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FOCUS ENERGIA/5 – Sindrome Nimby e tutela ambientale. Il caso dei nuovi tralicci di Terna

FOCUS ENERGIA/5 – La sindrome Nimby (not in my back yard) è uno dei più noti e diffusi fenomeni di opposizione sociale alla realizzazione delle infrastrutture – Per evitare questo ostacolo si deve puntare su progettazioni più sobrie e tecnologicamente avanzate, con minore utilizzo di acciaio e cemento, come nel caso dei nuovi tralicci di Terna.

FOCUS ENERGIA/5 – Sindrome Nimby e tutela ambientale. Il caso dei nuovi tralicci di Terna

Troppo spesso la realizzazione d’impianti e infrastrutture è ritardata, o addirittura bloccata, da una serie di fattori che nel tempo hanno seriamente danneggiato la crescita e la competitività dell’Italia. Solo per citare qualche esempio: la complessità e farraginosità degli iter autorizzativi, le resistenze delle amministrazioni locali che richiedono compensazioni esorbitanti e non giustificate dal danno che subiscono (spesso presunto), le legislazioni che modificano quadri ritenuti stabili e un sistema giurisdizionale che favorisce sistematiche impugnative infondate, con il solo scopo di generare ritardi. Questi ed altri fattori hanno e potrebbero provocare costi esorbitanti per l’intero sistema Paese. L’Osservatorio “I Costi del Non Fare” stima in quasi 500 miliardi di euro l’impatto in termini economici, ambientali e sociali, in circa un quindicennio, nei settori dell’energia, dell’ambiente, della mobilità, della logistica e della digitalizzazione.

Tra i fattori che ostacolano lo sviluppo infrastrutturale del Paese, il più noto – anche se probabilmente non il più importante – per l’ampia copertura mediatica che se ne dà (l’esempio eclatante è la Val di Susa ma molti altri casi hanno assunto ampia visibilità) è la sindrome Nimby. Con l’acronimo Nimby (not in my back yard – non nel mio giardino) si identificano tutti quei fenomeni di opposizione sociale alla realizzazione di infrastrutture. Le motivazioni sono le più varie, prevalentemente di natura ambientale, ma che nella maggior parte dei casi nascondono altre questioni di natura economica e sociale che il sistema politico-amministrativo gestisce con molta difficoltà

Se in alcuni casi le ragioni di chi si oppone sono difficilmente giustificabili, se non scandalose, in altri sono almeno più comprensibili, se non spiegate da un approccio che tende ad imporre opere di forte impatto ambientale e visivo al territorio, senza prima cerca un dialogo costruttivo con cittadini ed amministratori locali.

Per superare tali criticità è necessario, in primo luogo, affrontare il tema del consenso delle popolazioni. Occorre sviluppare strumenti di coinvolgimento per accrescere l’accettazione consapevole delle infrastrutture utili alla collettività, perché portatrici di reali benefici. Ad esempio, introducendo seriamente il Dibattito Pubblico nel nostro ordinamento, dando spazio a soluzioni gestite da soggetti terzi, autorevoli e indipendenti. E magari mutuando le esperienze internazionali di maggior successo, su tutte quella francese.

In secondo luogo, occorre un nuovo approccio alla realizzazione delle infrastrutture basato su una maggior razionalità nell’utilizzo delle risorse (anche finanziarie) e su un maggior rispetto del territorio per renderle più accettabili. In particolare occorre:

  1. Una maggiore sobrietà nella progettazione
  2. Un minor utilizzo di acciaio e cemento e un aumento di infrastrutture “intelligenti e tecnologicamente avanzate;
  3. Un processo di de-infrastrutturazione  del territorio.

Bisogna in sostanza progettare le nuove opere con maggior attenzione all’utilizzo delle risorse e al contenimento dei costi, privilegiando soluzioni realizzative più contenute e di minor impatto ambientale.

Non ce ne vogliano i produttori di ferro e cemento, di cui avremo comunque ampio bisogno negli anni a venire, ma è necessario aumentare significativamente l’“intelligenza” contenuta nelle infrastrutture. Gli esempi si stanno moltiplicando: dalle Smart Grids alle Smart Cities; dalle autostrade intelligenti ai pali della luce con un “cervello”.

Infine, è evidente che certe infrastrutture sono sovrabbondanti e generano extra-costi di gestione oltre che squilibri nel sistema, poiché sono tenute in vita con continuative coperture delle perdite. È necessario pertanto un processo di restituzione di territorio in parallelo con nuove e più moderne realizzazioni.

L’approccio di Terna e i nuovi tralicci 

Particolarmente interessante, perché improntato ai suddetti principi, è l’approccio adottato da Terna negli ultimi anni per la realizzazione delle nuove reti di trasmissione elettrica. Metodo che sembra garantire importanti risultati.

