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Fmi taglia le previsioni sulla crescita globale tra la duplice minaccia dell’aumento dei tassi e la fragilità delle banche

Il Fondo Monetario Internazionale è più cauto sulle prospettive economiche mondiali dopo le turbolenze alla Silicon Valley Bank e al Credit Suisse – E avverte: “Gli alti tassi di interesse indeboliscono la crescita” – Aggiornate anche le stime per l’Italia

Fmi taglia le previsioni sulla crescita globale tra la duplice minaccia dell’aumento dei tassi e la fragilità delle banche

Le prospettive dell’economia mondiale per quest’anno sono diminuite a causa dell’inflazione cronicamente elevata, dell’aumento dei tassi di interesse e delle incertezze derivanti dal fallimento di due grandi banche americane. È quanto si legge nell’aggiornamento trimestrale del World Economic Outlook del Fondo monetario internazionale, che ha rivisto al ribasso le sue prospettive di crescita economica globale. Nel breve termine, il Fmi prevede ora una crescita del 2,8% per quest’anno, in calo rispetto al 3,4% del 2022 e al 2,9% stimato per il 2023 nella sua precedente previsione di gennaio.

Ma non solo. L’istituto di Washington ha evidenziato che l’economia globale si avvia alla crescita più debole dal 1990: tra cinque anni dovrebbe attestarsi intorno al 3%, la più bassa previsione a medio termine in un World Economic Outlook da oltre 30 anni.

Perché il Fmi ha ritoccato le prospettive dell’economia mondiale?

Negli ultimi tre anni l’economia mondiale ha subito uno shock dopo l’altro. Prima la pandemia da Covid-19 che ha portato il commercio mondiale a un quasi arresto nel 2020. Poi è arrivata una ripresa inaspettatamente forte, alimentata da ingenti aiuti pubblici, soprattutto negli Usa. Questa ripresa sorprendentemente forte, tuttavia, ha innescato una recrudescenza dell’inflazione, che si era aggravata dopo che l’invasione russa dell’Ucraina aveva fatto salire i prezzi dell’energia e del grano.

La Fed e le altre banche centrali hanno risposto alzando aggressivamente i tassi. L’inflazione ha rallentato la sua corsa ma è rimasta ben al di sopra degli obiettivi delle banche centrali, portando queste verso una politica monetaria aggressiva. L’aumento del costo del denaro ha messo sotto pressione il sistema finanziario, che si era abituato a tassi di interesse straordinariamente bassi. La battaglia per garantire la stabilità dei prezzi, in altre parole, potrebbe mettere a rischio la stabilità finanziaria e di conseguenza indebolire la crescita economica.

In tutto questo, le turbolenze nel settore finanziario – il crollo della Silicon Valley Bank negli Stati Uniti e il salvataggio del Credit Suisse in Svizzera – hanno reso l’istituto di Washington ancora più cauto sulle prospettive che il 2023 possa vedere la fine della serie di battute d’arresto che hanno afflitto l’economia globale da tre anni a questa parte.

Fmi: “La deglobalizzazione potrebbe avere un costo”

Ma non sono solo le prospettive a breve termine dell’economia globale a preoccupare il Fmi. Ci sono preoccupazioni anche per le prospettive a medio termine, dove si è registrato un marcato rallentamento negli ultimi dieci anni circa. Le previsioni del Fondo per la crescita a cinque anni sono diminuite costantemente dal 2011, ha dichiarato il suo consigliere economico, Pierre-Olivier Gourinchas.

In parte questo rallentamento è stato causato dalla prevista moderazione dei tassi di crescita di Cina e Corea del Sud. Ma non è tutto.

Secondo Gourinchas, il più recente rallentamento delle prospettive a medio termine potrebbe anche riflettere forze più “inquietanti”, quali: l’impatto cicatriziale della pandemia, il rallentamento delle riforme strutturali, nonché la crescente minaccia di frammentazione geoeconomica che porta al protezionismo e alle tensioni commerciali, la diminuzione degli investimenti diretti, il rallentamento dell’innovazione e dell’adozione di tecnologie in “blocchi” frammentati.

Secondo le prospettive economiche mondiali la Brexit, la guerra fredda tra Stati Uniti e Cina e l’invasione dell’Ucraina da parte della Russia sono segni di questa frammentazione.

Il Fmi è stato uno dei sostenitori della globalizzazione quando sembrava inarrestabile negli anni ’90 e nei primi anni 2000. Ora avverte che la deglobalizzazione potrebbe avere un costo.

“È improbabile che un mondo frammentato riesca a raggiungere un progresso per tutti o a permetterci di affrontare sfide globali come il cambiamento climatico o la preparazione alle pandemie”, ha dichiarato Gourinchas. “Dobbiamo evitare questa strada a tutti i costi”.

Fmi alza lievemente crescita Italia 2023 ma lima al ribasso quella del 2024

Il Fondo ha ritoccato al rialzo le previsioni di crescita economica dell’Italia di quest’anno, ma al ribasso quelle del 2024: +0,1 punti rispetto al valore stimato a gennaio e +0,9 sulla previsione di ottobre scorso e -0,1% su gennaio e -0,5% su ottobre. Sempre per l’Italia, il Fmi prevede che l‘inflazione, dall’8,7% dello scorso anno, rallenti sull’insieme del 2023 al 4,5% e prosegua la dinamica di calmieramento il prossimo anno a una media del 2,6%. Leggero rialzo infine per la disoccupazione che nel triennio 2022-24 vede valori rispettivamente dell’8,1%, 8,3% e 8,4%.

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