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FOCUS BNL-BNP PARIBAS: Terremoto e crescita, l’Italia riparta dal biomedicale emiliano

FOCUS BNL – La realtà distrettuale di Mirandola, portata a conoscenza del pubblico a causa del terremoto, ha rappresentato in Italia un approccio originale al problema di coniugare la piccola dimensione d’impresa con quella critica necessaria per competere sui mercati esteri sfruttando la valorizzazione del capitale sociale.

FOCUS BNL-BNP PARIBAS: Terremoto e crescita, l’Italia riparta dal biomedicale emiliano

L’Italia ha un problema di crescita. Lo ha anche l’Europa. Nella media dei primi tre mesi del 2012 la produzione industriale è risultata in Italia di oltre 20 punti percentuali inferiore al picco ciclico del primo trimestre 2008. In Francia la produzione industriale rimane dieci punti sotto i livelli ante-crisi. In Germania il gap di produzione si ferma al tre per cento. In Italia come anche in Francia e in Germania segnali di rallentamento giungono dalla dinamica dell’export rilevata a marzo.

Tra il 2007 e il 2011 l’Italia ha perso tre posizioni nella classifica mondiale dei paesi produttori di manifattura, scendendo dal quinto all’ottavo posto. La Francia arretra ugualmente di tre posti, dal sesto al nono. La Germania tiene al quinto posto, ma perdendo la metà del vantaggio che nel 2007 aveva nei confronti del suo primo inseguitore, la Corea. Senza crescita non c’è stabilità. È solo avviando quanto prima un processo di ripresa che gli obiettivi di rientro fissati dalle nuove regole fiscali del “Six Pack” e del “Fiscal Compact” potranno considerarsi economicamente e socialmente sostenibili.

Allo stesso modo, la crescita dell’economia rappresenta il necessario correlato per la sostenibilità nel medio periodo della progressiva applicazione del nuovo sistema di regole bancarie che va sotto il nome di Basilea 3. Tornare a crescere sembra assai difficile, in paesi come l’Italia ove le esigenze del risanamento e del riequilibrio vengono frequentemente interpretate come alternative, e non complementari, rispetto a quelle della ripresa. Tornare a crescere appare ancor più arduo quando ai problemi della recessione e della crisi finanziaria si sommano i danni umani, sociali ed economici di “shock” esterni quali il grave terremoto che ha colpito le province di Modena e Ferrara.

Eppure, la combinazione tragica tra terremoto e recessione offre più di uno spunto per testare le possibilità di una ripresa. Una ripresa che sia solida e sostenibile, che parta dalle piccole e medie imprese, dalla loro operosità e dal loro spirito di innovazione e che trovi sostegno nella effettiva capacità di sistemi come quello delle pubbliche amministrazioni e del credito di essere facilitatori della crescita.

La tragedia del terremoto ha portato alla conoscenza del grande pubblico l’esistenza del distretto biomedicale di Mirandola. La realtà distrettuale ha rappresentato in Italia un approccio originale al problema di coniugare la piccola dimensione d’impresa con quella critica necessaria per competere sui mercati esteri sfruttando la valorizzazione del capitale sociale. Nata come fenomeno prevalentemente spontaneo di associazione fra imprese di dimensioni piccole e medie, la realtà distrettuale italiana è stata oggetto del primo intervento normativo nel 1991.  

Questo e i successivi interventi legislativi hanno lasciato ampio spazio alle regioni nel definire e individuare i distretti presenti sul territorio, e nell’attuazione di politiche di finanziamento e di sviluppo. Le regioni che hanno proceduto alla individuazione formale delle aree distrettuali sono 15, ma il numero complessivo dei distretti non si esaurisce con quelli così definiti, soprattutto se si considera che alcune regioni a forte vocazione distrettuale non hanno provveduto alla loro individuazione formale;  è il caso ad esempio dell’Emilia Romagna, regione che ha privilegiato l’iniziativa degli attori locali, i quali si autopropongono come sistema distrettuale e concordano con la regione piani di sviluppo, collaborazione e così via.

Il distretto biomedicale di Mirandola non è quindi incluso tra le aree distrettuali definite dalla normativa di cui si è detto. Nato grazie all’intuizione commerciale di immaginare uno sviluppo del monouso in campo medico, e cresciuto seguendo le due linee direttrici “macchinari” e “componenti monouso”, il distretto di Mirandola, anche noto come la “biomedical valley”, è stato fino agli anni Ottanta il più importante e rinomato al mondo nel suo genere, insieme a quello di Minneapolis che tuttavia era operativo solo nel comparto delle macchine elettromedicali.  

Secondo i dati dell’archivio ASIA dell’Istat a fine 2009, ultimo dato disponibile, il comparto contava 245 imprese, per la maggior parte (80%) di dimensioni micro (meno di 10 addetti) e piccole (13,8%). Nel complesso, risultavano impiegati nelle imprese attive oltre 4.000 addetti, in flessione del 19% rispetto all’anno precedente. Il distretto di Mirandola rappresenta un esempio di convivenza fertile tra multinazionali e microimprese, laboratori di ricerca e botteghe artigiane, e uno degli esempi nazionali di attività di successo nata nel garage di una abitazione.  L’attività principale delle imprese del distretto (un terzo circa) è la produzione di apparecchi medicali per diagnosi e terapie, mentre il 10% realizza protesi ortopediche e il 20% apparecchi elettromedicali ad alto contenuto innovativo. 