In primo luogo, la società delle reti dal 2002 adotta una logica concertativa, mantenendo un dialogo costante con gli enti locali per la realizzazione del suo Piano di Sviluppo, ispirandosi allo strumento della VAS (Valutazione Ambientale Strategica). Fin dalla fase di pianificazione vengono stipulati specifici accordi con le amministrazioni pubbliche (Regioni, Province e Comuni) finalizzati alla localizzazione ottimale delle nuove infrastrutture energetiche. Inoltre, lo sviluppo della Rete di Trasmissione Nazionale si accompagna ad un piano di razionalizzazione degli elettrodotti esistenti che ha permesso di rimuovere 850 km di vecchie linee dal 2005 ad oggi, liberando più di mille ettari di territorio. E in previsione saranno circa 1.500 i km di elettrodotti da smantellare nei prossimi 10 anni.

Ma il nuovo approccio di Terna si sostanzia anche nel ripensamento e riprogettazione dei nuovi tralicci studiati e progettati da prestigiosi architetti per coniugare funzionalità, tecnologia e design, ma anche rispetto del territorio. Ad esempio i nuovi tralicci Germoglio, sostegni innovativi e di design, e i pali tubolari monostelo permettono di ridurre l’ingombro al suolo di 15 volte rispetto ai tradizionali tralicci a forma troncopiramidale. Oppure i sostegni Foster, di ultima generazione, che possono essere inseriti in aree urbanizzate o in territori ad uso agricolo con basso impatto sull’ambiente circostante.

Più in dettaglio, il traliccio Germoglio, progettato dall’architetto Hugh Dutton (capogruppo progetto: architetto Rosental) è il progetto vincitore del concorso i “Tralicci del Futuro” lanciato da Terna nel 2007. Questi tralicci
rispettano tutti i requisiti tecnici di funzionalità strutturale, elevata flessibilità di utilizzo, fattibilità industriale, accessibilità per le attività di manutenzione della rete. Sono alti tra i 48 e i 76 metri, larghi appena 4 metri e pesanti fino a 128 tonnellate, risultando quindi meno impattanti rispetto a quelli tradizionali. I tralicci Germoglio verranno installati per la prima volta lungo  l’elettrodotto ad altissima tensione “Trino-Lacchiarella”, attualmente in costruzione tra Lombardia e Piemonte.

Il traliccio “monostelo” garantisce un basso impatto ambientale, riducendo fino a 15 volte l’area di territorio occupata dalla linee e l’ingombro al suolo dei sostegni. Sono rapidi da montare (10 volte più rapidi rispetto ai tralicci tradizionali, poche ore contro una media di 5 giornate) e richiedono l’utilizzo prevalente di mezzi meccanici come elicotteri o gru, riducendo le lavorazioni in quota e quindi i rischi da parte del personale. Ad oggi i tralicci “monostelo” sono presenti lungo l’elettrodotto ad altissima tensione “Chignolo Po-Maleo” (installati su circa il 70% del tracciato), in Lombardia, e tra quelli in costruzione, lungo le linee elettriche “Sorgente-Rizziconi”, tra Sicilia e Calabria, “Foggia-Benevento”, tra Puglia e Campania, “Trino-Lacchiarella”, tra Piemonte e Lombardia.

Infine i tralicci Foster, progettati nell’ambito del concorso “Sostegni per l’ambiente”, indetto da Terna nel 1999, sono particolarmente adatti all’installazione nelle camapagne e nei centri urbani perché meno impattanti dal punto di vista paesaggistico. Questi, infatti, hanno un’altezza massima di  46,5 metri e un ingombro alla base di 8 per 3,5 metri. Sono stati installati nel 2008 lungo la linea “Tavarnuzze-Santa Barbara”, in Toscana.

L’approccio adottato da Terna, orientato, da un lato, al dialogo e alla partecipazione di cittadini ed enti locali alle scelte localizzative, dall’altro al minore impatto visivo e ambientale delle sue infrastrutture ha portato ad esiti più che positivi. Infatti, dal 2005 ad oggi la spa dell’alta tensione è riuscita a realizzare 2.500 km di nuove linee elettriche migliorando la magliatura della Rete di Trasmissione Nazionale e l’efficienza del sistema elettrico italiano. Tale orientamento, poi, pone le basi per lo sviluppo futuro che prevede complessivamente 1.200 km di nuova rete a basso impatto ambientale e hitech. Vedremo se anche in altri settori infrastrutturali si riuscirà a far tesoro di questa esperienza.

Leggi le precedenti puntate:

https://www.firstonline.info/a/2013/09/21/elettricita-il-mercato-italiano-fra-calo-dei-consu/25724ef7-a439-48c0-8140-3b5c87ca39a4

https://www.firstonline.info/a/2013/09/28/lo-sviluppo-delle-infrastrutture-di-rete-benefici-/cecbeaa3-ac15-416c-8db0-136d2125e5c7

https://www.firstonline.info/a/2013/10/05/focus-energia3-hub-elettrico-mediterraneo-opportun/a9454aa0-6e4a-4f64-acdc-b9b983366a70

https://www.firstonline.info/a/2013/10/12/focus-energia4-verso-le-smart-grid-ma-la-rete-di-t/d10d6c7d-c8e5-445f-873f-d5d2af7b4399

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