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Eventi, l’appello del settore: a rischio 570mila posti

L’industria di convegni, fiere, concerti e spettacoli è ferma e non sa se e quando potrà ripartire: l’appello di alcune categorie per tutelare le aziende.

Eventi, l’appello del settore: a rischio 570mila posti

Gli eventi, i grandi dimenticati della Fase 2. Concerti, spettacoli, rassegne culturali, convegni: per loro, che rappresentano le occasioni di assembramento per eccellenza, non si è nemmeno ipotizzata una data di riapertura. L’estate dovrebbe consentire di salvare qualche appuntamento, approfittando degli spazi aperti, ma a differenza che per messe (riammesse dal 10 maggio), per allenamenti sportivi di squadra (18 maggio) e per bar e ristoranti (1° giugno, con tutte le cautele del caso), per il mondo degli eventi non c’è ancora una idea. Eppure si tratta di una realtà grande, sia numericamente (ogni anno in Italia ci sono 1 milione di eventi, grandi o piccoli che siano) che economicamente: l’industria del live ha un indotto che genera 65,5 miliardi di euro, con un impatto diretto sul Pil di 36,2 miliardi di euro l’anno. Dà lavoro a 570mila persone e sta già perdendo il 50% del fatturato.

Ecco perché alcune realtà si sono unite per lanciare il progetto #ItaliaLive: sotto lo slogan “Primi a fermarsi, ultimi a ripartire”, diverse associazioni di categoria vogliono portare il tema all’attenzione dell’opinione pubblica e soprattutto del governo, chiedendo in particolare – se non il via libera per eventi che oggettivamente sarebbero impossibili da organizzare – almeno il sostegno all’industria, attraverso in particolare l’estensione degli ammortizzatori sociali agli stagionali, il credito d’imposta e l’accesso alla liquidità. Le sigle che aderiscono sono l’Alleanza delle Cooperative italiane nei settori turismo e cultura, l’Admei, l’Associazione Internazionale Interpreti di Conferenza, l’Associazione Nazionale Banqueting e Catering, il Club degli Eventi e della Live Communication, Federcongressi, Icca, Convention Bureau Italia e Site Italy.

Secondo queste realtà, ogni anno in Italia vengono organizzati più un 1 milione di piccoli e grandi eventi, che occupano il 40% delle stanze degli alberghi, garantendone la sopravvivenza: “L’Italia è la sesta nazione al mondo per impatto economico generato dal settore dei business event – spiega un comunicato -. Si stima che la perdita economica per questo settore, solo nel primo mese, abbia superato i due miliardi di euro; che oltre il 30% degli eventi in programma nel 2020 sia stato cancellato e che la partenza non si possa prevedere se non prima di ottobre 2020 nel migliore dei casi, secondo i dati AstraRicerche”. Tra i 570mila lavoratori coinvolti ce ne sono di ogni tipo: agenzie, service audio video luci, allestitori, catering, sedi congressuali, interpreti, artisti e tutte le maestranze connesse.

Tra gli eventi fermi ci sono anche quelli più importanti, che poi sono anche la vetrina del made in Italy nel mondo: si pensi, solo per citarne alcuni che si sarebbero tenuti in questi mesi di lockdown, al Vinitaly o al Salone del Mobile di Milano, e in generale alle settimane dedicate a moda, design, musica, cultura, tecnologia, enogastronomia. “Sono le leve – prosegue la nota – attraverso cui le aziende parlano ai mercati internazionali, con la propria rete o direttamente ai consumatori. Quella degli eventi è l’industria nella quale si compiono occasioni di formazione professionale e divulgativa (spesso al servizio del Sistema sanitario nazionale), facendo arrivare in Italia partecipanti da tutto il mondo”.

“È stato giusto fermarsi – ha commentato Salvatore Sagone, portavoce dei rapporti con i media di #Italialive e presidente del Club degli Eventi e della Live Communication -. Non a caso tutto il comparto dell’Events& Live Industry non solo segue alla lettera le indicazioni delle autorità, ma è stato tra i primi a comprendere la gravità della situazione, proprio perché abituato a confrontarsi con i mercati internazionali, e a utilizzare la tecnologia per superare i limiti della quarantena – commenta – Siamo già predisposti all’utilizzo del digitale e abbiamo colto al volo la sfida, attivando in tempi record eventi virtuali e in streaming, rispettando sempre le regole. Occorre tuttavia oggi lavorare tutti insieme per riuscire a tornare nelle piazze così come nelle location e negli spazi fieristici. Ne siamo certi: il Paese potrà ripartire e ritrovare quella carica empatica che ora manca. L’Italia tornerà a essere live“.

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