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Francia, settimana di fuoco per il Governo: in arrivo probabile sfiducia, taglio del rating e barricate in piazza

Settimana di fuoco per la Francia dove il governo centrista di Bayrou è chiamato alla prova del voto di fiducia lunedì 8 settembre: una crisi finanziaria prima che politica, Parigi rischia inoltre il taglio del rating. Macron va avanti nelle consultazioni per evitare il voto anticipato ma cresce la tensione sociale nel Paese. Le previsioni degli analisti finanziari

Francia, settimana di fuoco per il Governo: in arrivo probabile sfiducia, taglio del rating e barricate in piazza

Checché ne dica la presidente – francese – della Banca centrale europea, Christine Lagarde, la Francia è oggi a tutti gli effetti il “malato d’Europa”. Lagarde nel suo ultimo intervento ha girato intorno al caso dicendo che “tutta l’Europa è in crisi”, ma il paziente messo peggio è proprio il suo Paese, e non solo per la crisi politica e la probabile caduta del governo del centrista François Bayrou, con voto di fiducia decisivo previsto per lunedì 8 settembre. Ed è un paziente nervoso, litigioso, perché mentre da una parte il presidente della Repubblica Emmanuel Macron prova ancora a vestire i panni del leader europeo, tenendo uniti i Volenterosi sul conflitto ucraino e in generale promuovendo dialogo e multilateralismo in casa e fuori, dall’altro il suo primo ministro ha dato i primi segnali di cedimento, sparando a salve sull’Italia, partner storico accusato ora di dumping fiscale. Lo stesso Macron del resto ha avuto uno screzio col nostro Paese di recente, dopo le parole del vicepremier Matteo Salvini sulla guerra in Ucraina.

Una crisi finanziaria prima che politica: lo spread sale e Parigi rischia il taglio del rating

Ma la crisi francese, prima ancora che politica, è economica. La posizione attuale di Parigi ricorda molto quella dell’Italia nel 2011, quando lo spread esplose e fummo costretti ad un governo tecnico: oggi sono i transalpini a temere innanzitutto un taglio del rating (la settimana prossima si esprimeranno Fitch, Moody’s e Standard&Poor’s), peraltro probabilissimo visto che l’attuale ranking A della Francia, appena sotto il livello più alto, non ha più motivo di esistere considerando che l’Italia, che invece sta migliorando i suoi parametri, si trova diversi gradini sotto, nell’ultima fascia dell’investment grade. I segnali in questo senso sono già arrivati dallo stesso spread: nelle ultime settimane l’Oat decennale francese è improvvisamente salito di molto, salvo poi ridimensionarsi ma venerdì scorso il rendimento era al 3,48%, pochi punti sotto quello italiano. Lo spread della Francia rispetto al Bund tedesco si è portato a 76,7, solo 11 punti sotto il nostro, che si attesta a 87 punti rispetto al benchmark tedesco.

I rendimenti dei titoli di Stato hanno iniziato a salire quando il capo del governo Francois Bayrou ha lanciato l’allarme conti pubblici e annunciato una manovra choc da 44 miliardi di euro tra tagli alla spesa pubblica e aumento delle tasse. Parigi infatti si trova costretta a ridurre il deficit al 4,6% del Pil nel 2026, dal 5,4% previsto per quest’anno. Il governo le sta provando tutte, tanto che il premier ha persino ipotizzato di tagliare due giorni festivi dal calendario e di raddoppiare il ticket sanitario: sulla prima proposta Bayrou si è detto disposto a cambiare idea, ma sulla seconda si è detto irremovibile. Il voto di fiducia è così stato indetto per chiamare tutto il Parlamento alla responsabilità, ma l’esito sembra già scritto: Bayrou può contare teoricamente su circa 210 voti, contro i 353 dell’opposizione. Una distanza che, salvo clamorose sorprese, rende quasi certa la bocciatura. In tal caso il primo ministro sarà costretto a presentare le dimissioni a Emmanuel Macron, che si troverà davanti a tre difficili alternative: la nomina di un altro primo ministro, l’improbabile conquista di una nuova maggioranza e le temute elezioni.