Il biomedicale di Mirandola è una delle poche realtà produttive nazionali, distrettuali e non, che avevano attraversato la scorsa recessione con numeri relativamente positivi sia in termini di produzione sia di export sceso nel 2009 dell’8,2% contro il 21% circa complessivo. Nel corso del 2011 la produzione biomedicale nella provincia di Modena è cresciuta dell’1,8%, risentendo di una flessione registrata negli ultimi mesi dell’anno, mentre il fatturato è salito del 2,7% a/a.

Migliore è stato l’andamento sui mercati esteri: tra il 2010 e il 2011 le esportazioni sono infatti cresciute del 5,3%, un ritmo di crescita che si è confermato nel primo bimestre di quest’anno (+5,7%), un dato in linea con quello complessivo riferito allo stesso periodo (+5,9%). Nel 2011 ritmi di crescita sostenuti si sono registrati soprattutto nelle vendite di prodotti biomedicali diretti in Germania e Cina (+10,6 e +9,7% rispettivamente). Il complesso dei paesi della Ue non rappresenta più il principale mercato di sbocco del biomedicale italiano, anche se recupera quote rispetto agli anni passati (49% del totale nel 2011 dal 46% del 2010), e gli Stati Uniti sono il principale mercato di sbocco (13,9%), seguiti dalla Francia (12,8%) e dalla Germania (8,5%); la Cina, con una quota del 2%, presenta ancora ampi margini di miglioramento.Il terremoto che ha colpito l’Emilia Romagna nelle scorse settimane ha praticamente immobilizzato l’intero distretto del biomedicale di Mirandola.

Stime preliminari parlano di danni che superano i 500 milioni di euro. Il rischio è quello di veder realizzarsi anche a Mirandola una fuga delle imprese all’estero. Il rischio della delocalizzazione va energicamente contrastato favorendo al più presto il ripristino delle linee di produzione e, soprattutto, cogliendo dalla tragedia del terremoto lo stimolo per migliorare la capacità del territorio di attrarre investimenti, italiani e stranieri.Mirandola può diventare un laboratorio per contrastare quella tendenza che vede i deflussi di investimenti dall’Italia largamente eccedere gli afflussi di capitale nel nostro paese. Nel primo trimestre di quest’anno – i dati sono tratti dall’ultimo Supplemento Statistico della Banca d’Italia – gli investimenti diretti all’estero dall’Italia sono ammontati a 8,3 miliardi di euro. Gli investimenti diretti dall’estero in Italia si sono fermati a 830 milioni di euro.

Per invertire queste tendenze e ridurre il divario tra capitali in entrata e capitali in uscita sta alle amministrazioni creare un ambiente più favorevole agli investimenti. Semplificando le procedure. Riducendo i cunei in maniera selettiva. Nel caso del biomedicale, abbattendo i debiti pregressi delle PA verso le imprese distrettuali (stimati nell’ordine di centinaia di milioni di euro) secondo importi e tempi migliori di quelli risultanti dalle recenti disposizioni. Il biomedicale è una perla che non va dispersa. Ciò vale soprattutto per la carica di innovatività del distretto, in un panorama generale che vede invece l’Italia rimanere ancora molto indietro sul fronte della ricerca e sviluppo. Le spese in R&S sono l’1,3 per cento del PIL in Italia, il 2,3 per cento in Francia e il 2,8 per cento in Germania. Per presidiare e accrescere la capacità di innovazione del biomedicale italiano uno strumento utile può essere quello dei nuovi contratti di rete (legge 30 luglio 2010, n. 22).

La rete tra le imprese aiuta la competitività, la visibilità internazionale e la bancabilità delle piccole imprese. È uno strumento importante, che le imprese emiliane, anche del settore medicale, hanno cominciato ad apprezzare. Alla metà di maggio risulta localizzato in Emilia Romagna oltre il dieci per cento delle imprese italiane che partecipano ad almeno un contratto di rete (189 su 1.767).L’Italia deve rimettersi a crescere, presto. Per farlo occorrono delle scelte. Serve anche la consapevolezza circa la centralità di settori quali il biomedicale, il farmaceutico e l’alimentare nel consolidamento di un “nuovo” made in Italy che vada a occupare nicchie interessanti nel panorama strategico dell’industria globale. Tra il 2007 e il 2011 le esportazioni in quantità sono diminuite del 3,5 percento per il  totale della manifattura italiana mentre sono aumentate del 15,5 per cento nell’alimentare e del 27,7 per cento per i prodotti farmaceutici. Tra il 2008 e il 2011 il valore dell’export del biomedicale di Mirandola è cresciuto da 4.516 a 4.996 milioni di euro con un recupero di oltre venti punti percentuali realizzato sul minimo del 2009. Imprese innovative, opportunità settoriali, reti e territori “growth-friendly” servono alla ripresa. Con Mirandola, oltre il terremoto, occorre ripartire.

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