire prudentemente i nostri investimenti per controbilanciare le nostre passività”.

IL TALLONE D’ACHILLE DEL LEONE? “LA GOVERNANCE OPACA

Greco non risparmia una critica alla gestione passata: il ”tallone di Achille” della compagnia che ha trovato al suo arrivo al vertice era la ”governance opaca, la mancanza di trasparenza nel processo decisionale e le complicate, alle volte anche contraddittorie, priorità strategiche”. ”La mancanza di una strategia chiara e focalizzata e una struttura corporate eccessivamente complessa – ha detto Greco – hanno comportato il fatto che spesso i centri di eccellenza erano sfruttati ma le conoscenze e l’esperienza non venivano condivise nel gruppo. Questo ha comportato anche il fatto che le risorse venivano impiegate in iniziative o investimenti con dei propositi esterni al suo core business assicurativo. Come conseguenza Generali ha perso la sua posizione di leadership in molte aree e la redditività ha iniziato a scivolare”.

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