Macron procede nelle consultazioni per evitare il voto. Ma nel Paese cresce la tensione

Il terzo scenario è assolutamente da evitare, dal punto di vista di Macron, perché consegnerebbe il Paese alle destre. Il secondo rimane possibile ma dipende dai socialisti, che hanno la maggioranza in Parlamento ma che già sono stati “traditi” dall’Eliseo con la scelta di Bayrou. Macron proverà fino all’ultimo a convincerli e a consolidare la fragile coalizione, ma intanto procede nelle consultazioni sul nuovo premier: secondo quanto riportato da Le Figaro e Le Monde, venerdì ha ricevuto il presidente del Senato Gerard Larcher, dopo aver incontrato in precedenza gli alleati più vicini, vale a dire Gabriel Attal (Renaissance), Edouard Philippe (Horizons) et Bruno Retailleau (Les Républicains). In questo contesto di impasse politico-economica, non potevano mancare di riflesso le tensioni sociali, che sotto le presidenze di Macron sono sempre state alte ma stanno ora tornando sui livelli di attenzione. È sempre sul piede di guerra il mondo agricolo, che più che in qualsiasi altro Paese europeo si è detto contrario all’accordo commerciale con il Sudamerica, che metterebbe in ginocchio il comparto francese.

Macron però alla fine ha ceduto alle pressioni della Commissione europea, che aveva già preso l’impegno con il Mercosur e ha così dato il via libera ad un testo definitivo, che però dovrà essere ratificato dall’Europarlamento e dai singoli Stati membri. Su questo non mancheranno nuovi intoppi per l’Eliseo, ma nell’immediato preoccupa decisamente di più il blocco annunciato per il 10 settembre, due giorni dopo il voto di fiducia, da diverse sigle sindacali. Si preannunciano scontri e barricate in tutta la Francia, e la protesta proseguirà con la grande manifestazione generale già proclamata per il 18 settembre dall’organizzazione intersindacale. Il clima in Francia sembra quello del 2018 con i gilet gialli o del 2022 con gli scioperi selvaggi, ma stavolta non c’è solo dissenso politico. C’è un Paese alle corde, finanziariamente in enormi difficoltà e anche in crisi di democrazia, visto che è ormai chiaro che le “acrobazie” di Macron per mantenere la guida del Paese non sono più sufficienti: secondo un recente sondaggio il 77% dei francesi lo boccia impietosamente

Le previsioni degli analisti finanziari sul voto di fiducia: nuovo premier centrista o elezioni anticipate

Quali gli scenari più probabili, al momento? Secondo gli analisi, Macron avrebbe di fatto soltanto due strade: nominare un nuovo premier di area centrista o tecnocratica, sostenuto in parte dalla destra repubblicana e dai socialisti, oppure sciogliere l’Assemblea e convocare elezioni anticipate. Dal mondo finanziario ritengono più probabile (60%) la prima opzione, che garantirebbe una relativa stabilità politica ed economica. L’ipotesi di elezioni anticipate resta però concreta (40%) e rappresenta lo scenario di maggiore volatilità, con il rischio di un Parlamento frammentato o di una maggioranza del Rassemblement National di Marine Le Pen, la quale per ora nicchia: invoca sempre il voto ma non più a gran voce come in passato, dato che non potrebbe candidarsi personalmente per ineleggibilità. Macron da parte sua è ben consapevole che ricorrere in questo momento alle urne segnerebbe di fatto il definitivo tramonto della sua traiettoria politica, con la prospettiva di trascinarsi “azzoppato” fino al 2027.

I mercati in definitiva sperano soprattutto di evitare un Bayrou-bis, che significherebbe un ritorno della pressione fiscale a partire dal 2026 e un rischio diretto per i profitti dei gruppi infrastrutturali francesi: una tassa aggiuntiva del 5% sul reddito societario potrebbe comportare, secondo le stime, una diluizione degli utili per azione compresa tra il 3 e il 6%. Per il resto, la volatilità può anche essere opportunità di investimento. Tra i settori più esposti alla crisi francese vengono segnalati quello di bancari, assicurativi, delle utilities e dei trasporti e in particolare questi ultimi, che sono stati tra i più performanti dell’anno, offrono rendimenti da dividendo superiori al 4% e ora scontano uno scenario politico fortemente negativo, oltre ad essere quasi totalmente isolati da problematiche “tariffarie” essendo per la stragrande maggioranza business “locali”.

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